
La donna si trova attaccata a un respiratore da oltre 90 giorni, perché per le leggi anti-aborto della Georgia non può interrompere la gravidanza...
La donna, dichiarata cerebralmente morta lo scorso febbraio, è stata tenuta in vita dallo staff ospedaliero solo per portare avanti la gravidanza. Adesso, con la nascita del piccolo, i macchinari verranno staccati.
È nato il figlio di Adriana Smith, l’infermiera 30enne cerebralmente morta lo scorso febbraio ma tenuta in vita per consentire al feto che portava in grembo di arrivare a un punto della gestazione in cui sarebbe stato possibile farlo nascere, in accordo con le leggi dello stato della Georgia, che vieta l’interruzione di gravidanza dopo le sei settimane.
La donna si trova attaccata a un respiratore da oltre 90 giorni, perché per le leggi anti-aborto della Georgia non può interrompere la gravidanza...
Il piccolo, nato prematuro con parto cesareo lo scorso 13 giugno – i medici speravano di poter portare il bambino almeno fino ad agosto – e attualmente ricoverato nel reparto di terapia intensiva neonatale, è stato chiamato Chance, che significa “opportunità”.
“Ci aspettiamo che stia bene – ha spiegato April Newkirk, la madre di Smith, alla trasmissione affiliata della NBC di Atlanta, 11 Alive, aggiungendo che il nipote pesa solo 820 grammi – Sta solo lottando. Vogliamo solo preghiere per lui. Continuate a pregare. Ora è qui”.
Newkirk ha anche affermato che l’ospedale le ha fatto sapere che avrebbe staccato il respiratore alla figlia il 17 giugno (ma su questo non ci sono notizie).
“Sono sua madre – ha detto la donna – Non dovrei seppellire mia figlia. È mia figlia che dovrebbe seppellire me”.
Adriana Smith, che avrebbe compiuto 31 anni proprio lo scorso fine settimana, è stata dichiarata cerebralmente morta alla nona settimana di gravidanza, a causa di una trombosi cerebrale che le è risultata fatale; ma, per le leggi in vigore nello stato della Georgia, i medici hanno deciso di tenerla in vita per portare avanti la gravidanza, nonostante il parere contrario proprio dei familiari della donna, che hanno chiesto a più riprese di poter staccare la spina.
“Penso che ogni donna dovrebbe avere il diritto di prendere la propria decisione – ha commentato Newkirk a 11Alive dopo la nascita del nipote – E se non ce l’ha, allora lo deve fare il partner o i genitori”.
Il caso ha infatti sollevato un’importante questione di natura etica, perché la decisione è stata presa dallo staff ospedaliero per seguire una legge che, di fatto, vieta l’aborto dopo la sesta settimana, e non seguendo le volontà della paziente o della sua famiglia.
Una situazione che la stessa April Newkirk ha definito “una tortura”, considerando anche la presenza del figlio maggiore di Adriana Smith, Chase, di 7 anni, che andava regolarmente a trovare la madre in ospedale pur senza alcuna speranza di vederla mai tornare a casa.
La legge della Georgia, una delle più restrittive in merito al tema dell’IvG, è stata adottata nel 2019 ma è entrata in vigore solo tre anni più tardi, in concomitanza con l’abolizione della storica Roe v Wade che ha cancellato il diritto all’aborto in moltissimi stati USA, con la sentenza Dobbs contro Jackson Women’s Health Organization. La Georgia è tra i tre stati che allo stato attuale vietano l’aborto dopo le sei settimane, mentre altri 12 applicano divieti totali all’aborto in qualsiasi fase della gravidanza.