
Congedo di maternità e congedo di paternità, congedo parentale, permesso per malattia figli, maternità anticipata: tutti concetti giuridici per ...
Per agevolare il rientro al lavoro dopo il congedo di maternità la legge prevede alcune misura a tutela della donna lavoratrice: vediamo insieme quali sono.
Conciliare famiglia e lavoro è una sfida che ogni giorno mette alla prova i genitori. A venire penalizzate sono spesso le donne, che si trovano a fare i conti da una parte con una nuova condizione genitoriale che rende la gestione della vita quotidiana senza dubbio più impegnativa, dall’altra sono alle prese con una pressione sociale fortissima e una mentalità che è ancora, in molti ambiti, maschilista.
Per questi motivi, oltre che per le implicazioni psicologiche, tornare a lavorare con soddisfazione dopo la maternità può essere particolarmente impegnativo. Per tutelare il rientro delle madri lavoratrici nell’ambiente lavorativo dopo il congedo di maternità la normativa in vigore prevede una serie di diritti volti a conciliare vita privata e vita professionale.
Nonostante questo, come mostrano anche gli ultimi report sulla situazione italiana delle mamme lavoratrici, non è sempre automatico (né semplice) conciliare l’una e l’altra sfera della vita di una donna. E la scelta non sempre è davvero libera.
Le madri che lavorano possono beneficiare di una serie di diritti, garantiti dalla legge. Tra questi si trovano:
La legge italiana vieta al datore di lavoro di licenziare la lavoratrice dall’inizio della gravidanza fino al primo compleanno del bambino. Il divieto di licenziamento vale anche se il datore di lavoro, al momento del licenziamento, non era a conoscenza dello stato interessante della sua dipendente. Come spiegato nel Testo unico della maternità, il divieto di licenziamento non si applica nel caso:
Va da sé che il licenziamento intimato durante lo stato di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino, oppure motivato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale o per malattia del bambino o, ancora, discriminatorio, è nullo e comporta la reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro.
La reintegrazione è prevista in favore di tutte le lavoratrici, a prescindere che siano state assunte prima del 7 marzo 2015 – secondo l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori – o dopo – con applicazione del decreto legislativo 23/2015 attuativo del Jobs Act.
Capita, purtroppo, che le donne che rientrano al lavoro dopo il congedo di maternità trovino un ambiente “ostile” o vengano demansionate. La legge però avverte:
Al termine dei periodi di divieto di lavoro previsti dal Capo II e III, le lavoratrici hanno diritto di conservare il posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate all’inizio del periodo di gravidanza o in altra ubicata nel medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno altresì diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
Secondo la normativa vigente, una donna non può essere impiegata in lavori notturni (dalla mezzanotte alle sei del mattino) a partire dall’inizio della gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino. Non sono obbligate a lavorare di notte le mamme con figli di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il papà che convive con lei.
Se la lavoratrice (o il lavoratore) è l’unico genitore affidatario, il diritto di astensione dal turno di notte si estende fino ai dodici anni di età del bambino.
La legge indica che durante il primo anno di vita del bambino il datore di lavoro deve consentire alle mamme che lavorano due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata (vengono chiamati anche “permessi per allattamento”). Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore:
I periodi di riposo […] hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall’azienda. I periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
Se la mamma è una lavoratrice autonoma, il papà ha il diritto di avvalersi dei riposi orari giornalieri. Lo stesso discorso vale anche nel caso in cui la madre, pur essendo una lavoratrice dipendente, scelga di rinunciare alla riduzione oraria e, secondo alcune recenti sentenze, se la mamma è casalinga.
Congedo di maternità e congedo di paternità, congedo parentale, permesso per malattia figli, maternità anticipata: tutti concetti giuridici per ...
I permessi per allattamento prevedono quindi la riduzione dell’orario di lavoro giornaliero di una o due ore a partire dal terzo mese di vita del bambino e fino al compimento del primo anno di età.
Il congedo di maternità spetta alle lavoratrici che abbiano adottato un bambino, per una durata complessiva di cinque mesi, esattamente come avviene per le mamme che partoriscono. In caso di adozione nazionale, la lavoratrice può usufruire del congedo nei primi cinque mesi successivi all’ingresso del bimbo in famiglia.
Per l’adozione internazionale il congedo può anche cominciare prima dell’arrivo del bambino in Italia, durante la permanenza dei genitori (la durata complessiva resta di cinque mesi).
Anche i riposi giornalieri e il congedo per malattia previsti per i genitori biologici si applicano in modo analogo a quelli adottivi.
Le madri lavoratrici che rassegnano le dimissioni entro il primo anno di vita del figlio hanno diritto all’indennità di disoccupazione, nonché all’indennità sostitutiva del preavviso, come se le dimissioni fossero rassegnate per giusta causa.
Visto il divieto di licenziamento entro il primo compleanno del bambino, infatti, la legge nazionale equipara la fattispecie delle dimissioni volontarie a quella del licenziamento, purché avvenga appunto entro questo preciso limite temporale.
Quali sono le tutele previste per le lavoratrici autonome in gravidanza? Scopriamo tutte le misure esistenti cui fare riferimento.
Grazie alla circolare 32 del 20 marzo 2023 dell'INPS, anche i padri hanno il diritto di non perdere il posto di lavoro per tutti i primi 12 mesi di...
Il messaggio numero 4025 dell’8 novembre riguarda le lavoratrici e i lavoratori dipendenti del settore privato e gli iscritti alla Gestione Separ...
La misura è prevista, in via sperimentale per il 2022, per le neomamme lavoratrici dipendenti del settore privato che tornano al lavoro. Dura 12 m...
L'obiettivo è quello di raggiungere una maggiore parità di genere. La nuova legge prende in considerazione diversi modelli di famiglia.
Dal questo giorno entrano in vigore le novità normative che riguardano il congedo parentale, previste dal decreto legislativo n. 105 del 30 giugno...
Prorogata al 31 marzo 2022 la possibilità di richiedere e ottenere il congedo parentale per i genitori con figli in DAD. Ecco i requisiti per pote...
Il messaggio dell'Inps per i genitori lavoratori che vogliono presentare la domanda del congedo parentale per figli in DAD. I requisiti e come proc...
Sono previste alcune novità per ciò che riguarda l'assegno unico per i figli 2022. Un esempio è il bonus extra per i nuclei familiari dove entra...
Oggi i neopapà possono stare a casa fino a 10 giorni e poi devono tornare a lavoro, ma con il Family Act anticipato dalla Ministra per la Famiglia...