
Non c'è più il bonus per baby sitter e asilo nido
Non è stata rinnovata la misura per le neomamme lavoratrici che consentiva di "scambiare" il congedo facoltativo con un bonus per baby sitter e as...
La Lettera delle donne al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al Governo è una richiesta fatta a gran voce sulle azioni che la politica dovrebbe intraprendere a favore delle mamme, delle lavoratrici e dell'istruzione. Ecco come firmare la petizione.
La voce forte delle donne è sempre chiara. Questo si evince dalla lettera al Presidente del Consiglio Conte. In tempi di Covid-19 le azioni che il Governo ha messo in pratica sono state molte. Tutte volte al benessere e al sostegno della collettività ma, esiste una frattura che la pandemia sta sempre più evidenziando: la disparità tra i sessi dovuta alla mancanza di azioni mirate a favore delle donne.
La lettera delle donne parte proprio da questo punto: con il progredire di questa situazione le donne, mamme lavoratrici e non si vedono mancare la terra sotto i piedi per mancanza di aiuti concreti all’infanzia.
Il monito racchiuso da un gruppo di donne forti nella lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte e al Governo rappresenta il tentativo mirato di muovere azioni concrete verso tali donne. Come? Attraverso azioni strutturate, politiche integrate e investimenti moltiplicatori.
La richiesta delle donne, come si evince dalla Lettera, è un appello per aiutare concretamente tutto ciò che riguarda la cura dell’infanzia e dei soggetti più delicati (terza età in primis). Non vogliamo i bonus, servono azioni concrete e dettagliate! Questa la voce delle donne.
La lettera delle donne al Governo è chiara, i punti sono fermi e decisi, nel pieno rispetto del diritto che porta queste donne a chiedere imminenti provvedimenti, più rigore – soprattutto – sul metodo e di merito sul Recovery Fund.
La proposta, comparsa online sul sito ilgiustomezzo.it vede, per l’appunto, una serie di richieste da parte di donne – mamme al Governo italiano. Con la pandemia e il trascorrere del tempo, la voce delle donne è divenuta, via via, sempre più forte, limpida e determinata su alcuni punti fondamentali. Uno tra tutti il sostegno sulla cura all’infanzia.
Quel che il Covid-19 ha portato a galla, si sostiene nella lettera, è stata una certa disparità sociale, un gap che si sta allargando sempre di più e che non permette alle donne di poter affermare i loro diritti e doveri in merito al lavoro, alla famiglia e alla propria dignità professionale.
In modo particolare, dall’arrivo della pandemia il Governo ha affrontato i problemi solo parzialmente o, in alcuni casi, non affrontati affatto. Problemi come:
Questi problemi, nel tempo, hanno rivelato la loro urgenza occupando con estrema forza il campo delle politiche per uno sviluppo globale e sostenibile.
Se inizialmente, vi era da parte dello Stato una risposta adeguata e trasversale ad affrontare queste esigenze, ora, l’attenzione è tutta rivolta al metodo più corretto nel risolvere tali problematiche nel più breve lasso di tempo.
I problemi inerenti le donne sono molti ma, ciò che non è chiaro ai molti è che questi problemi non riguardano in particolare solo le donne ma, a lungo termine, vanno a ricadere sull’intera comunità, senza esclusione di nessuno.
Una donna in grado di poter lavorare anche se mamma di figli piccoli, di essere autosufficiente e di poter esprimere il suo valore professionale e sociale, è il punto di partenza di una società equa e giusta.
Ecco perché, il Governo dovrà affrontare 3 temi chiave per poter dire di essere corretto verso tutta la popolazione. Questi problemi, come accennano le donne nella lettera al Presidente sono:
L’allargamento dell’offerta sulla cura della prima infanzia, dei bambini: (nidi e tempo pieno) e della cura familiare in generale (anziani e non autosufficienti) anche con una spinta alla condivisione, pensando a un vincolo di spesa percentuale (sia sulla spesa ordinaria che su fondi UE o sul Recovery Fund) a tal fine per le Regioni e i Comuni “inadempienti”, che hanno percentuali minime di offerta di tali servizi.
