I primi anni di vita di ogni bambino sono importantissimi perché sono quelli nei quali egli completa non solo lo sviluppo fisico, ma anche quello mentale e relazionale. È infatti durante l’età pediatrica che ogni bambino acquisisce competenze psicomotorie, emozionali e cognitive sviluppando e perfezionando le capacità sensoriali, la conquista della postura eretta, la capacità di camminare e comunicare e quella di essere sempre più autonomo e indipendente.

Competenze, queste, la cui acquisizione non è scontata ed è influenzata anche dall’ambiente nel quale il bambino cresce. Ed è sempre in questo periodo che possono manifestarsi i primi sintomi della disabilità intellettiva, una condizione che interessa l’1% della popolazione e che richiede particolare attenzione sia per la diagnosi che per la corretta gestione di un fenomeno che incide direttamente sulla qualità della vita di ogni persona coinvolta e, nelle forme più gravi, anche di coloro che se ne prendono cura.

Cosa sono le disabilità intellettive?

Un primo aspetto critico riguarda la definizione di disabilità intellettive, trattandosi di una realtà molto delicata e che può avere diverse manifestazioni anche molto variabili tra loro. Il DSM5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, definisce la disabilità intellettiva, ovvero il disturbo dello sviluppo intellettivo, come un disturbo che interessa il deficit del funzionamento intellettivo e adattivo negli ambiti concettuali, sociali e pratici. Il disturbo deve manifestarsi per la prima volta nel periodo dello sviluppo.

Il funzionamento intellettivo riguarda le capacità mentali generali come il ragionamento, il pensiero astratto, l’apprendimento scolastico e la capacità di giudizio, mentre il funzionamento adattivo è quello che fa riferimento alla capacità di far fronte alle esigenze della vita quotidiana, di prendersi cura di sé, di relazionarsi e di adeguarsi agli standard di autonomia per la rispettiva fascia d’età.

Perché si possa parlare di disabilità intellettiva, quindi, è necessario che siano rispettati questi tre criteri: la presenza del deficit delle funzioni intellettive, di quello del funzionamento adattivo e che l’esordio di tale condizione si verifichi durante il periodo dello sviluppo.

Inoltre l’American Association of Intellectual and Developmental Disabilities precisa che per parlare di disabilità intellettiva vi debba essere un QI (Quoziente d’Intelligenza) inferiore a 70-75 e una significativa limitazione di una do due più aeree adattative.

Le disabilità intellettive, quindi, comportano un’intelligenza e una capacità di adattamento inferiore rispetto alla media. Questo non significa che i bambini e le persone con disabilità intellettiva non imparino nuove abilità, ma che lo fanno più lentamente. Esistono infatti diversi gradi di disabilità intellettiva, da quelle più lievi a quelle più gravi ed è doveroso precisare come oggi non si utilizzi più il termine ritardo mentale in quanto è considerato offensivo e lesivo della dignità delle persone colpite da questa condizione.

Le possibili cause di disabilità intellettiva

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Foto iStock

A provocare una disabilità intellettiva possono contribuire diverse cause, da quelle genetiche a condizioni sorte dopo la nascita. A questo proposito è utile precisare come solamente nel caso in cui la disabilità intellettiva sia espressione di una condizione genetica è associata a un aspetto fisico tipico. L’intelligenza è determinata da diversi fattori, sia genetici che ambientali, motivo per cui, per quanto è una realtà rara e manifesta maggiormente nei casi rari, l’ereditarietà genetica può essere considerata un fattore di rischio.

Sono diverse le cause che possono provocare una disabilità intellettiva e per comodità è possibile distinguerle in genetiche o acquisite o in base al periodo in cui si manifestano; prenatali, che si determinano durante lo sviluppo in utero, perinatali, immediatamente prima e dopo la nascita e postanatali, che si sviluppano durante lo sviluppo pediatrico.

Tra le cause prenatali della disabilità intellettiva rientrano le anomalie cromosomiche, le patologie neurologiche, le infezioni congenite (tra cui rosolia, toxoplasma, cytomegalovirus, herpes simples, HIV), l’esposizione a farmaci e sostanze tossiche durante la gravidanza, la sindrome feto-alcolica e una grave malnutrizione materna durante la gestazione.

Le cause perinatali sono quelle legate a un’emorragia del sistema nervoso centrale, un parto pretermine, un basso peso alla nascita, un parto distocico, una preeclampsia, come conseguenza di problemi placentari o la mancanza di ossigeno durante il parto.

Durante l’infanzia e tutta l’età pediatrica i fenomeni di malnutrizione, la cosiddetta deprivazione ambientale (ovvero l’assenza di stimoli fisici, emotivi e cognitivi), le encefaliti virali e batteriche, malattie quali meningite, morbillo o pertosse, le intossicazioni croniche e i traumi cranici.

Anche la diagnosi riflette il periodo di insorgenza dei sintomi o dei disturbi tipici della disabilità intellettiva. In epoca prenatale, infatti, possono essere eseguiti test genetici e di screening per individuare le malattie che possono predisporre a un deficit intellettivo. Dalla nascita e per tutto il periodo della crescita vengono effettuati controlli, test e valutazioni del quoziente intellettivo e dello sviluppo mentale in modo da confermare la diagnosi, seguire l’andamento del trattamento e perfezionare la terapia.

I sintomi precoci di disabilità intellettiva

La grande variabilità delle cause determina anche un’elevata diversità dei sintomi che possono accompagnare la disabilità intellettiva. Molto dipende anche dalla gravità di una condizione che può non risultare chiara nei primi anni di vita e rivelarsi solamente in età scolare.

