
Intervistata da Entertainment Weekly a proposito del suo ruolo nel film Unstoppable, dove interpreta Judy Robles, madre single del camoione di wres...
La food expert ha da poco pubblicato un romanzo che racconta di madri single, riflettendo anche la propria esperienza di famiglia monogenitoriale, ancora poco riconosciuta in Italia.
In occasione dell’uscita del suo primo romanzo, Quelle due, edito da Mondadori, la food blogger Chiara Maci si è raccontata in un’intervista per Vanity Fair, offrendo il suo punto di vista in particolare sulla tematica della famiglia monogenitoriale, realtà ancora molto poco riconosciuta in Italia.
Maci è madre di Bianca, avuta nel 2014 da donna single, e di Andrea, nato nel 2018 dalla relazione con l’ex compagno Filippo La Mantia, e non ha mai nascosto le difficoltà dell’essere un genitore single, burocratiche ma anche sociali e culturali.
“Se ne parla di più, ma a livello culturale non è cambiato molto – spiega, riferendosi alle famiglie formate da un solo genitore – La famiglia, in Italia, è ancora madre, padre e figlio. Ma per me famiglia è anche Costanza, l’amica di Adele e Mia. Ha più tempo e più amore di tanti parenti di sangue. I ragazzi, per fortuna, sono più avanti. Le amiche di mia figlia non direbbero mai che una famiglia è solo padre, madre e figlio”. E dichiara che la sfida più grande, per una madre, è “Essere lasciata sola. Io non ho avuto nessun supporto. Nessun contributo. Lavoravo tutto il giorno da libera professionista. È un Paese che non ti aiuta. E c’è anche un tema culturale fortissimo. Ho tante amiche che vorrebbero un figlio, ma non trovano un compagno pronto. Non c’è una parità biologica nei tempi. E anche se volessero fare un figlio da sole, si sentirebbero giudicate. C’è ancora troppa ambiguità, anche legale”.
Intervistata da Entertainment Weekly a proposito del suo ruolo nel film Unstoppable, dove interpreta Judy Robles, madre single del camoione di wres...
La food expert prosegue, raccontando la sua esperienza di maternità, e rivela di essersi sentita madre “Il giorno del parto. Appena mi hanno messo Bianca sulla pancia, ho capito che ero madre. Era come se l’avessi aspettata per nove mesi senza sapere chi fosse. Invece il momento in cui mi sono sentita famiglia è stato diverso: quando ho ricevuto dal Comune di Milano la lettera con scritto ‘Per la famiglia Maci’. Ho pianto tutto il pomeriggio. Nessuno ci aveva mai definite così. Eravamo io e Bianca, ma da quel giorno, eravamo famiglia”.
Quelle due, il suo primo romanzo, parla di madri e figlie, di genitoralità non convenzionale, attraverso le vite e gli occhi delle due protagoniste, che sono appunto madre e figlia, Adele e Mia; eppure, Maci giura che nel libro non ci sia nulla di autobiografico.
“Non mi piace che si vada a cercare nella mia storia. Adele è la portavoce di tante donne che vivono la ‘sindrome della brava bambina’, quelle che chiedono il permesso per vivere. Quando lo dico in presentazione, vedo occhi che si alzano come a dire: ‘Sta parlando di me'”.
C’è sicuramente, però, qualcosa del suo rapporto con la figlia: “Quando cresci un figlio da sola, ci si prende cura l’uno dell’altro. Mia chiede ad Adele se ha tolto le collane prima di dormire. Questa è mia figlia: me lo chiede da sempre. Mi fa tenerezza, perché di solito immaginiamo i figli prendersi cura di genitori anziani. Qui è una bambina che si prende cura di un genitore giovane. Un figlio così è anche molto responsabilizzato”.
Per anni Chiara Maci, come capita a tantissime madri, ha sentito sulle proprie spalle il peso del giudizio, peso di cui oggi si è finalmente liberata, “Ma c’è voluto tempo, analisi, lacrime. Per anni mi sono sentita giudicata per tutto: perché lavoravo, perché lasciavo mia figlia. Anche dalla mia famiglia. Poi ho capito: quando lavori, lavori. Quando stai con i figli, stai con loro. Adesso, i miei figli sanno che anche promuovere il libro è importante per me, e io torno a casa felice. E questo è ciò che conta”.