Il rilancio dell’occupazione femminile: anche riprendendo ipotesi di supporto fiscale: in questo modo, si favorisce l’ingresso delle donne sul mercato del lavoro.
Il gender pay gap, perché la disparità salariale tra uomini e donne non è solo una questione femminile, ma allontana l’intero Paese da un’efficiente utilizzo delle risorse con le quali creare benessere per l’intera popolazione.
Le donne non chiedono e non vogliono bonus per gli asili nido una tantum ma vere e proprie manovre politiche indirizzate a risolvere il problema dell’educazione infantile. Come recita la recente legislazione:
L’educazione dell’infanzia non è un servizio a domanda ma un diritto della persona.
E come tale, è un pilastro basilare al supporto del lavoro delle donne. Servono, dunque, interventi strutturali, radicali e un’offerta diffusa sull’intero territorio nazionale.
Le donne segnalano in molte indagini una loro assenza dal lavoro, non perché non ci sia un’offerta ma perché tale offerta non è adeguata alle loro esigenze di mamme e, tanto meno, supportata da misure a favore delle donne.
L’assenza di servizi a supporto dell’infanzia come i nidi e il tempo pieno, o di supporto alla cura, sono i pilastri fondamentali per ogni donna che ha famiglia. La mancanza di centri per l’infanzia comporta la perdita di lavoro femminile e una sempre maggiore ansia nelle famiglie.
Questo, crea un divario tra i sessi sempre più grande. Un buco nero dove, le mamme, ci cascano dentro consapevoli della perdita che il Paese sta affrontando ma che, non si rende ancora conto.
L’offerta delle politiche a sostegno è talmente scadente che, in alcune aree del Paese, molte donne non si pongono e non pongono nemmeno più la domanda, ormai rassegnate alle circostanze. Questa domanda, invece, può e deve crearsi con l’offerta.
L’assenza di nidi finisce con l’agire negativamente sia sull’educazione dei bimbi sia sui rendimenti scolastici successivi, sia sui numeri (crescenti) dell’occupazione femminile e, in ultimo, ma non certo per grado d’importanza, sulla ricchezza sociale, culturale, civile ed economica prodotta nel Paese. In sostanza, ciò che sembrerebbe essere un problema “solo” delle donne, finisce col diventare un problema per l’intera collettività.
Ciò che le donne richiedono nella lettera al Presidente Conte e al Governo è un’azione che sia mirata e non generica sulla Scuola, che preveda le risorse che servono in un’ottica molto più programmatica.
Le risorse del Governo dovranno servire ad intraprendere un’azione incisiva con provvedimenti efficaci e sistemici. L’istruzione è l’unico vero pilastro di un Paese, i bambini di oggi, saranno coloro che ci guideranno in futuro ma se non sarà nessun sostegno adeguato verso le madri, questo castello si ripiegherà su se stesso come un castello di carta.
Per riuscire, le politiche dovrebbero volgere il loro sguardo con più severa attenzione non solo agli ambienti e agli arredi ma soprattutto alla qualità organizzativa nonché agli obiettivi didattici generali.
Tutto questo prevede ovviamente il coinvolgimento, la cura, il benessere e le esigenze di chi la Scuola la vive. Non solo gli studenti ma anche i docenti, i dirigenti scolastici, il personale e le famiglie tutte. A questo si unisce la necessità di un ridisegno aggiornato del welfare del Paese.
I vantaggi nell’avere un’istruzione sana e corretta nonché un incremento dei posti di lavoro a favore delle donne, la diminuzione della disoccupazione femminile, il superamento di discriminazione di sesso, riconoscimenti salariali alle donne, rientrano in quelli che vengono definiti come: investimenti moltiplicatori, ovvero, vantaggi e benefici sociali, economici, culturali e demografici non solo per le donne, ma dell’Italia intera. Qui per firmare la petizione.
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