La pertosse (detta anche tosse convulsa o tosse canina) è una malattia tipicamente infantile (come la rosolia, la varicella, la parotite e il morbillo) che interessa soprattutto i bambini con meno di 5 anni. Sebbene sia una malattia endemica è, nei Paesi nei quali è stata introdotta la relativa vaccinazione, diventata rara anche se, come riportato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nel suo andamento mostra ogni 3-5 anni un aumento dei picchi nel numero di casi.

È importante non sottovalutare la pertosse sia per ribadire l’importanza dell’adeguata vaccinazione (anche per quel che riguarda i richiami) sia perché i neonati con meno di 6 mesi possono contrarre una forma grave tale da causarne anche la morte.

Cos’è la pertosse?

Parliamo di una malattia infettiva altamente contagiosa e di origine batterica causata dal batterio Bordetella pertussis. L’uomo è l’unico serbatoio conosciuto del batterio, motivo per cui il contagio avviene solamente tra esseri umani. La pertosse può essere contratta anche dai neonati di madri immuni in quanto sembrerebbe, come evidenziato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che gli anticorpi materni non riescano a proteggergli da questa infezione.

La diffusione del batterio, spiega il portale MedlinePlus, avviene mediante i colpi di tosse, gli starnuti o respirando vicino ad altre persone e trasmettendo loro la malattia. In alcuni casi, ma più rari, anche il contatto con una superficie infetta può permettere la diffusione del batterio.

I dati sulla diffusione

La pertosse è una malattia diffusa in tutto il mondo in cui attualmente il 90% dei casi si verifica nella popolazione non vaccinata. È quindi maggiormente diffusa nei Paesi che non prevedono questa vaccinazione e quando i genitori si rifiutano di vaccinare i loro bambini. Anche per questo motivo, come evidenziato dalla Società Italiana di Pediatria (SIP), negli ultimi 10 anni l’incidenza di questa malattia (che ha una stagionalità estivo-autunnale) è aumentata.

Tra le particolarità della pertosse e che contribuiscono a spiegarne la diffusione c’è un’immunità che declina lentamente nel corso del tempo. Come spiegato dal Ministero della Salute, a differenza di altre malattie infantili, persone che hanno avuto la pertosse da bambini possono andare in età adulta o in età avanzata nuovamente incontro alla malattia, anche se molto più lieve o addirittura asintomatica. Nonostante questo, però, possono contribuire alla diffusione del batterio.

Nei Paesi occidentali si assiste a un preoccupante aumento della diffusione della malattia tra gli adolescenti e gli adulti che, non effettuando i relativi richiami della vaccinazione, vanno incontro a una riduzione o perdita della loro protezione immunitaria. Parallelamente a essere più esposti sono i neonati sia perché più a rischio di contrarre la forma grave sia perché non hanno ancora iniziato o completato il proprio ciclo di vaccinazione.

Fino all’introduzione dei relativi vaccini circa l’80% delle persone contraeva prima dell’adolescenza la malattia. Oltre alla vaccinazione anche la terapia antibiotica ha contribuito a diminuire l’incidenza e la letalità che, altrimenti, nelle forme severe nei primi due anni di vita era associata a un tasso di mortalità dello 0,2% nei Paesi sviluppati e anche del 4% in quelli in via di sviluppo.

I sintomi della pertosse

Una volta entrati a contatto con il batterio inizia il periodo di incubazione che può durare anche per una decina di giorni. La malattia può variare di intensità in base all’età e allo stato di immunità del bambino ma solitamente i sintomi sono simili a quello di un comune raffreddore (starnuti, febbre, tosse, naso che cola).

Ci sono poi tre fasi in cui si articola la malattia: la fase catarrale, la fase parossistica (o convulsiva) e la fase di convalescenza.

