Diventare madre dopo un tumore: cosa cambia con l'oblio oncologico

Con l'entrata in vigore della Legge 193 del 7 dicembre 2023 diventa operativo il cosiddetto oblio oncologico. Scopriamo di cosa si tratta e come cambia il desiderio di diventare genitori.

La guarigione da una malattia non è sempre l’ultima parola di una realtà che non termina con la sua scomparsa di condizionare la vita delle persone che ne hanno sofferto. È quello che accade con i malati di cancro che, dopo essere guariti da un tumore, subiscono per quella malattia diverse forme di discriminazione. Da qui la necessità, regolamentata anche nel nostro Paese, del cosiddetto oblio oncologico. Un diritto che risponde a quanto evidenziato da uno studio pubblicato su MDPI per cui, nonostante i progressi nella diagnosi e nella cura del cancro, i sopravvissuti a questa malattia continuano a dover affrontare discriminazioni in diversi ambiti (lavoro, mutui, adozioni, eccetera).

Cos’è l’oblio oncologico e perché è importante

Una definizione ufficiale del diritto all’oblio oncologico è data dalla Legge 193 del 7 dicembre 2023 (articolo 1) dove si legge che questo è:

il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica

È importante precisare, come riportato dall’Associazione italiana malati di cancro, parenti e amici (AIMAC), che questo diritto si applica alle persone che, in un determinato periodo di tempo (dopo 10 anni dalla fine del trattamento o 5 anni se diagnosticato di età inferiore ai 21 anni), non hanno avuto episodi di recidiva e quando dal punto di vista medico-scientifico non ci sono elementi che suggeriscono che l’aspettativa di vita di una persona guarita da un tumore sia diversa (inferiore) a quella di una persona che non ha mai avuto il cancro.

Va ricordato che la sola diagnosi di cancro, prima ancora del decorso clinico, è da molti considerata una condanna a morte. Molti di coloro che hanno superato positivamente un tumore hanno sperimentato (e continuano a farlo considerando che per risolvere stigmi e pregiudizi non basta una legge) diverse forme di discriminazione, continuando a confrontarsi con una malattia per loro non più esistente. L’approvazione della legge italiana con il riconoscimento di questo diritto rappresenta un importante contributo al benessere psicologico, emotivo e psicologico delle persone che sono guarite da un tumore.

I nuovi diritti delle persone guarite dal cancro

Come anticipato, sono diversi gli ambiti in cui una persona guarita da un tumore viene discriminata. Chi ha affrontato un tumore, anche dopo essere guarito, spesso si è trovato a dover fare i conti con nuove difficoltà legate non alla malattia, ma allo stigma che questa comporta. Per molti, ottenere un mutuo o un’assicurazione è diventato complicato, perché le banche e le compagnie assicurative, venute a conoscenza del passato oncologico, imponevano condizioni più rigide, richieste di visite mediche aggiuntive o addirittura rifiutavano la richiesta.

Anche nel percorso per adottare un bambino, molte persone guarite si sono viste negare questa possibilità a causa della loro storia clinica, come se la malattia passata fosse ancora una minaccia.

Lo stesso accadeva in ambito lavorativo e nei concorsi pubblici o privati: bastava una dichiarazione sul proprio stato di salute per essere esclusi o svantaggiati, anche quando la malattia era stata superata da anni.

La legge sull’oblio oncologico nasce per porre fine a queste discriminazioni. Riconosce il diritto delle persone guarite a non dover più rendere conto del proprio passato medico, una volta trascorso un certo periodo senza recidive. Così, nessuno potrà più chiedere informazioni sulla vecchia diagnosi per influenzare l’accesso a servizi finanziari, a un’adozione o a un’opportunità lavorativa.

Come riferimento di quanto disposto dalla Legge 193/2023 c’è il Garante per la protezione dei dati personali (GPDP) che ha il compito di vigilare sull’applicazione della norma, ricevere segnalazioni e reclami, predisporre ispezioni ed comminare sanzioni.

Maternità e paternità dopo la malattia: cosa dice la legge

Oltre alle discriminazioni professionali, economiche e sociali, l’oblio oncologico va ad affrontare anche la volontà di chi è guarito dal cancro di accedere al percorso per l’adozione di un bambino. Come riportato nell’apposito documento della Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica (FIAGOP), con l’entrata in vigore della Legge 193/2023 (che ha modificato la Legge 184/1983 sul diritto del minore a una famiglia), anche l’iter adottivo si adegua al principio dell’oblio oncologico. Le nuove regole, infatti, vietano di includere nelle indagini sanitarie dei futuri genitori adottivi informazioni su eventuali tumori pregressi.

L’adozione in realtà non è l’unica modalità di diventare genitori di un bambino. Coloro, sia uomini che donne, che sono guariti da un tumore hanno la possibilità di provare a cercare un figlio biologico. Negli ultimi anni, con l’aumento dei tassi di sopravvivenza, sempre più donne che hanno superato un tumore si interrogano sulla possibilità di diventare madri.

