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Dopo la sua espulsione la placenta viene analizzata anche nel numero dei cotiledoni placentari. Scopriamo cosa sono e perchè è così importante la loro presenza.
La placenta, che unisce l’organismo materno con quello del feto, è composta da due superfici: una rivolta verso il feto e l’altra rivolta verso la madre. Tra gli elementi che compongono il tessuto della superficie materna ci sono i cosiddetti cotiledoni placentari, un componente fondamentale che viene analizzato dopo il parto, ovvero nella fase di secondamento, quella nella quale la placenta è stata espulsa.
L’attenzione verso questi componenti è legata a quanto emerso da diversi studi: ovvero che il maggior numero di cotiledoni placentari è associato a un aumento della pressione sanguigna durante l’infanzia del bambino.
Il tessuto materno della placenta è caratterizzato da “scanalature” (mentre quello fetale è più liscio) che lo dividono in piccole sezioni. Queste sono chiamate cotiledoni placentari e sono delle zone totalmente o parzialmente separate dai cotiledoni adiacenti.
Le scanalature che compongono il tessuto placentare costituiscono una parete di tessuto connettivo che può essere rivestito da cellule di trofoblasto (il tessuto cellulare che nutre l’embrione). Una o più arterie materne immettono sangue all’interno delle zone dei cotiledoni placentari che lo trasferiscono a quelli presenti nell’altra superficie che sono composti da una vena e un’arteria fetale.
Il numero dei cotiledoni placentari è variabile e generalmente sulla superficie materna se ne contano tra i 16 e i 20 e ciascuno di essi contiene a sua volta circa 20 cotiledoni fetali. Il loro numero è, come anticipato, un indicatore importante per lo stato di salute del bambino.
È stato infatti verificato come un peso maggiore alla nascita sia associata a un numero maggiore di cotiledoni placentari. Esistono inoltre differenze tra maschi e femmine, in quanto il numero maggiore di cotiledoni è nei maschi associato a una più alta pressione sistolica e diastolica ma a una normale pressione del polso e frequenza cardiaca. Nelle femmine, invece, il maggior numero di cotiledoni placentari è legato a una pressione sistolica, una pressione del polso e una frequenza cardiaca più elevata, ma non a una maggiore pressione diastolica.
Al momento del secondamento, quindi, il conteggio dei cotiledoni placentari è legato sia alla verifica della loro presenza (per verificare che parti di placenta non siano rimaste nell’utero) sia per ottenere un indicatore sulla pressione sanguigna del bambino.
Tra le anomalie che interessano la placenta ci sono anche quelle che colpiscono i cotiledoni placentari. In questi casi si parla di cotiledone placentare succenturiato, un’anomalia morfologica caratterizzata dalla presenza di un cotiledone fuori dalla placenta. Questa condizione può essere rilevabile in alcuni casi già durante le ecografie di controllo della gravidanza.
È una condizione che generalmente non dà problemi ma che, se non individuata e correttamente gestita, può essere estremamente pericolosa in quanto il cotiledone placentare succenturiato può rompersi. Il rischio che questa eventualità si possa verificare è maggiore, se non individuata, durante un parto naturale, mentre è minore in un parto cesareo.
Il rischio maggiore in caso di cotiledoni placentari succenturiati è, come detto, quello che possano rompersi o rimanere all’interno dell’utero e non essere espulso correttamente durante il secondamento. Una condizione di questo tipo può determinare un’emorragia post partum e nei casi più gravi anche alla morte del feto.
Nel caso in cui durante il secondamento una porzione di placenta rimanesse nell’utero c’è il rischio che questa provochi infezioni e metrorragie, ovvero l’anomalo sanguinamento uterino tra due cicli mestruali.
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