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Durante tutta la gravidanza si monitora la crescita del feto per prevenire i rischi legati alla macrosomia fetale, ovvero un peso alla nascita superiore ai 4.5Kg.
Partiamo dalla definizione di macrosomia fetale, fondamentale per inquadrare il fenomeno. La definizione raccolta dalle linee guida AOGOI (Associazione dei Ginecologi italiani) è quelle di considerare come macrosomia “un neonato che presenta un peso superiore a 4500 grammi (3) o superiore a 10 libbre, ciò che equivale a 4530 grammi”.
Il 10% dei neonati ha un peso superiore ai 4 Kg e l’1.5% supera i 4.5 Kg, rientrando quindi nella definizione di macrosomia fetale. A questo proposito è bene segnalare che il valore indicato per definire la macrosomia fetale assoluto e non legato all’età gestazionale (che è invece variabile). Per questo motivo “un peso neonatale o fetale stimato superiore al 90° percentile non può essere necessariamente considerato un sinonimo di macrosomia”.
Si tratta di una delle tante classificazioni che tentano di stabilire delle linee guida su un fenomeno molto particolare e per il quale dal punto di vista medico ci sono definizioni che possono leggermente variare tra di loro.
Per comprendere le cause della macrosomia fetale è utile concentrare l’attenzione sui meccanismi che si occupano dell’accrescimento del feto. Parliamo di molteplici meccanismi, alcuni dei quali non del tutto noti o il cui funzionamento non è perfettamente chiaro.
Volendo fare un’inevitabile classificazione e schematizzazione si possono individuare cause genetiche, cause ormonali e cause utero-placentari. Vanno inoltre considerati anche una serie di fattori di rischio che possono aumentare la probabilità di una macrosomia fetale: i principali sono l’obesità materna, l’altezza della donna e una gravidanza protratta.
Anche il diabete gestazionale è una delle patologie responsabili di macrosomia fetale, anzi è la causa più frequente, in quanto l’iperglicemia materna provoca un aumento dei livelli di glucosio nel sangue del feto al punto che il pancreas del feto è stimolato a produrre una maggiore quantità di insulina che determina la crescita degli organi del neonato.
È facile intuire le difficoltà che può comportare un parto vaginale di un bambino macrosomico. Il passaggio nel canale del parto risulta essere difficoltoso a causa delle dimensioni del bambino e comporta tutta una serie di criticità per la mamma e per il bambino stesso.
Le principali conseguenze sono quelle legate alle anomalie del travaglio, alle lesioni permanenti per il neonato, alla paralisi ostetrica e alla distocia di spalla. Questa complicazione avviene quando la discesa del bambino nel collo dell’utero si blocca dopo l’espulsione della testa, in quanto le spalle non riescono a passare. Si tratta di una condizione che può provocare una paralisi temporanea del braccio o una frattura della clavicola o dell’omero del bambino.
Altri rischi legati alla macrosomia fetale sono: trauma alla nascita, ipoglicemia, difficoltà respiratorie, aspirazione del meconio, aumento delle dimensioni del cuore (cardiopatia ipertrofica), ittero neonatale e una aumento esagerato del numero dei globuli rossi nel sangue (policitemia).
Per la donna i pericoli maggiori sono quelli legati al taglio cesareo, ma anche il rischio di un’emorragia post-partum, la rottura dell’utero, le lacerazioni perinatali e le infezioni. Per tutti questi motivi molti organi internazionali, tra cui l’American College of Obstetricians and Gynecologists, propongono di valutare il parto cesareo elettivo per ridurre i rischi per il bambino e per eliminare la maggior parte delle complicazioni materne e per non dover ricorrere al parto cesareo d’urgenza necessario nel caso in cui la testa del bambino non riesca a passare le pelvi della mamma.
Risulta quindi fondamentale la diagnosi che possa far sospettare che il peso alla nascita sia superiore ai 4.5Kg. Di certo c’è che la diagnosi ecografica è limitata e quindi non molto utile per stimare il peso fetale. Esistono diversi metodi (manovre, misurazioni e biometrie agli ultrasuoni) per individuare questa condizione, ma nessuno si rivela completamente affidabile o privo di criticità.
Parallelamente risulta decisiva anche la prevenzione delle complicazioni cui la donna e il bambino possono andare incontro. Questa procede fondamentalmente su due vie: l’induzione del parto (per evitare un’ulteriore crescita ponderale del feto) e il cesareo elettivo.
L’attenzione per il peso del feto è fondamentale per valutare diverse patologie, tra cui anche la sindrome di Down (Trisomia 21). In questi casi il peso e il tasso di accrescimento sono molto al di sotto della media e il controllo viene effettuato tramite diversi test di screening.
Alcuni sono non invasivi (e quindi stimano una probabilità) come la translucenza nucale e il test del DNA fetale, altri invece danno una diagnosi certa, come l’amniocentesi e la villocentesi, ma aumentano, seppur lievemente, il rischio di aborto.
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