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Parliamo di peso nei bambini e negli adolescenti, superando pregiudizi e imbarazzi di fronte a un fenomeno sempre più attuale.
“Obesità pediatrica: fermiamola prima che cresca!” Queste le parole che l’ADI, Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica ha scelto per la venticinquesima edizione dell’Obesity Day. Si tratta della campagna nazionale per porre l’attenzione sull’obesità infantile e adolescenziale, considerate una delle principali emergenze sanitarie del nostro Paese. Vediamo perché e come parlarne mantenendo sempre elevata non solo l’attenzione sulla dimensione clinica del fenomeno, ma anche sull’impatto che ha sulle persone, in questo caso giovani in una fase delicatissima della loro vita.
Per obesità infantile, spiega Area Pediatrica, si intende un accumulo eccessivo di grasso corporeo provocato da uno squilibrio tra introito calorico e dispendio energetico. L’obesità è considerata a tutti gli effetti come una malattia cronica complessa sulla quale incidono diversi fattori che ha enormi ripercussioni sulla qualità della vita. Con il passare degli anni, infatti, l’obesità tende ad aggravarsi, riducendo l’aspettativa di vita e aumentando i costi legati alla spesa sanitaria. Motivo per cui se ne parla come di un’emergenze sanitarie.
Per parlare di obesità e sovrappeso è necessario, come evidenziato dalla Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), avere misurazioni accurate della statura e del peso e tenere conto dell’età del bambino. Da questo punto di vista l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indica i seguenti valori:
Bambini da 0 a 5 anni – si usa il rapporto peso per altezza (non ancora il BMI)
Bambini e adolescenti da 5 a 19 anni – si usa il BMI corretto per età e sesso (BMI-for-age)
Sempre l’OMS consiglia di fare attenzione anche la circonferenza della vita, che può indicare un accumulo di grasso nella parte addominale. Un rapporto vita/altezza superiore a 0,5 è spesso considerato un segnale di rischio metabolico.
Si parla inoltre di emergenza perché, come riportano i dati della Società Italiana di Pediatria (SIP), negli ultimi trent’anni il numero di bambini e adolescenti obesi è aumentato in maniera drammatica. Nello stesso arco di tempo l’obesità tra gli adulti è più che raddoppiata, segno di una tendenza globale che coinvolge sempre di più tutte le fasce d’età.
Nel 2022 si contavano oltre un miliardo di persone affette da obesità. Di queste, circa 650 milioni erano adulti, 340 milioni adolescenti e 39 milioni bambini. La crescita del fenomeno non riguarda soltanto i Paesi ad alto reddito ma si estende anche a quelli a medio e basso reddito, dove l’adozione di stili di vita sedentari e un’alimentazione ricca di zuccheri e grassi stanno contribuendo alla diffusione del problema.
Tra i 5 e i 19 anni, oltre 390 milioni di bambini e ragazzi nel mondo risultano oggi in sovrappeso o obesi. Anche l’Italia riflette questa tendenza: un bambino su quattro nella fascia tra i 6 e i 9 anni presenta un eccesso di peso. Le regioni del Sud continuano a registrare le percentuali più elevate, a dimostrazione che le disuguaglianze territoriali incidono anche su questi fenomeni.
L’obesità è una condizione influenzata da fattori ambientali e comportamentali, ma anche socioeconomici, familiari e genetici. La principale causa è da individuare nella combinazione di stile di vita sedentario, assenza di regolare attività fisica e un’alimentazione non equilibrata. Sempre più bambini, evidenzia l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), non fanno la prima colazione preferendo una merenda di metà mattina più abbondante. Parallelamente bambini e adolescenti mangiano poca frutta e verdura, bevono più bevande zuccherate e gassate e consumano snack dolci e salati per più di tre giorni a settimana. Alle abitudini alimentari si aggiunge uno stile di vita nel quale non vi è una sufficiente attività fisica, con bambini e adolescenti che trascorrono troppo tempo davanti a TV e videogiochi.
Non è raro che questo insieme di fattori si verifichi in realtà socioeconomiche disagiate, nelle quali non vi è sufficiente disponibilità economica per acquistare cibi salutari o per avere le dovute conoscenze in materia. Altrettanto spesso le abitudini familiari si riflettono sui figli. Solo un 10% dei casi ha un’origine genetica, come conseguenza di patologie genetiche, ipotalamiche o endocrine.
