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Calano le nascite e aumenta l'aspettativa di vita: un mix di elementi che cambia, anche, il ruolo dei nonni italiani.

Che in Italia sia facciano sempre meno figli è ormai cosa nota. Anche le ultime rilevazioni dell’Istat sul primo semestre del 2025 fotografano un calo importante (-7%) rispetto al primo semestre dello scorso anno. Questo invecchiamento della popolazione, che oltretutto è il più veloce d’Europa, ha diverse ripercussioni, non ultima quella di modificare l’età media dei nonni. Come riporta un altro documento Istat, l’Italia è il Paese al mondo che più volte ha registrato il primato nell’indice di vecchiaia.
Ma c’è dell’altro. Parallelamente sta cambiando il modello di famiglia. La tipologia più diffusa è quella composta da persone sole, che oggi rappresentano oltre un terzo delle famiglie italiane e riguardano soprattutto le fasce di età più anziane. Diminuiscono le coppie con figli e, di conseguenza, anche l’età media dei nonni, che arrivano a questo ruolo più tardi rispetto al passato, complice l’aumento dell’età in cui si diventa genitori.
Sono sostanzialmente due i fenomeni da prendere in considerazione. Non c’è, infatti, solo la diminuzione delle nascite, ma anche l’aumento dell’aspettativa di vita. L’idea di vecchiaia (per non parlare di pensione) è molto diversa rispetto al passato. Oggi si vive più a lungo e in condizioni di salute migliori, e questo ha cambiato anche il profilo dei nonni italiani.
Nel 2016 erano circa 12,5 milioni le persone sopra i 35 anni con almeno un nipote, pari a quasi un terzo di questa fascia di età. In media ciascuno di loro aveva poco più di tre nipoti. L’età in cui si diventa nonni è aumentata rispetto alle generazioni precedenti: oggi si diventa nonni in media a 54 anni, con una leggera differenza tra donne e uomini, rispettivamente 52,9 e 56,6 anni. Si tratta di un cambiamento legato al progressivo slittamento dell’età in cui si diventa genitori.
Il miglioramento delle condizioni di salute ha reso la figura dei nonni più attiva e presente. Gli uomini di 65 anni vivono in media oltre dieci anni in buona salute dopo essere diventati nonni, mentre per le donne il periodo supera i dodici. Questo spiega perché il ruolo dei nonni continui a essere centrale nelle famiglie italiane.
La grande maggioranza, quasi il 97%, non vive con i nipoti, ma resta in stretto contatto. Più di tre quarti di loro li vede almeno una volta a settimana. Un terzo dei nonni si occupa dei nipoti mentre i genitori lavorano e molti altri offrono un aiuto per gli impegni quotidiani o le emergenze. Nelle famiglie italiane, insomma, i nonni restano un punto di riferimento indispensabile, sia dal punto di vista affettivo e culturale, ma anche di mantenimento di un equilibrio familiare che, altrimenti, sarebbe impossibile perseguire.
A caratterizzare i nonni di oggi, però, non c’è solamente una dimensione demografica. I nuovi nonni hanno livelli di istruzione più alti, una maggiore familiarità con la tecnologia e un rapporto più attivo con la società e il territorio in cui vivono.
Non si lasciano condizionare dall’età anagrafica e affrontano la vita con un atteggiamento dinamico. L’uscita dal mondo del lavoro rappresenta per molti non un punto d’arrivo, ma una nuova fase di libertà da dedicare a passioni, sport, studio o attività di volontariato. È una generazione che ha imparato a valorizzare il tempo, a curare la propria salute e a mantenere relazioni sociali vive.
Questo spirito si riflette anche nel ruolo familiare. I nonni di oggi non sono soltanto figure affettive, ma veri e propri pilastri nella gestione quotidiana dei nipoti. Partecipano attivamente alla loro crescita e, al tempo stesso, traggono da questo impegno un forte senso di utilità e realizzazione personale. Il loro contributo sociale e familiare è diventato talmente rilevante che molti sociologi definiscono questo periodo come il “secolo dei nonni”, un’epoca in cui la terza età non coincide più con la perdita di autonomia, ma con una nuova forma di partecipazione e vitalità.
L’aumento dell’età media dei nonni e il loro profilo culturale, economico e sociale, si ripercuote profondamente sulle dinamiche delle nuove famiglie, come quelle dei genitori millenials. Da una parte si è allungata la rete parentale con più generazioni di genitori e figli (per effetto dell’allungamento della vita media), ma dall’altra questa rete è più stretta (per la riduzione del numero medio di fratelli, sorelle e cugini).
Oggi rispetto al passato si rimane “figli” e “nipoti” per un periodo di tempo più lungo. Il portale neodemos.info riporta che il 30% dei sessantenni ha ancora un genitore in vita, caratteristica che determina che tra i 45-49enni ci siano più persone “ancora figlie” che “già genitori”. Un cambiamento culturale e sociale oltre che di fasi della vita individuali.
Questo cambiamento nella struttura familiare si riflette anche sul modo in cui si gestiscono il sostegno e l’assistenza all’interno delle famiglie. L’invecchiamento della popolazione, infatti, ha un doppio effetto. Da una parte aumenta il numero di persone che necessitano di cure, soprattutto tra gli over 80, dall’altra amplia la platea di chi è in grado di offrirle, in particolare tra i cosiddetti “giovani anziani”, ovvero le persone tra i 65 e i 79 anni.
Sono proprio loro, i nuovi nonni, a diventare un pilastro indispensabile delle famiglie contemporanee. In molti casi non si limitano al ruolo affettivo, ma forniscono un aiuto concreto, sia nella cura e nella gestione dei nipoti quando i genitori lavorano, sia nel sostegno economico ai figli in difficoltà. In un Paese dove le strutture pubbliche per bambini e anziani restano limitate, la famiglia continua a rappresentare la prima forma di welfare. E al centro di questo sistema ci sono proprio i nonni, capaci di tenere insieme le generazioni e di supplire alle carenze del sostegno pubblico.

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