Secondo un documento della Rete Oncologica dell’ASL Città di Torino, circa il 45% delle donne che ha affrontato un tumore riesce a portare a termine una gravidanza. Bisogna anche ricordare come la maternità non comporta un aumento del rischio di recidiva di un tumore. Le terapie oncologiche disponibili per tutti i tumori più frequenti nelle donne (mammella, tiroide, cute, colon-retto e cervice uterina) non impediscono a priori la possibilità di una gravidanza.

Nei casi in cui le terapie oncologiche (chemioterapia, ormonoterapia, radioterapia e chirurgia) compromettessero la fertilità, c’è la possibilità di percorrere strade alternative. Dalla crioconservazione degli ovociti a quella del tessuto ovarico, passando per quella del seme e del tessuto testicolare degli uomini fino al congelamento degli embrioni.

Accesso a mutui, lavoro, adozione: cosa cambia nel 2025

Dal 2 gennaio, data di entrata in vigore della legge sull’oblio oncologico, sono stati pubblicati i decreti attuativi che ne precisano l’applicazione I nuovi principi si applicano a tutti i contratti bancari, assicurativi e finanziari firmati dopo l’entrata in vigore della norma, così come alle pratiche di adozione e ai concorsi banditi nel nuovo contesto normativo.

In questo modo chi ha superato un tumore non dovrà più dichiarare la propria storia clinica nei rapporti con banche e assicurazioni, a patto che siano trascorsi i termini di legge previsti. Similmente le istituzioni finanziarie non potranno più applicare trattamenti diversi, imporre costi aggiuntivi o rifiutare un contratto sulla base della malattia passata. Gli effetti della legge sull’oblio oncologico si applicano anche a chi aveva già stipulato un contratto prima della nuova normativa potrà inviare una certificazione di guarigione per chiedere la cancellazione dei dati e la rinegoziazione delle condizioni.

Come già approfondito cambia anche l’iter per le adozioni. Le autorità non potranno più prendere in considerazione le informazioni legate a tumori pregressi se i termini stabiliti dalla legge sono stati raggiunti. In questi casi, sarà sufficiente presentare un certificato che attesti il diritto all’oblio oncologico.

Infine, anche nel mondo del lavoro e della formazione professionale ci saranno regole più eque. Nei concorsi pubblici o privati che prevedono accertamenti sulle condizioni psicofisiche, non sarà più possibile chiedere dettagli su patologie oncologiche ormai superate.

FAQ: serve una certificazione? Chi ne ha diritto?

Chi ha diritto all’oblio oncologico?

Il diritto all’oblio oncologico è riconosciuto a tutte le persone guarite da un tumore. Per gli adulti che hanno ricevuto la diagnosi dopo i 21 anni, devono essere trascorsi almeno dieci anni dalla fine dei trattamenti, senza che si siano verificati episodi di recidiva. Per chi invece si è ammalato prima dei 21 anni, il periodo richiesto si riduce a cinque anni, sempre a condizione che non ci siano state ricadute.

Ci sono eccezioni ai tempi standard?

Sì, in alcuni casi specifici i tempi di attesa per ottenere il diritto all’oblio sono più brevi. Il Ministero della Salute ha infatti stilato un elenco di patologie oncologiche per le quali il periodo si riduce sensibilmente. Ad esempio, per un tumore alla mammella in stadio I o II, oppure per un tumore del colon-retto in stadio I, può essere sufficiente attendere un solo anno dalla conclusione delle cure, purché non si siano presentate recidive.

Serve un certificato per esercitare il diritto all’oblio?

In linea generale, no. Non è richiesto alcun certificato: il diritto all’oblio oncologico permette all’ex paziente di non dichiarare la patologia superata, senza necessità di produrre documentazione medica. Si tratta di un diritto che può essere esercitato semplicemente scegliendo di non fornire quell’informazione.

Quando può essere utile un certificato?

Ci sono tuttavia situazioni particolari in cui il certificato può tornare utile o addirittura essere richiesto. Un esempio è la rinegoziazione di un contratto di mutuo o di un’assicurazione sottoscritti prima dell’entrata in vigore della legge. Un altro caso riguarda le procedure di adozione, dove la certificazione può essere necessaria per attestare formalmente la guarigione.

Come si ottiene il certificato di oblio oncologico?

Il certificato può essere richiesto compilando un apposito modulo e allegando la documentazione medica che attesti la completa guarigione. La richiesta può essere presentata a una struttura sanitaria accreditata, sia pubblica che privata, oppure a un medico specialista del Servizio sanitario nazionale che abbia seguito la patologia. Anche il medico di base o il pediatra di libera scelta sono abilitati a ricevere la domanda.

Quanto costa e in quanto tempo viene rilasciato?

La procedura è completamente gratuita. Una volta presentata la richiesta, il certificato deve essere rilasciato entro un termine massimo di trenta giorni.

Cosa contiene il certificato?

Il certificato non riporta alcun dettaglio relativo alla malattia oncologica o alle terapie seguite. L’unica informazione presente è l’identità anagrafica del richiedente, così da garantire il pieno rispetto della riservatezza.

Per quanto tempo viene conservata la documentazione?

Tutta la documentazione relativa alla richiesta, inclusi i moduli e il certificato rilasciato, deve essere conservata per dieci anni. Trascorso questo periodo, i soggetti che li hanno ricevuti sono tenuti a cancellarli.

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