La sintomatologia della disabilità intellettiva va di pari passo con le tappe di sviluppo che il neonato prima e il bambino poi hanno nel corso della loro crescita. Nei primi mesi può essere un campanello d’allarme la difficoltà o il ritardo con cui il bambino riesce a rotolarsi, gattonare, stare seduto da solo o camminare. Anche per questo nei bilanci di salute i pediatri controllano, verificano e chiedono ai genitori se il proprio bambino ha raggiunto questi step.

Con il passare dei mesi e degli anni altri segni di disabilità intellettiva possono essere i disturbi del linguaggio, difficoltà nell’imparare a usare il vasino, mangiare da soli e vestirsi autonomamente, così come l’avere problemi a ricordarsi le cose e di comprendere come le azioni abbiano determinate conseguenze.

Con l’ingresso nella scuola e il confronto con i coetanei i bambini con disabilità intellettiva possono manifestare anche problemi comportamentali e difficoltà nel pensiero logico. Nelle forme più gravi la disabilità intellettiva può essere accompagnata anche da altri problemi di salute come l’ansia, l’autismo, i disturbi dell’umore, convulsioni, problemi di vista e udito o compromissione delle capacità motorie.

I gradi di disabilità intellettiva

Abbiamo fatto riferimento ai diversi livelli di disabilità intellettiva e dal punto di vista medico uno dei principali metodi di classificazione è quello che si basa sul QI. In questi casi si parla di:

  • Disabilità intellettiva lieve: QI da 52 a 70-75;
  • Disabilità intellettiva moderata: QI da 36 a 51;
  • Disabilità intellettiva grave: QI tra 20 e 35;
  • Disabilità intellettiva profonda: QI inferiore a 20.

Per una comprensione corretta della condizione di ciascun individuo non è sufficiente il risultato ottenuto dal Quoziente d’Intelligenza. Per questo la classificazione tiene conto anche dei livelli di supporto necessari (da intermittenti a totali) così come sui bisogni ma anche sui punti di forza di ciascuna persona in relazione alle richieste dell’ambiente circostante e delle aspettative.

Nelle forme di disabilità lieve e moderata, infatti, le persone possono apprendere, anche se più lentamente, le abilità pratiche tanto di condurre una vita ordinaria con livelli minimi di supporto. Nelle forme gravi si hanno limitate capacità di comunicazione (ma si riesce a comprendere il parlato) e l’apprendimento delle routine quotidiano è limitato tanto che in questi casi è necessario un livello di supporto costante e continuativo come quello offerto dalle cure familiari o da ambienti dedicati.

Nelle disabilità intellettiva profonda, invece, le persone non riescono a vivere in maniera autonoma e il supporto è finalizzato anche alla gestione della cura personale. In questi casi le capacità di comunicazione sono limitate così come quelle fisiche e in questi soggetti è più alto il rischio di comorbilità e una prognosi più critica tale da aumentare anche il rischio di mortalità.

Cosa fare se il bambino manifesta una disabilità intellettiva?

Compito di ogni genitore è quello di supportare la crescita dei propri figli e accompagnarli a essere indipendenti. Questo vale anche nei casi di disabilità intellettiva tenendo conto delle peculiarità di una condizione che, come abbiamo visto, può comportare diverse conseguenze. L’autosufficienza e l’indipendenza, infatti, sono legate alla dignità e alla qualità della vita delle persone che, seppur affette da una condizione a volte molto grave e che inevitabilmente genera difficoltà nella vita quotidiana, non le esclude dall’accesso alla vita sociale e normale (con tutto quello che questo termine può significare).

La disabilità intellettiva è una condizione che non si cura e che accompagna la persona coinvolta per tutta la vita. il trattamento e la gestione variano in base alla gravità dei sintomi e mirano a consentire, laddove possibile, il raggiungimento dell’autosufficienza in età adulta. La disabilità intellettiva non ha un andamento regolare e può alternare periodi di peggioramento a periodi di stabilizzazione.

Nonostante non si possa parlare propriamente di cura è possibile, nel caso di interventi precoci, tempestivi e duraturi, che l’adulto migliori a tal punto il proprio comportamento adattivo che la diagnosi di disabilità intellettiva risulti inappropriata a conferma dei progressi raggiunti.

In presenza dei segnali che possono far sospettare una condizione di questo tipo (che deve essere confermata da una specifica diagnosi) i genitori hanno il compito di incoraggiare i bambini sia nei loro punti di forza che nell’apprendimento di ciò che trova difficile. Ogni bambino, infatti, ha i suoi tempi e le sue capacità e anche quelli con disabilità intellettiva, se ben supportati e accompagnati, possono condurre una vita indipendente e soddisfacente.

In base alla gravità della condizione il supporto per la disabilità intellettiva richiede un approccio multidisciplinare. Può essere necessario un trattamento psicomotorio e uno logopedico così come una psicoterapia cognitivo-comportamentale e, laddove necessario, una farmacologica per la gestione dei sintomi.

In tutti i casi è fondamentale che i genitori intraprendano il più precocemente possibile qualsiasi tipo di intervento utile al miglioramento dei sintomi e alla gestione della disabilità intellettiva affidandosi a professionisti che sappiano guidarli e accompagnarli. L’attenzione, infatti, va posta anche sui genitori sui quali spesso grava una evidente difficoltà cui non è facile (e in alcuni casi impossibile) far fronte in maniera autonoma.

Il ricorso a psicologi, assistenti sociali e altre figure mediche specializzate è indispensabile e cruciale per evitare il peggioramento del quadro clinico del bambino e assicurare anche ai genitori la serenità e la fiducia necessarie per svolgere il loro ruolo educativo e familiare.

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  • Salute e Benessere