  1. Nella prima fase, che può durare 1-2 settimane i sintomi sono quelli classici di un comune raffreddore che si intensificano con il passare dei giorni. In questa fase il trattamento antibiotico è più efficace.
  2. Nella fase parossistica si hanno attacchi di tosse molto frequenti caratterizzati dal cosiddetto urlo inspiratorio. È il suono che il bambino emette per riprendere fiato dopo ogni violento colpo di tosse. Gli attacchi di tosse possono provocare anche vomito, cianosi, epistassi o emorragie sottocongiuntivali. Nelle prime due settimane gli attacchi di tosse tendono ad aumentare per poi rimanere stabili per altre 2-3 settimane per poi iniziare a diminuire gradualmente.
  3. L’ultima fase è quella nella quale gli attacchi di tosse diventano meno frequenti e intensi e il bambino migliora le sue condizioni di salute generali.

Le conseguenze e i rischi

Gli adolescenti e gli adulti solitamente guariscono dalla malattia senza alcun tipo di conseguenza. Le principali complicanze della pertosse sono per i bambini piccoli e sono tali da richiederne il ricovero ospedaliero. Queste complicanze sono dovute agli eccessi di tosse e possono portare ad avere costole incrinate, rotture dei vasi sanguigni nella pelle o negli occhi, ernie addominali e sanguinamento dal naso.

Ci sono poi complicanze dovute da sovrainfezioni batteriche, e sono le più gravi, che possono portare a polmonite, bronchite, otite e complicazioni neurologiche quali encefalite e crisi convulsive. Il Manuale MSD aggiunge anche l’ernia ombelicale, il prolasso rettale, le emorragie cerebrali, cutanee, oculari e mucose con quelle cerebrali che possono portare a paralisi spastica o disabilità intellettiva.

Il vaccino contro la pertosse

Vaccino-pertosse
Fonte: iStock

Contro la pertosse esiste il relativo vaccino che, come riferito dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, è spesso inserito nel vaccino trivalente (insieme a quello contro la difterite e il tetano), in quello quadrivalente (al quale si aggiunge quello contro la poliomielite) o in quello esavalente (anche contro l’epatite B e l’Haemophilus influenzae di tipo B).

Si tratta di un vaccino acellulare formato da alcune componenti del batterio che sono state inattivate e purificate. La formulazione per i bambini viene utilizzata fino ai 6 anni, dai 7 anni e per i richiami si utilizza una formulazione per adulti che contiene una concentrazione minore delle componenti del vaccino.

La vaccinazione è obbligatoria in Italia e rivolta a tutti i neonati a partire dall’ottava settimana di vita e nel primo anno vengono somministrate tre dosi. A 5-6 anni è previsto il primo richiamo (contenuto nel vaccino quadrivalente) e il successivo è tra gli 11 e i 18 anni. L’indicazione è quella di effettuare richiami mediamente una volta ogni 10 anni. Il vaccino contro Difterite, Tetano e Pertosse è raccomandato anche a tutte le donne in gravidanza intorno alla ventottesima settimana di gestazione.

Le cure e le terapie

Per la conferma diagnostica della pertosse, anche considerando come i sintomi iniziali sono simili a quelli di altre comuni malattie respiratorie, può essere richiesta una coltura batterica, una reazione a catena della polimerasi (PCR), esami del sangue, radiografia del torace ed esami sierologici.

La cura si basa essenzialmente su una terapia antibiotica (azitromicina e claritromicina) che se iniziata prima della fase parossistica riduce la durata della malattia e il tempo di contagio. Parallelamente per la gestione dei sintomi può essere utile assumere sedativi, farmaci antitosse e farmaci antispasmo.

Durante le fasi della malattia è utile che il bambino resti idratato e, per evitare il vomito dopo i colpi di tosse, è preferibile consumare pasti di quantità ridotte ma più frequenti.

L’igiene delle mani, l’evitare di toccarsi il viso con le mani non lavate, la pulizia delle superfici e l’evitare il contatto ravvicinato con persone malate sono alcuni degli accorgimenti da adottare per prevenire la diffusione della malattia.

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