Erika è una giovane donna che ama definirsi la “mamma imperfetta di una piccola grande guerriera”. Grazie a un profilo Instagram seguitissimo e a un blog, dal nome #TeamRebecca, Erika racconta la vita quotidiana, tra infinite gioie e tante difficoltà, insieme alla figlia Rebecca, una bimba di sei anni affetta dalla sindrome di Pfeiffer.

Si tratta di una malattia genetica molto rara, caratterizzata dalla fusione prematura di alcune ossa del cranio, che colpisce la struttura della testa e del viso e che può portare a malformazioni di gravità variabile alle mani e ai piedi oltre che a problemi respiratori, neurologici, all’occhio e all’orecchio.

Questa fusione prematura delle ossa del cranio, che colpisce 1 su 100.000 nati, è dovuta a una mutazione del gene FGPR e provoca di norma un aspetto schiacciato alla parte centrale e occhi particolarmente grandi e sporgenti. In genere le suture craniche si chiudono verso i due anni di vita, nei bambini che nascono con questa sindrome, si chiudono invece in utero o nei primi mesi di vita, provocando una craniostenosi.

Erika, che ha scoperto della malattia della figlia solo a sette mesi dalla sua nascita, ha deciso di raccontare attraverso i social la sua storia, coraggiosa e intensa, per sensibilizzare sul tema della disabilità, far conoscere il coraggio e la forza della piccola Rebecca ma anche per mettersi alla ricerca di altre famiglie alle prese con la sindrome di Pfeiffer e ottenere supporto reciproco in questo complesso viaggio attraverso il mondo della diversità.

E, infatti, Erika e il compagno si sono ritrovati catapultati in questo mondo di colpo, senza alcun preavviso. Durante l’ecografia morfologica erano stati evidenziati solo degli occhi più grandi rispetto alla norma, che non avevano destato particolare preoccupazione né spinto i medici a effettuare esami diagnostici più approfonditi. È solo dopo la nascita della piccola, avvenuta prematuramente, che sono emersi i dettagli più preoccupanti.

Siamo stati dimessi con sospetto di Sindrome di Crouzon, una sindrome cugina di quella di Pfeiffer, ma meno grave. Poi, durante il peggior ricovero di Rebecca, a maggio del 2016, sono state fatte indagini genetiche e abbiamo avuto la conferma della Sindrome di Pfeiffer.

Da lì, i primi tempi sono stati in salita: quattro operazioni nel giro di poco tempo e un intero mese passato in terapia intensiva. Sono stati però proprio questi momenti difficili, e il loro superamento, a far capire a Erika quanto fosse fondamentale godere delle più piccole gioie della vita, anche in mezzo a una mare di difficoltà. E da quando Rebecca è tornata a casa, è questo lo spirito con cui mamma Erika affronta ogni singolo e preziosissimo attimo con la sua piccola. La sua storia e il racconto social che ogni giorno ne viene fatto, tra normalità e straordinarietà, rappresentano poi un esempio e un incoraggiamento grandissimo per tutte le mamme che si trovano a vivere l’esperienza difficile della disabilità.

Ma oggi, da quei giorni lontani e cosi difficili, di passi avanti ne sono stati fatti tantissimi: Rebecca cammina, gioca, si diverte, impara e vive una vita ricca di emozioni e amore, come tutti i bambini, seppur con qualche attenzione o medicinale in più, delle visite in ospedale e tanta fisioterapia. Il tutto, però, con una buona dose di speranza, ottimismo e tanta felicità.

Ed è proprio questo il messaggio che Erika e la sua famiglia speciale e coraggiosa comunicano: vivere il presente con gratitudine e godere delle bellezze che questa vita ci regala, non senza difficoltà e ostacoli. Per ricordarlo, basta soffermarsi sullo sguardo della piccola Rebecca, che afferra la vita senza paura e prende tutto ciò che le offre con un sorriso stampato sul volto e gli occhi piena di meraviglia.

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