Dai posti sui mezzi alle code: l'educazione nei confronti delle donne incinte è finita?

Tra indifferenza e pregiudizi, la Chivalry for Pregnant Women (cavalleria per donne in gravidanza) dice molto di più di ciò che siamo e di come vediamo le donne.

I fenomeni sociali oggi si esprimono ed emergono innanzitutto sui social network. È qui che si discute di quello che accade nella realtà con vivaci dibattiti verso i vari argomenti. Un interessante esempio è quello che si è scatenato intorno al video, divenuto poi virale, pubblicato su TikTok dall’influencer Franki Bartoli. Anche considerando l’acredine e l’animosità dei commenti il fenomeno della Chivalry for Pregnant Women (cavalleria per donne in gravidanza) dice molte cose di come viene vista oggi la gravidanza e di qual è la percezione diffusa nei confronti delle altre persone. Parliamone.

Chivalry for Pregnant Women, il fenomeno virale su TikTok

Nel video, come riportato anche dal Daily Telegraph, si vede Franki Bartoli, in evidente stato di gravidanza, mentre era in piedi su un treno affollato. Il testo sul video diceva piuttosto chiaramente “Credo che la galanteria per le donne incinte non esista più” e, ancora più diretto, il post di accompagnamento nel quale la stessa Bartoli così commentava la vicenda “Non riesco ancora a credere che nessuno si sia offerto”.

La donna si stupiva di come nessuno su quel treno si fosse proposto di lasciarle il posto a sedere, pratica considerata di galanteria, ma prima ancora di educazione nei confronti delle donne incinte. Il video, che ha ottenuto qualcosa come 9.000 commenti, restituisce un interessante spaccato di una questione sociale che merita di essere affrontata.

Questo perché la vicenda è andata rapidamente oltre il mancato gesto di cortesia nei confronti di Bartoli, ma ha sollevato domande e commenti più ampi sul posto delle donne incinte nella società andando a coinvolgere aspetti quali l’ammissibilità dei parcheggi per passeggini o la priorità nelle code.

Cause e conseguenze della Chivalry for Pregnant Women: galanteria in declino o disattenzione quotidiana?

Il dibattito sulla Chivalry for Pregnant Women si è polarizzato intorno a due questioni. Da una parte la percezione del declino della galanteria, dell’empatia e dell’educazione e dall’altra la percezione di un atteggiamento che le donne incinte considerano doveroso, come una pretesa per il loro status.

Molti dei 9.000 commenti (ma anche degli articoli di giornali e dei pronunciamenti di chi si è espresso sulla vicenda) sono stati di solidarietà verso Franki Bartali. C’è chi ha criticato la mentalità, ritenuta oggi dominante, del “nessuno ti deve niente”, mentre altri hanno sottolineato come, seppur non sia un dovere lasciare il posto a una donna incinta, farlo rientra in quelle norme di rispetto e gentilezza del vivere quotidiano.

Molto più significativi, invece, i commenti critici. Non perché siano condivisibili, ma perché esprimono meglio quello che è il vissuto e la percezione comune di tante persone. Alcuni dei commenti sono stati: “Sono confuso …. vuoi l’uguaglianza o vuoi essere trattato come una donna?”, “Perché la tua gravidanza è il mio problema: odio questa aspettativa sociale” e “Era una tua scelta rimanere incinta. Non la loro“.

Il fenomeno non è limitato alla vicenda di Bartali ma riflette molto di quella che è diventata la percezione delle donne e in modo particolare delle donne in gravidanza. C’è l’idea per cui la gravidanza sia un fatto privato e come tale debba rimanere senza ripercussioni sulla sfera pubblica. Similmente c’è sempre il mai risolto fastidio verso le esigenze di una donna che oggi, in maniera per certi aspetti paradossale (ma forse neanche tanto), con la maggiore emancipazione e il lavoro sulla parità di genere è ancora più evidente.

Questo spiega la crescente insofferenza verso quello che viene percepito come un atteggiamento “rivendicativo” da parte di chi chiede riconoscimento per il proprio stato. Da questo punto di vista uno degli elementi più controversi emersi nel dibattito riguarda la relazione tra la richiesta di galanteria e il principio di parità di genere. Alcuni commentatori hanno accusato Franki Bartoli di volere “due pesi e due misure”. Da un lato l’uguaglianza tra uomini e donne, dall’altro un trattamento speciale legato al genere o allo stato di gravidanza. Ma è davvero contraddittorio chiedere un gesto di gentilezza in un contesto di parità?

Sarebbe come negare a una persona con difficoltà motorie un posto a sedere solo perché l’incidente che ha causato quella condizione è stato frutto di una scelta personale, come praticare uno sport rischioso. O come ignorare la fatica evidente di una persona che viaggia con pesanti bagagli, solo perché “non è obbligatorio” aiutarla.

Il punto non è solo l’essere incinta, ma il non avere più la sensibilità di preoccuparsi delle esigenze del prossimo. Anche se con alcune differenze l’atteggiamento spesso è simile anche con le persone anziane, mentre meno con le persone con disabilità motorie. Forse perché nei confronti di queste ultime nel corso degli anni c’è stata una maggiore sensibilizzazione, cosa che è avvenuta meno con gli anziani e le donne in gravidanza visti più come peso e problema che come persone.

La vicenda, quindi, fa emergere sia la maggiore indifferenza e isolamento in cui viviamo che l’atteggiamento ostile nei confronti delle gravide colpevoli non tanto di essere incinte, quanto di essere donne che rivendicano diritti (anche se morali e non necessariamente legali).

Cosa dicono le norme e come potrebbero cambiare le abitudini

Formalmente l’ordinamento giuridico italiano non prevede alcun diritto di precedenza e non si viola nessuna legge decidendo di non lasciare un posto sul treno o far passare una donna in gravidanza quando si è in fila. Non c’è una legge che sancisce questo diritto che rimane, quindi, nell’ambito dell’educazione e della cortesia nei confronti di una persona che ha un’esigenza e un bisogno.

A cambiare questa sensibilità non sarà certo una legge o un’eventuale sanzione per chi non si comporta in maniera galante. È più una questione culturale che deve tenere conto anche della narrazione sulle rivendicazioni delle donne (e delle donne in gravidanza). Tanti ancora gli stereotipi e gli stigmi, i pregiudizi e i fastidi che, come affluenti, hanno alimentato il grande fiume dell’indifferenza e dell’isolamento per cui ciascuno cui ciascuno sembra guardare solo al proprio ombelico o, più spesso, allo schermo del proprio smartphone.

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