L’obesità infantile, come anticipato, ha conseguenze che si manifestano già in età pediatrica e che tendono poi a peggiorare con il passare degli anni. Queste conseguenze sono fisiche, metaboliche e psicosociali. Bambini e adolescenti obesi, infatti, possono sviluppare l’insulino-resistenza, il prediabete, il diabete di tipo 2, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia e la steatosi epatica non alcolica. Allo stesso tempo possono andare incontro a malattie cardiovascolari e a un’iperproduzione di androgeni ovarici nelle ragazze e una riduzione di testosterone nei maschi. L’obesità infantile e adolescenziale è poi legata all’aumento del rischio di patologie respiratorie (apnee notturne, asma bronchiale) e osteo-articolari (ginocchio valgo e piede piatto).
Oltre alla dimensione clinica ci sono evidenti ripercussioni psicologiche e sociali con bambini e adolescenti che vanno incontro a una ridotta autostima, disturbi dell’immagine corporea, eccessiva preoccupazione per il peso e sintomi associati ad ansia e depressione. Un insieme di realtà che incide sulle relazioni sociali e il fallimento del proprio percorso scolastico.
Per prevenire l’obesità infantile e adolescenziale è necessario seguire alcune regole che coinvolgano non solo le famiglie, ma anche la scuola e le istituzioni. Agire in anticipo è fondamentale, perché i comportamenti e le abitudini acquisite nei primi anni di vita condizionano le scelte future.
Gli esperti sottolineano l’importanza di iniziare fin dal periodo prenatale e nei cosiddetti primi mille giorni di vita a seguire stili di vita sani, a sostenere l’allattamento al seno e a riconoscere precocemente i segnali di rischio. Parallelamente esistono azioni mirate ai bambini più vulnerabili, come i figli di genitori obesi o quelli che manifestano un precoce aumento di peso. L’obiettivo è evitare che il sovrappeso si trasformi in obesità o che la condizione peggiori nel tempo. Un ruolo centrale è riservato all’educazione alimentare. La dieta mediterranea rimane il modello di riferimento grazie all’alto contenuto di frutta, verdura, cereali integrali, legumi e olio d’oliva. È consigliato limitare il consumo di carne rossa, dolci e bevande zuccherate, fare sempre la prima colazione e mantenere la buona abitudine di condividere i pasti in famiglia.
L’attività fisica rappresenta l’altro pilastro della prevenzione. Nei bambini dai 3 ai 5 anni si raccomandano almeno tre ore di movimento al giorno, di cui una con intensità moderata o vigorosa, riducendo il tempo davanti agli schermi a meno di un’ora. Dai 6 ai 17 anni è sufficiente un’ora al giorno di attività fisica sostenuta, evitando di superare le due ore di utilizzo degli schermi nel tempo libero.
Anche la scuola svolge un ruolo insostituibile nella formazione e nella promozione della salute. Rendere fruibili le palestre, aumentare le ore dedicate al movimento e inserire programmi di educazione alimentare sono azioni concrete per costruire una cultura del benessere.
Quando la prevenzione non basta, il trattamento si basa su un approccio integrato che combina dieta equilibrata, esercizio fisico e supporto psicologico. L’obiettivo è riportare il BMI sotto l’85° percentile, un traguardo facilmente raggiungibile se l’intervento è precoce e coinvolge attivamente la famiglia.
Parlare di obesità infantile e adolescenziale significa, come sempre quando si affrontano argomenti e fenomeni di questo tipo, ricordarsi che dietro il valore dell’indice di massa corporea c’è una persona. Nel caso specifico un ragazzo o una ragazza in una delle fasi più delicate della sua vita. Questa considerazione è fondamentale per non perdere mai di vista che più che il rispetto di un parametro numerico deve esserci l’attenzione verso un individuo. Viviamo in un’epoca che fa dell’esteriorità, dell’apparire e della cura del corpo un’ossessione. Non è raro che fini condivisibili (la perdita di peso) siano perseguiti con mezzi lesivi della dignità delle persone, fatte passare per sbagliate e colpevoli di una condizione della quale, seppur a volte in parte responsabili o corresponsabili, sono le prime vittime.
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