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Nelle prime settimane dopo il parto il latte materno cambia, passando dal colostro a latte di transizione prima di diventare il latte maturo vero e proprio. Scopriamo proprietà e caratteristiche del cosiddetto latte di transizione.
Sin dai primissimi momenti dopo la nascita, quindi, l’organismo materno è pronto per allattare, ma il latte prodotto non è sempre uguale e richiede tempo prima di diventare quello con il quale il bambino imparerà a convivere nei primi mesi di vita. Questo perché il processo di produzione del latte è caratterizzato da diversi meccanismi che portano il latte a conoscere diverse fasi.
Il primo latte è il colostro, quindi si passa al cosiddetto latte di transizione per poi giungere, solo dopo alcune settimane, al latte maturo vero e proprio.
Propriamente il latte di transizione è quello che precede la produzione del latte maturo vero e proprio, che avviene solamente a partire dalla terza settimana di vita. Sono sostanzialmente due le fasi che permettono all’organismo materno, fin da subito dopo il parto, di produrre latte, ovvero la differenziazione e l’attivazione secretoria.
La prima fase avviene durante la gravidanza quando le cellule epiteliali delle mammelle si differenziano in modo tale da sintetizzare i costituenti del latte, tra cui il lattosio. A incidere su questo processo (e in alcuni casi, quindi, a spiegare le differenze e le difficoltà che si possono riscontrare) incidono diversi ormoni, tra cui gli estrogeni e il progesterone, ma anche la prolattina, gli ormoni riproduttivi e alcuni di quelli metabolici.
A differenza del colostro, che è un latte denso e di colore giallo, il latte di transizione ha una colorazione più biancastra (e quindi sempre più simile a quella tipica del latte) e una consistenza più acquosa. Rispetto al colostro, quindi, c’è una differenza visiva, nutrizionale e temporale.
Il colostro viene prodotto nella prima settimana di vita del neonato, mentre il latte di transizione solo successivamente, in attesa che si completi il processo di maturazione. Come indica il nome stesso, quindi, parliamo di un latte di passaggio, temporaneo, ma che ha una funzione e un’importanza davvero preziosa.
È possibile riconoscere l’arrivo del latte di transizione anche per l’aumento del volume e della tensione del seno (è il cosiddetto fenomeno della montata lattea), che a volte può determinare delle difficoltà nell’attaccamento.
Come anticipato il latte di transizione non svolge solo una funzione transitoria, in quanto non è un semplice latte tra il colostro e quello maturo, ma è un alimento dalle enormi caratteristiche e proprietà, fondamentali per la crescita, l’alimentazione e lo sviluppo del sistema immunitario del bambino.
La prima tra le caratteristiche di questo latte è che ha una maggiore percentuale di lattosio e grassi, una minore di minerali e proteine e, rispetto al colostro, diminuiscono il sodio e il cloruro in modo che il latte abbia livelli molto bassi di sale. Anche per questo motivo è un latte che assicura quindi un apporto calorico maggiore. Questo è utile anche per permettere al neonato di recuperare quel fisiologico calo ponderale che si è verificato dopo la nascita e, date le sue caratteristiche, rappresentare una fonte di energia che può essere rapidamente metabolizzata dal neonato.
È errato pensare che il latte di transizione si un’entità unica che cessa di esistere in un preciso momento per lasciare spazio al latte maturo. Il latte di transizione, infatti, cambia con il bambino in quanto nel corso dei primi giorni muta anche la concentrazione di anticorpi ed enzimi protettivi all’interno del latte; alcuni diminuiscono e alcuni aumentano, così come cambia la concentrazione di rame, manganese e zinco. Questi cambiamenti avvengono in base al perfezionamento del sistema immunitario del bambino.
Inoltre il tempo svolge un ruolo determinante e non solo “cronologico” nella composizione del latte maturo, questo perché i livelli di fattori di crescita e altre sostanze presenti nel latte materno diminuiscono a ritmi diversi dopo il parto. Dagli studi preliminari condotti questa variabilità potrebbe essere utile per spiegare le differenze nello sviluppo postnatale dei neonati.
Trascorse le prime due-tre settimane si iniziano a notare nuove differenze sulla consistenza, la quantità e il colore del latte; segnali che indicano come il latte stia diventando quello maturo. Il latte maturo ha più grassi e meno proteine rispetto al latte di transizione e la sua comparsa è facilmente riconoscibile da ogni donna che percepisce un evidente aumento delle dimensioni del seno con cambiamento anche nel tipo e nella quantità di latte che da esso fuoriesce.
Il latte diventa completamente maturo entro la fine del primo mese di vita assicurando tutti i benefici caratteristici, pur diminuendo proporzionalmente il contributo nutrizionale, per tutto il periodo in cui si deciderà di seguire l’allattamento al seno, anche quando successivamente allo svezzamento e all’introduzione di altre sostanze solide e liquide, diminuirà il numero e la frequenza delle poppate.
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