Figli piccoli preoccupazioni piccole, figli grandi preoccupazioni grandi; possiamo parafrasare questo detto popolare per introdurre il cosiddetto Nag Factor (in italiano “fattore assillo”) ovvero il comportamento dei bambini finalizzato a ottenere qualcosa.

È un fenomeno particolarmente complesso che interessa non solo il “capriccio” (sebbene l’espressione non è corretta) del bambino e la frustrazione del genitore, ma anche le dinamiche sottostanti che stimolano il bambino a desiderare quella cosa e la difficoltà dei genitori di gestire correttamente questa richiesta assillante, combattuti tra l’assumere un comportamento accomodante o uno più rigoroso.

Cosa significa Nag Factor?

Abbiamo preventivamente posto le virgolette sul termine capriccio in quanto possiamo dire che il Nag Factor non nasce dal bambino, ma è una stimolazione che esso subisce e alla quale reagisce con il tipico atteggiamento assillante. Il Johns Hopkins Bloomberg School of Publi Health, infatti, definisce il Nag Factor come la “tendenza dei bambini, bombardati dai messaggi dei venditori, a richiedere inesorabilmente gli articoli pubblicizzati”.

I bambini, quindi, subiscono forti (e premeditate) stimolazioni a desiderare specifici beni di consumo (soprattutto articoli alimentari) arrivando al punto di desiderarle e, quindi, richiederle in maniera ossessiva ai genitori. In questo interessantissimo studio (circoscritto a un campione limitato degli Stati Uniti) viene infatti ricordato come il 50% del tempo degli spot pubblicitari trasmessi prima, durante e dopo i programmi per bambini, hanno come oggetto il cibo.

Nello specifico più di un terzo di queste pubblicità riguarda caramelle e snack, mentre un altro 28% è dedicato a cereali e un 10% ai fast food. Solo il 5% riguarda i prodotti lattiero-caseari (4%) e i succhi di frutta (1%). In questi spot i termini più utilizzati sono gusto e divertimento e più del 10% di questi spot utilizza personaggi televisivi e cinematografici al fine di promuovere questi prodotti.

Se a questi numeri – come riportato nello stesso studio – si aggiunge la consapevolezza di come per i bambini dai 2 ai 6 anni anche un’esposizione di pochi secondi (da 10 a 30) può influenzare le preferenze del bambino su cibi, bevande e giocattoli, si può comprendere quali siano le cause del Nag Factor.

Senza trarre conclusioni e senza dare valutazioni morali, si può pensare che il bambino sia più una “vittima” che un cattivo responsabile di comportamenti assillanti.

Le strategie del bambino

Comprese le cause o comunque il contesto nel quale il Nag Factor sorge è utile, nell’ottica poi di comprendere strategie e consigli utili per i genitori, capire come i bambini cerchino di “manipolare” i propri genitori al fine di farli cedere per ottenere ciò che chiedono.

La strategia del bambino si basa sulla richiesta ripetuta dell’oggetto fino a quando un genitore non si arrende e glielo acquista. Questo atteggiamento si può poi declinare in diverse forme. Dal “do ut des” per cui il bambino promette che farà qualcosa se otterrà ciò che chiede al far leva sul senso di colpa del genitore magari facendogli pesare che senza l’ottenimento di quella cosa egli sarà triste o diverso dai suoi coetanei.

Il bambino più piccolo è generalmente più insistente nel ripetere la richiesta, quello più grande è invece tendenzialmente più astuto e subdolo individuando quali sono i limiti di sopportazione di ogni genitore e trovando elementi su cui fare leva, il più delle volte sottolineando l’importanza per lui di avere quel prodotto che chiede.

Come reagire agli “assilli”?

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Fonte: iStock

Le reazioni istintive dei genitori possono essere le più disparate e vanno dalla resa al tentativo di distrarre il bambino passando per le urla, il tentativo di rimanere calmi e coerenti con la posizione assunta, l’evitare di portare il bambino in negozi e supermercati, il cercare di stabilire delle regole, il dirottare l’attenzione del bambino verso prodotti alternativi, il procrastinare la risposta, l’ignorare le loro richieste e lo spiegare le ragioni del rifiuto.

Ogni reazione, anche quella più istintiva, non è da condannare o considerare sbagliata, anche perché non esiste un comportamento risolutivo. Anche la miglior spiegazione non calma il bambino che, specie quello più piccolo, si concentra sul non aver ricevuto ciò che considera indispensabile. Sicuramente cedere per stanchezza e sfinimento è la reazione meno efficace in quanto si asseconda il comportamento assillante del bambino certificandone il funzionamento.

Ignorare può essere temporaneamente una scelta valida per evitare di entrare in discussioni infinite dalle quali se ne esce solo sfiniti e con maggiori tensioni. In questo senso è utile sempre valutare la situazione e contestualizzarla in quanto un costante e tenace rifiuto può generare problemi nel rapporto tra il genitore e il figlio.

Molto dipende, ovviamente, dal carattere del bambino e dalle scelte educative dei genitori (che devono sempre mantenere un’unità nelle scelte) ma per le mamme e i papà è utile capire le ragioni del Nag Factor. Come anticipato non si tratta di vizio o capriccio ma di una risposta a determinati stimoli in un periodo particolare della vita come sono l’infanzia e l’adolescenza.

I genitori hanno il compito di aiutare i bambini a crescere, anche negando loro qualcosa. Educare non significa né assecondare né “far rigare dritto”, ma è una dinamica da sviluppare secondo le scelte, le capacità e le esigenze mutevoli.

Può essere frustrante non avere risposte certe e definite ma è inevitabile quando si tratta di relazioni ed educazione. Il Nag Factor può essere considerato normale ma anche un pericoloso terreno scivoloso sul quale cadere sia in un modo (assecondando, perdendo autorevolezza e non aiutando il figlio a comprendere le ragioni) che nell’altro (ponendosi in atteggiamento ostile e di costante tensione).

La conoscenza di queste dinamiche e il rapporto con i propri figli sono la base propedeutica indispensabile per capire, valutare e decidere, di volta in volta, come comportarsi.

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  • Bambino (1-6 anni)