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Tra i modi con i quali ricordare la gravidanza e la nascita del proprio bambino/a, molte donne decidono di fare l'impronta della placenta. Scopriamo di cosa si tratta.
La placenta, l’organo che si forma appositamente per la gravidanza, non è solamente oggetto di attenzioni mediche per valutare l’evoluzione della gestazione e la crescita del feto. Nel corso dei secoli (non è infatti un trend recente) è stata oggetto di diverse attenzioni, anche e soprattutto in virtù del ruolo affascinante che svolge di nutrire e supportare lo sviluppo del nascituro. Esistono, infatti, diversi modi di trattare la placenta subito dopo il secondamento (l’espulsione dopo il parto). Da rifiuto speciale ospedaliero a capsula da mangiare passando per l’utilizzo per la realizzazione di un’opera d’arte. È la pratica che prende il nome di impronta della placenta e che in Italia ha ottenuto grande attenzione dopo la scelta fatta da Ludovica Valli.
L’influencer, ex volto di Uomini e Donne, il 4 settembre 2024 è diventata madre di Lola e per l’occasione ha scelto di imprimere l’impronta della placenta su una tela così da conservare per sempre il ricordo di un’immagine particolarmente evocativa.
L’impronta della placenta è proprio questo, l’uso dell’organo per la realizzazione di una rappresentazione visiva da conservare nel tempo. Essendo ogni placenta unica, anche ogni impronta diventa originale e irripetibile; caratteristica che la rende ancora più evocativa e particolarmente adatta, per chi lo desidera, a celebrare il momento della nascita di un figlio.
È un modo per conservare un ricordo visivo di quello che per nove mesi è stato il mezzo di contatto tra madre e figlio e lo strumento che ha consentito al nascituro di nutrirsi e crescere. Si decide di realizzare quest’opera per mantenere il ricordo tangibile di qualcosa che evoca il periodo della gravidanza.
La realizzazione dell’impronta della placenta può avvenire in maniera autonoma o avvalendosi del servizio svolto da dei professionisti. Il primo passo consiste nell’allestire uno spazio pulito e ben organizzato, utilizzando carta cerata per proteggere la superficie e un tagliere monouso. La placenta deve essere accuratamente pulita e sciacquata per rimuovere il sangue in eccesso e i coaguli, dopodiché viene tamponata con carta assorbente per evitare che l’impronta venga macchiata.
A questo punto si passa alla colorazione. La placenta viene dipinta con un pennello usa e getta, stendendo il colore anche sul cordone ombelicale. Alcune persone scelgono addirittura di utilizzare il sangue residuo nel cordone come pigmento naturale, ottenendo così una stampa dai toni rossi intensi che non altera il colore originale dei tessuti.
Una volta completata la fase di colorazione, si procede con la stampa vera e propria. Per ottenere un risultato duraturo si utilizza carta spessa di alta qualità, preferibilmente carta per acquerello o cartoncino privo di acidi. La carta viene appoggiata delicatamente sulla placenta e poi premuta con la mano, in modo da trasferire il disegno in modo uniforme.
Infine, si solleva con attenzione la carta per rivelare l’immagine impressa. Dopo l’asciugatura, è possibile applicare uno spray fissante per conservare i colori nel tempo, soprattutto se si è scelto di usare sangue come pigmento naturale, che tende a scurirsi con il passare dei giorni.
Prima di intraprendere questo processo, è essenziale informare il personale sanitario dell’intenzione di portare a casa la placenta. Solo in questo modo si possono garantire condizioni igieniche adeguate e il rispetto delle procedure di sicurezza previste, assicurando che l’esperienza si svolga nel modo più sereno possibile.
Quello che ad alcuni può apparire macabro, inutile o fuori luogo è in realtà il riflesso di un’attenzione che da sempre l’uomo ha rivolto e rivolge a un organo che molte culture e tradizioni hanno considerato sacro tanto da venerarlo. Per questo in molte tradizioni la placenta viene definita in modi evocativi (anima esteriore, nonna interiore, casa del bambino) proprio per esprimere la sensibilità verso qualcosa che si sviluppa appositamente per la gravidanza e che serve esclusivamente a permettere lo sviluppo e la nascita di una vita umana.
Questi sono tutti elementi che inevitabilmente nel corso dei secoli hanno portato a trattare la placenta con una cura diversa da quella che la vede come semplice rifiuto biologico. In alcune parti del mondo (come Messico e Indonesia, ma anche alcune zone dell’Italia) era normale portare a casa la placenta e onorarla, così come per i nativi americani era consuetudine seppellirla come forma di riconoscenza nei confronti della terra, mentre in Africa i saggi leggono la placenta per predire il futuro del neonato.
In questa prospettiva è interessante comprendere come pratiche come l’impronta della placenta sono l’espressione di un bisogno profondo di dare significato a un passaggio fondamentale della vita.
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