Anonimo

chiede:

Gentile dottore,
sono una “primipara attempata” in dolce attesa. Prima di sospendere ogni
forma di precauzione anticoncezionale ne ho discusso con il padre del
nascituro ed entrambi eravamo d’accordo nel lasciare che le cose
andassero come dovevano andare dato che entrambi sentivamo, in caso di
ulteriore attesa, il rischio di perdere l’opportunità di viversi una
esperienza di maternità/paternità.
Ma se è vero che abbiamo scelto consapevolmente di avere un figlio, non
abbiamo mai neanche pensato di sposarci.
Fosse per me e lui, potremmo continuare a vivere insieme senza sentire il
bisogno di “formalizzare” il legame di fatto.
Ora però comincio a preoccuparmi per l’eventuale disagio psicologico che
potrebbe vivere il mio bimbo nel sentirsi in qualche modo “diverso” a
causa nostra.
Idem per il discorso battesimo. Pur avendo avuto una formazione religiosa
cattolica non pratico e non sento il desiderio di praticare i riti
religiosi.
Con mio padre ci sono stati problemi in passato e in questo momento i
nostri rapporti non solo non sono buoni ma neanche gli parlo. Mia madre
non c’è più. La madre del mio compagno ci tiene al battesimo. Anche
l’altro nonno, quello paterno, è venuto a mancare.
Che fare? Dare priorità ai desideri “formativi religiosi” dell’unica
nonna che il mio bimbo conoscerà? Sposarci e battezzarlo solo per farlo
sentire normale in una famiglia che si è dovuta normalizzare per lui? E’
sufficiente come ragione per il grande passo?
E in caso affermativo perché io non sento il desiderio di sposarmi e
neanche di battezzarlo? Ciò, voglio dire … il perché io lo so… sto
bene così e ogni altra cosa in più fatta mi sembrerebbe una pagliacciata
non voluta e non sentita.
Per amore di un bimbo desideratissimo e in arrivo è bene improvvisarsi
anche un po’ pagliacci all’occorrenza?
Grazie anticipatamente per l’eventuale risposta.

Il regalo più prezioso, e l’esempio educativo più importante, che lei e il
suo compagno potete dare a vostro figlio fin d’ora è l’onestà, l’essere ciò
che siete senza fare cose che non sentite necessarie o celebrare riti in cui
sentite di non credere, che non vi appartengono. Sono profondamente convinta
che la trasparenza, la correttezza, il rispetto di se stessi e delle proprie
credenze, il contatto con i propri bisogni intimi invece che con le
necessità di “apparire” socialmente corretti siano un esempio di vita
insostituibile per un bambino. Crescere in una famiglia dove non si
critichino continuamente le scelte altrui, ma si rivendichi il diritto di
ognuno ad essere “diverso”, a scegliere solo le cose che ognuno sente
importanti per sé, questo credo che sia davvero importante. Non sottovaluti
poi il fatto che la realtà delle coppie non sposate che hanno figli è molto
più vasta di quello che crede. Per quanto riguarda il battesimo, credo che
lei sia “incastrata” tra il piacere di accondiscendere le aspettative degli
altri (“Ma come! Non lo battezzi??”) e il bisogno di affermare il suo
diritto di scelta, per il bene di suo figlio, per la coerenza con i suoi
pensieri e le sue convinzioni in fatto di religione. Mi troverà sempre e
incondizionatamente strenua sostenitrice di questa seconda istanza.
Infine, per quanto riguarda la nonna: lei può scegliere di non battezzare
suo figlio, dopodiché sua suocera potrà offrire a suo figlio, quando sarà
più grande e in grado di comprendere, un insegnamento religioso, in modo che
suo figlio cresca nella consapevolezza che esistono persone diverse, che
fanno scelte diverse, che hanno bisogni e pensieri diversi. E nella
diversità crescerà comprendendo invece di averne paura, e potrà scegliere se
quell’insegnamento religioso che la nonna gli propone ha per lui valore e
senso, oppure no.
Un cordiale saluto

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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