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Tante le domande, i dubbi e i timori di fronte a una diagnosi di diabete gestazionale. Facciamo chiarezza rispondendo alle principali domande in materia.
Il diabete gestazionale, la forma di diabete diagnosticata per la prima volta nel secondo o nel terzo trimestre di gravidanza, è una condizione che interessa fino al 18% delle donne in gravidanza. Sempre l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) riporta come questa forma di diabete rappresenti una complicazione di circa il 6-7% di tutte le gravidanze. È importante ricordare che il diabete gestazionale aumenta non solo il rischio di complicazioni in gravidanza, ma anche il rischio metabolico a lungo termine sia nella gestante che nel figlio.
Si tratta quindi di una malattia che ha e può avere ripercussioni molto importanti, sia durante la gravidanza che dopo la fine della gestazione. Per questo motivo vogliamo rispondere alle principali domande in materia così da offrire una panoramica più chiara su questa condizione.
La Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico definisce il diabete gestazionale una forma temporanea della malattia. Questo perché in circa il 90% dei casi le donne guariscono dal diabete dopo il parto. In presenza del diabete gestazionale, spiega l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, si ha un’intolleranza al glucosio con i livelli di zuccheri nel sangue (glicemia) elevati (iperglicemia). Subito dopo l’espulsione della placenta, precisa il Manuale MSD, il fabbisogno di insulina diminuisce perché la placenta sintetizza una grande quantità di ormoni che la contrastano.
Nella maggior parte dei casi, quindi, il diabete mellito scompare dopo la gravidanza: con il ritorno alla normalità dei livelli ormonali, anche la glicemia si stabilizza.
Nonostante il più delle volte il diabete gestazionale scompaia dopo il parto rimane il rischio di una futura insorgenza di diabete di tipo 2. Le statistiche indicano che circa il 50% delle donne con diabete gestazionale dopo 10 anni sviluppa il diabete di tipo 2. È una malattia cronica nella quale, riferisce l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), la glicemia aumenta perché l’insulina non funziona come dovrebbe o perché le cellule del corpo non rispondono a questo ormone.
Nonostante il rischio elevato è possibile ridurre le probabilità di sviluppare il diabete di tipo 2 dopo quello gestazionale. A questo proposito il Diabets Research Institute (DRI) raccomanda di mantenere uno stile di vita sano, seguire una dieta bilanciata e il praticare esercizio fisico regolare (almeno 10.000 passi al giorno). Inoltre suggerisce di controllare la glicemia a digiuno almeno ogni due anni.
Come forma di prevenzione dal diabete di tipo 2 il National Diabetes Services Scheme (NDSS) indica anche l’allattamento al seno che ha dimostrato avere benefici a lungo termine per la donna anche da questo punto di vista.
Non propriamente. Il diabete gestazionale (come le altre forme della malattia) non è ereditario in quanto non vi è una trasmissione genetica diretta dai genitori ai figli. Esiste però una familiarità tanto che l’Associazione Italiana Diabetici ODV spiega che avere un parente di primo grado con diabete di tipo 2 aumenta la probabilità di sviluppare il diabete gestazionale.
Come abbiamo anticipato, il diabete gestazionale può avere ripercussioni sia sulla gestante che sul nascituro. Sebbene nella maggior parte dei casi i bambini nascono sani, non sono da escludere complicazioni di vario tipo. Le principali conseguenze sui bambini di un diabete mellito in gravidanza non controllato e gestito correttamente sono: macrosomia fetale, iperglicemia fetale, sindrome da distress respiratorio, ittero, policitemia, iperviscosità, malformazioni congenite, aborto spontaneo, obesità infantile, parto pretermine, taglio cesareo e necessità di ricovero in un’unità di terapia intensiva neonatale e (ma in maniera meno comune) natimortalità.
Di per sé avere il diabete in gravidanza non significa che la malattia verrà trasmessa al figlio, ma la Mayo Clinic indica che tra le possibili conseguenze c’è anche quella che il bambino sviluppi il diabete di tipo 2 durante la crescita.
Nonostante la malattia scompaia dopo il parto, è necessario sottoporsi ad alcuni controlli per verificare che i livelli di glucosio nel sangue siano tornati nella normalità. L’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) suggerisce di effettuare un controllo glicemico prima delle dimissioni dal punto nascita, eseguire 4-5 controlli della glicemia entro i primi 10 giorni dopo il parto ed effettuare un test di tolleranza orale al glucosio (OGT) tra le 6 e le 12 settimane dopo il parto.
Nel caso in cui i controlli restituissero una curva glicemica normale, i successivi esami andranno ripetuti ogni 1-3 anni. In caso contrario (curva glicemica alterata o diabete ancora in corso) la donna viene presa in carico e seguita da un team specialistico e inserita in un percorso di follow-up riservato ai pazienti diabetici.
Anche il bambino viene controllo dopo la nascita sottoponendolo a un controllo della glicemia nelle 2-4 ore successive al parto.
Aver avuto il diabete mellito in gravidanza rappresenta un fattore di rischio per svilupparlo nuovamente in una successiva gestazione. Circa un terzo delle donne che hanno sperimentato il diabete gestazionale lo manifesta anche nelle gravidanze future. Per questo è importante, non appena si conferma una nuova gravidanza, informare subito i medici di riferimento per ricevere un’adeguata assistenza prenatale.
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