Diagnosticare una malattia genetica, specie se rara, è sempre motivo di grande preoccupazione. In realtà non tutte le malattie genetiche costituiscono necessariamente un pericolo per la vita o per creare condizioni sfavorevoli, come nel caso della sindrome di Alagille.

Parliamo infatti di una malattia genetica rara (la cui incidenza è di circa 1 caso su ogni centomila) che ha una grande variabilità per cui ci sono casi molto critici e pericolosi e altri molto più innocui.

Cos’è la sindrome di Alagille?

La sindrome di Alagille, indicata anche con l’acronimo ALGS, è un disturbo multisistemico che coinvolge, quindi, diversi organi e parti dell’organismo. Nel caso della sindrome di Alagille parliamo di una condizione le cui manifestazioni cliniche comprendono “la malattia epatica, la cardiopatia congenita, i dismorfismi facciali, le anomalie scheletriche e le anomalie oculari”.

Da cosa è causata la sindrome di Alagille?

Dal punto di vista medico la sindrome di Alagille è una malattia autosomica dominante. Le cellule che compongono il nostro organismo sono composte da 23 coppie di cromosomi, di cui solo una (XX per le donne e XY per gli uomini) è sessuale; le altre ventidue non lo sono e sono definite autosomi.

Le malattie a trasmissione autosomica dominante, come la sindrome di Alagille, sono quelle in cui uno dei due geni è mutato, mentre l’altro è normale e quello mutato è più forte (dominante) rispetto a quello normale e determina la malattia.

Questo significa che un genitore che ha uno dei geni modificato ha il 50% di trasmettere questa anomalia genetica al proprio figlio durante ogni gravidanza. Propriamente, invece, la sindrome è causata dalle mutazioni patogene del gene JAG1, mentre più raramente del gene NOTCH2.

I sintomi della sindrome di Alagille

Tra le manifestazioni tipiche della sindrome di Alagille la malattia epatica è quella maggiormente presente (nel 95% dei casi) e nei neonati (entro i primi tre mesi di vita) si manifesta con “ittero colestatico e incremento degli indici di citolisi”.

L’altro grande effetto è la riduzione dei dotti biliari del fegato (i condotti che distribuiscono la bile, la sostanza che si occupa dell’assorbimento di vitamine e grassi e di eliminare il colesterolo in eccesso). Questa riduzione comporta:

  • un prurito intestinale con placche cutanee;
  • anomalie facciali;
  • un ittero;
  • accumuli di grasso a livello sottocutaneo;
  • reni displastici (patologia per la quale lo sviluppo dei reni è anomalo e incompleto);
  • problemi legati alla mancata o irregolare assunzione di vitamine (soprattutto la A, la D, la E e la K).

In questo senso si possono avere:

  • indebolimento nello sviluppo delle ossa;
  • rallentamenti della crescita neonatale;
  • malformazioni oculari;
  • disturbi della vista.

Nel 90% dei casi si hanno delle malformazioni cardiovascolari e anomalie oftalmiche, soffi cardiaci, mentre nell’80% anomalie scheletriche come le vertebre “a farfalla”.

Sindrome di Alagille: diagnosi

La diagnosi è sostanzialmente quella differenziale relativa ai sintomi che si sono manifestati, all’anamnesi familiare e lo screening di laboratorio per valutare la funzionalità epatica.

In base alle risposte di questi primi esami si procedere con un iter diagnostico specifico. Questo può prevedere un’indagine genetica, una biopsia epatica, un’ecografia e la colangiografia (una tecnica radiografica che verifica l’anatomia del tratto biliare).

È importante sottolineare come una diagnosi precoce può portare a risultati migliori per il trattamento delle patologie. La diagnosi è fondamentale anche per evitare complicanze tali, come le lesioni cardiache o l’insufficienza epatica, che possono portare anche alla morte.

Trattamenti per la sindrome di Alagille

Non esiste un trattamento per la sindrome di Alagille, ma si interviene con la cura dei sintomi che si sono manifestati.

I principali elementi del trattamento, come ricordato dall’Associazione Culturale Pediatri, è quella del “sostegno alla nutrizione, la supplementazione vitaminica, il sollievo del prurito (UDCA, antistaminici, terapie topiche) e la gestione delle eventuali complicanze renali e cardiache”. Nel caso in cui i sintomi dovessero diventare gravi e incontrollabili diventa necessario il trapianto epatico.

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