La prima settimana dopo il parto di cui nessuno parla: cosa aspettarsi

Dopo nove mesi di attesa inizia una nuova fase della vita. Come comportarsi? Ecco alcune indicazioni.

Con il parto e la nascita del bambino (e l’espulsione della placenta) termina formalmente la gravidanza e l’evento atteso per così tante settimane diventa l’inizio di una fase di vuoto. Con le dimissioni dal punto nascita e il ritorno a casa, infatti, inizia per i neogenitori una fase a cui non sono stati preparati. Se è vero che non esistono corsi sufficientemente esaustivi per essere dei genitori completamente pronti, è altrettanto vero che, soprattutto nei primi giorni immediatamente successivi al parto, si percepisce maggiormente lo stacco e il passaggio da mesi di grande attenzione a giorni di quasi totale abbandono.

C’è l’interesse di amici e parenti di conoscere il bambino, ma questa sovraesposizione rischia di nascondere le insidie che si verificano nella prima settimana dopo il parto e di mettere in secondo piano il reale stato emotivo e fisico della madre (e, spesso, anche del padre).

In questi primissimi giorni la donna, l’uomo e la coppia, vivono un senso di vulnerabilità che, proprio perché inaspettato, rischia di diventare pericoloso. La prima settimana dopo il parto rappresenta quindi un passaggio delicato, in cui il bisogno principale non è soltanto quello di “imparare” a prendersi cura del bambino, ma anche di essere accuditi, compresi e accompagnati.

Quali sono i principali cambiamenti

Possiamo suddividere i cambiamenti che si verificano nella prima settimana dopo il parto in due categorie: fisici ed emotivi.

Cambiamenti fisici

Il primo principale cambiamento fisico che la donna sperimenta nei giorni immediatamente successivi al parto, spiega la Cleveland Clinic, è l’involuzione dell’utero. Quest’organo, infatti, si contrae per tornare alle sue dimensioni originarie. È un processo graduale che dura fino a 6 settimane, ma che inizia nei giorni dopo il parto e che si può manifestare con crampi al basso ventre, i noti morsi uterini, che risultano dolorosi. Oltretutto, come evidenziato dalla Mayo Clinic, questi dolori si intensificano durante l’allattamento al seno.

Parallelamente si assiste alle cosiddette lochiazioni, ovvero perdite vaginali composte da muco, sangue e frammenti della mucosa dell’endometrio. Non sono da confondere con il capoparto (la prima mestruazione dopo il parto e che segna la fine del puerperio) e cambiano aspetto con il passare delle settimane. Inizialmente sono rosse (motivo per cui ci si può allarmare), poi diventano rosa/marroncine per poi diventare bianche e giallastre.

L’altro cambiamento importante riguarda lo stato del perineo e della vagina. Questa zona, così profondamente sollecitata e stressata dalle ultime settimane di gravidanza e poi dal parto, può risultare dolente, gonfia e fonte di disagio. Fenomeni che sono più evidenti nel caso di lacerazioni o episiotomie. C’è anche da considerare le conseguenze sulla postura e sul tono muscolare, anche per effetto della relaxina, l’ormone che in gravidanza ha ammorbidito legamenti e articolazioni che, ora, risultano efficienti.

Ci sono poi tutti i cambiamenti, non sempre semplici da gestire, delle mammelle per preparare il seno all’allattamento. Il latte materno cambia e le mammelle producono continuamente latte risultando, soprattutto se si riscontrano difficoltà con l’attaccamento, tese, piene e doloranti.

Infine meritano un’attenzione i cambiamenti per i capelli e il peso. A partire dalla prima settimana dopo il parto si può assistere a una perdita di capelli come conseguenza del normale ritorno alla normalità dei livelli di estrogeni. Piuttosto fisiologico è anche il calo di peso che si sperimenta dopo il parto con i liquidi in eccesso che vengono eliminati, spesso con la sudorazione notturna molto intensa, proprio nei primi giorni.

Cambiamenti emotivi e psicologiche

I cambiamenti fisici vanno di pari passo con quelli emotivi e mentali, a volte condizionandosi vicendevolmente. Il primo fenomeno, che interessa molte donne nel periodo del puerperio, è quello del baby blues. È quel senso di tristezza, ansia, irritabilità, scarsa concentrazione e sbalzi d’umore che accompagna le donne sin dai primi giorni dopo il parto. Non è segno di scarso interesse o di non essere una buona madre, ma una realtà da vivere con consapevolezza evitando che evolva in condizioni più gravi come la depressione post-partum.

È normale, ma non per questo meno grave o da attenzionare, che nella prima settimana dopo il parto le neomamme si sentano stanche, stressate, inadeguate e affaticate. A ampliare la portata di questi sintomi ci sono poi i disturbi del sonno e una qualità del riposo, specie quello notturno, condizionata dall’allattamento del bambino.

