La sindrome di Pfeiffer è una malattia genetica rara presente in un neonato su 100.000. È caratterizzata dalla chiusura precoce delle suture craniche e da malformazioni delle mani e dei piedi di gravità variabile.

Vediamo insieme quali sono le cause e come si manifesta la malattia.

Le cause della sindrome di Pfeiffer

La sindrome di Pfeiffer è dovuta alla mutazione dei geni FGFR1 o FGFR2. Questi geni forniscono istruzioni per la produzione di proteine note come recettori di crescita dei fibroblasti 1 e 2 che, tra le altre cose, durante lo sviluppo embrionale servono a fornire alle cellule immature l’impulso a diventare cellule ossee.

Per cui, se i geni FGFR1 o FGFR2 sono mutati, la funzione di queste proteine risulterà alterata e potrà portare alla fusione prematura delle ossa del cranio e compromettere il normale sviluppo delle ossa delle mani e dei piedi. Nella maggior parte dei casi, la mutazione non è ereditaria ma compare spontaneamente (de novo) durante lo sviluppo dell’embrione.

Segni e sintomi della sindrome di Pfeiffer

La sindrome di Pfeiffer è caratterizzata da segni clinici variabili. I più comuni sono:

  • forma anomala del cranio, di solito identificata già durante il periodo gravidico mediante l’ecografia morfologica;
  • fusione parziale cutanea del 2° e 3° dito (meno frequentemente del 3° e 4° dito), a volte associata a dita più corte del normale (brachidattilia) e ad alluci e pollici più larghi;
  • occhi distanti tra loro (ipertelorismo) con rima palpebrale rivolta verso il basso;
  • radice nasale depressa;
  • ridotto sviluppo (ipoplasia) mascellare con protrusione della mandibola rispetto alla mascella;
  • fronte larga;
  • ampliamento della volta cranica.

A questi segni caratteristici si associano disturbi che possono riguardare la respirazione, la vista, l’udito o il sistema nervoso.

Sindrome di Pfeiffer: classificazione e tipologie

sindrome di Pfeiffer

In base al grado di coinvolgimento del cranio, e quindi della gravità dei disturbi correlati, si distinguono tre sottotipi della malattia:

  • tipo 1, la forma meno comune ma più grave, è caratterizza da un’ipoplasia facciale medio-grave e da anomalie delle mani e dei piedi. Di solito, lo sviluppo cognitivo non è compromesso;
  • tipo 2, più comune, con la presenza di una deformazione che determina una trilobatura del cranio, che viene perciò definito a trifoglio. Inoltre, è sempre accompagnata da una marcata sporgenza dei globi oculari con possibile fuoriuscita più o meno parziale dell’occhio;
  • tipo 3, simile al tipo 2, è anch’esso associato a manifestazioni più gravi della malattia. Ѐ presente una marcata protuberanza oculare e il cranio ha forma appiattita e non a trifoglio (per questo si distingue dal tipo 2).

Altre possibili complicazioni associate ai tipi 2 e 3 comprendono i difetti dello sviluppo cerebrale, a causa della prematura fusione delle ossa del cranio, la sordità simmetrica e bilaterale, l’ostruzione delle vie aeree e l’apnea ostruttiva durante il sonno.

Sindrome di Pfeiffer: sopravvivenza e aspettative di vita

Anche se nei casi più gravi (il tipo 2 e il tipo 3) il rischio di morte precoce dovuto a complicazioni respiratorie e neurologiche è elevato, il trattamento tempestivo dei sintomi può migliorare la prognosi.

Il tipo 1 della sindrome, invece, si associa a uno sviluppo psicomotorio e a una sopravvivenza, solitamente, nella norma.

Gli interventi per la sindrome di Pfeiffer

Il trattamento dei sintomi della sindrome comprende, come prima cosa, la correzione chirurgica delle anomalie della forma del cranio. Solitamente, questa ricostruzione cranica viene fatta tra i 4 e i 12 mesi di vita. Ma può essere anticipata nel caso in cui sia presente un’ipertensione endocranica e un accumulo di liquido nel cervello (idrocefalo).

Successivamente, si può procedere con un intervento chirurgico facciale ricostruttivo, per correggere lo sviluppo ridotto o incompleto delle ossa del viso e la mancata chiusura delle palpebre. Se sono presenti gravi apnee ostruttive, e in attesa dell’intervento di allungamento delle ossa facciali, si può ricorrere alla ventilazione meccanica non invasiva durante il sonno.

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