Anonimo

chiede:

Gentile dottoressa, scrivo cercando un aiuto nella mia vita disperata. Ho 35 anni e sono sposata da 7 anni con un uomo con cui ho condiviso tante gioie una splendida vita di coppia ma soprattutto dolori. Un tumore mio fortunatamente risolto, una gravidanza stoppata al 6° mese ed in fine la nascita del mio bellissimo bambino di 19 mesi nonostante l’insorgenza della sindrome di hellp! Da circa 2 anni non ho più rapporti con mio marito, né fisici né verbali, viviamo in assoluto silenzio! Lui è molto preso dal suo lavoro rientra a casa la sera distrutto e muto! Quando cerco di parlare della nostra situazione dice che va tutto ok e che lui non ha ancora deciso cosa fare. Ho proposto l’aiuto di uno psicoterapeuta di coppia che lui ha scartato a priori, ho cercato di ricominciare, cosa che non vuole assolutamente fare, insomma non so più cosa fare! Mi sento uno schifo come donna, dal momento che l’unico appiglio della mia vita è mio figlio, mi sono trascurata fisicamente dal momento che vivo solo per il mio bambino, ho un lavoro che non mi soddisfa ma che mi consente di vivere anche se nel precariato, ma soprattutto mi sento uno schifo come mamma! Come posso concepire un figlio e poi divorziare nell’arco del suo primo anno di vita? Sono stanca di fare tutto io in casa, sono stanca di questa situazione, sono stanca di non avere qualcuno che mi sappia consolare nei miei momenti tristi, nelle mie notti in bianco per l’angelo del mio bambino, e l’unica cosa che il mio dolce marito mi dice è che non mi riesce a perdonare di aver voluto un secondo bambino subito dopo la perdita del primo. Premessa che è passato un anno dalle 2 gravidanze e che non ho abusato di lui contro la sua volontà! Inoltre non saprei neppure come tirare avanti avendo un lavoro precario e soprattutto stando lontano dai miei famigliari. Non riesco a prendere una decisione dal momento che per il mio bambino la figura del padre è molto importante e anche perchè non avrei la forza di ricominciare una vita a 35 anni da sola. Cosa fare? Non mi sembra neppure il caso di parlarne in famiglia dal momento che i nostri cari sono lontani e che lui durante le vacanze si comporta come un perfetto padre, ma soprattutto solo apparentemente come un attento e premuroso marito. Ho la testa che mi scoppia e mi scuso fin da adesso per il tempo che vi faccio perdere. Sono sempre stata una donna forte, ma adesso non lo sono più! Grazie,

Carissima Stefania, la parola che più di tutte lei ha ripetuto in questa sua lunga, accorata lettera è “stanca”. E come non potrebbe esserlo? Ha sulle spalle una situazione difficilissima, ed in più si addossa colpe che non le appartengono. Il quadro che dipinge della sua vita di coppia è quantomeno desolante, in realtà lei è a tutti gli effetti una madre che sta crescendo suo figlio da sola. La presenza di suo marito in casa, da quel che capisco, è solo fisica, e nei suoi riguardi svalutante, accusatoria, rifiutante. Credo che per lei debba essere molto umiliante vivere in questa situazione. Io credo che ci siano due piani di problemi: il piano economico-organizzativo, che chiaramente condiziona le sue scelte e che ha ovviamente un peso notevole nella sua eventuale decisione di chiudere il suo matrimonio o meno. Ma c’è anche il piano relazionale-affettivo, che immagino come un deserto, fatto di mutismo, silenziose accuse, sguardi che neanche si incrociano. Lei si chiede come può concepire un figlio e divorziare nell’arco del suo primo anno di vita, e dice anche, giustamente, che per il bambino suo padre è una figura importante. E ci mancherebbe che non lo fosse. Ma io le rigiro la domanda: è davvero la cosa migliore per un bambino crescere in questo deserto relazionale? Crescere in un’atmosfera di palpabile tensione, vedere che i genitori si ignorano, sentire tutta la frustrazione e il dolore della mamma che si sente uno schifo ed una fallita? Non si faccia ingannare dalla piccola età di suo figlio: i bambini sono dei “radar emotivi” infallibili, captano (e soprattutto assorbono) il clima affettivo che ruota intorno a loro, anche quando gli adulti pensano di riuscire a tenerlo ben nascosto. Proteggere suo figlio non significa evitargli il trauma della separazione, bensì non fargli respirare tutta l’amarezza, l’umiliazione, la disillusione, il rancore che abitano la vostra casa. Suo figlio imparerà da lei e da suo marito come relazionarsi con il mondo e le altre persone. Se il modello che gli offrite è quello che mi ha descritto, la invito caldamente a prendere in considerazione i pro ed i contro del mantenere in piedi il suo matrimonio con queste modalità. Che non significa necessariamente la separazione (questa è una decisione che ovviamente spetta solo a lei, anche in considerazione delle possibilità economiche legate a questa scelta), ma può voler dire trovare il modo per lei e suo marito di mettere al primo posto non i vostri rancori ma i bisogni di vostro figlio, e di costruire le basi per una convivenza che, se ha perso la connotazione dell’amore, può comunque essere una civile vita in comune che offra al vostro bambino un clima caldo ed un modello relazionale sicuro, affettuoso, positivo. Con cordialità

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

Fai la tua domanda Tutte le domande
Ti è stato utile?
Non ci sono ancora voti.
Attendere prego...

Specializzazione

  • Psicologo