Rischi e criticità cui prestare attenzione

Sebbene, come precisato dal Manuale MSD, i problemi di salute gravi dopo il parto siano rari, è importante saperli riconoscere per evitare di non sottovalutarli. Spesso la linea, soprattutto per i cambiamenti emotivi e mentali, che separa la normalità dalla criticità è molto sottile, è bene non prendere con leggerezza questi fenomeni. Anche in questo caso distinguiamo tra rischi e criticità fisiche e quelli emotivi e mentali.

Rischi e criticità fisiche

Uno dei segnali più preoccupanti è la perdita di sangue improvvisa e abbondante. Se si arriva, come riportato in questo studio, a riempire un assorbente ogni ora per più di due ore, oppure se il flusso invece di diminuire aumenta, si può essere di fronte a un’emorragia post partum. In questo caso serve un intervento medico immediato, soprattutto se si manifestano anche svenimenti, vertigini o tachicardia. Da non sottovalutare nemmeno la presenza di coaguli molto grandi, più voluminosi di una prugna o di una pallina da golf, o la loro espulsione ripetuta. Anche in questi casi si tratta di un campanello d’allarme che può indicare una forma di emorragia da considerare con la massima urgenza.

Le linee guida del National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE) indicano che la comparsa di febbre e brividi può invece segnalare un’infezione, che può interessare l’utero, la vescica o la ferita del parto. Quando la temperatura rimane alta, è necessario rivolgersi tempestivamente al medico. Anche eventuali perdite vaginali dal cattivo odore meritano attenzione, perché possono anch’esse essere sintomo di infezione e richiedono un controllo urgente.

Un dolore addominale intenso o persistente che tende a peggiorare è un altro segnale che non va ignorato, perché potrebbe essere legato a un’infezione interna. Allo stesso modo, una cefalea severa e duratura, soprattutto se accompagnata da disturbi visivi, nausea o sensazione di stordimento, potrebbe indicare la presenza di preeclampsia o eclampsia, condizioni che richiedono assistenza immediata.

Un sintomo da non sottovalutare è anche il dolore localizzato, il gonfiore o l’arrossamento a un solo polpaccio. Potrebbe trattarsi di una trombosi venosa profonda, una condizione grave che necessita di intervento urgente. Se invece compaiono dolore toracico o difficoltà respiratorie, il rischio è quello di una tromboembolia polmonare, una vera e propria emergenza medica.

Infine, se nella zona del perineo o della ferita del parto compaiono dolore, rossore, gonfiore, secrezioni di pus o una guarigione rallentata, potrebbe esserci un’infezione o una diastasi della ferita. Anche in questo caso è importante rivolgersi al personale sanitario senza attendere che la situazione peggiori.

Rischi e criticità emotivi e psicologiche

La depressione post-partum è una condizione seria che non va confusa con la fragilità temporanea dei primi giorni. Chi ne soffre può avvertire una tristezza profonda e persistente, una perdita di interesse o di piacere nelle attività quotidiane, un senso di stanchezza estremo e difficoltà nel prendersi cura di sé o del proprio bambino. Spesso si aggiungono sensi di colpa o inadeguatezza, accompagnati da forte ansia e agitazione interiore. In alcuni casi, possono comparire pensieri di autolesionismo o, nei momenti più critici, l’idea di fare del male al neonato. Questi segnali richiedono un intervento immediato e non devono mai essere affrontati in silenzio.

Quando i sintomi del baby blues persistono oltre i dieci o quattordici giorni, è importante non liquidarli come normali conseguenze del parto. In molti casi si tratta di un segnale precoce di depressione, che può evolvere se non trattata. Riconoscerla in tempo permette di intervenire in modo efficace.

E il bambino?

Nella prima settimana dopo il parto anche il neonato attraversa profondi cambiamenti che meritano attenzione e consapevolezza, soprattutto perché in questa fase la madre è la figura di riferimento per il bambino. Dopo nove mesi in un ambiente protetto e costante, il passaggio al mondo esterno rappresenta per il bambino un’esperienza di grande adattamento. Deve imparare a respirare autonomamente, a mantenere la temperatura corporea, a nutrirsi, a eliminare e a regolare i propri ritmi di sonno e veglia. Tutti aspetti di cui gli stessi genitori sono spesso ignari e nei confronti dei quali, anche tenendo conto della variabile del temperamento del bambino, vanno il più delle volte a tentativi.

Il contatto con il mondo esterno è un’esperienza nuova e spesso faticosa. La luce, i rumori, le stimolazioni sensoriali sono elementi sconosciuti a cui deve progressivamente abituarsi. In questa fase possono comparire fenomeni del tutto fisiologici ma fonte di preoccupazione per i genitori, come il calo di peso nei primi giorni, le difficoltà (e i dolori) nell’attaccamento al seno o il pianto frequente, che è l’unico mezzo con cui il piccolo comunica disagio, fame o bisogno di conforto. L’adattamento del neonato richiede tempo, pazienza e un ambiente sereno e accogliente. Il contatto pelle a pelle, l’allattamento, il contenimento e la vicinanza sono strumenti fondamentali per aiutarlo a sentirsi al sicuro.

 

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