Per la legge italiana (articolo 147 del Codice Civile) è obbligo dei genitorimantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”. Come tutto questo si concretizzi praticamente è la grande sfida che ogni genitore, sia singolarmente che all’interno della famiglia, è chiamato a vivere. Una sfida spesso complessa perché legata a scelte da compiere per il bene del bambino; con la criticità di comprendere cos’è bene per il piccolo in relazione alla sua età e alle competenze e abilità che egli ha acquisito.

Tra le scelte più delicate e come vedremo per molti aspetti paradossali che i genitori devono compiere è quella legata alla prescolarizzazione dei bambini. È un bene che i bambini imparino precocemente a leggere e a scrivere o è più sano che queste acquisizioni vengano rimandate all’inizio della scuola dell’obbligo?

Cos’è la prescolarizzazione?

Quando si parla di prescolarizzazione si fa riferimento all’acquisizione e all’apprendimento da parte dei bambini, prima dell’inizio della scuola, di alcune competenze, soprattutto leggere e scrivere. È una realtà che generalmente viene vissuta all’interno delle famiglie dove i genitori insegnano ai bambini a scrivere e a leggere in modo che arrivino preparati all’inizio della scuola primaria.

Per focalizzare il fenomeno della prescolarizzazione e comprenderne gli effetti e le conseguenze è utile ricordare come funziona il sistema educativo italiano. Anche se con delle differenze da Paese a Paese in linea generale l’ingresso dei bambini nel sistema scolastico è il medesimo e avviene tra i 5 e i 7 anni. In Italia il primo ciclo di istruzione obbligatorio, della durata di 8 anni, inizia con la scuola primaria che è rivolto ai bambini dai 6 agli 11 anni.

Scopo della scuola primaria è “l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità fondamentali per sviluppare le competenze culturali di base nella prospettiva del pieno sviluppo della persona”. La prescolarizzazione, quindi, si pone l’obiettivo di anticipare in parte l’acquisizione di queste abilità fondamentali.

Se educare significa aiutare con disciplina a mettere in atto e a svolgere le buone inclinazioni dell’animo e le potenze della mente (questo il significato etimologico del termine) anticipare l’apprendimento delle abilità fondamentali del bambino è sicuramente positivo o no? In realtà non è proprio così.

I vantaggi della prescolarizzazione

Coloro che si esprimono a favore della prescolarizzazione lo fanno convinti che questa aiuti nella crescita nello sviluppo emotivo, sociale e personale dei bambini. Grazie alla prescolarizzazione, infatti, vi è un contributo allo sviluppo della motricità fine con effetti a lungo termine sul rendimento scolastico.

Inoltre i bambini che iniziano da subito ad apprendere a leggere e a scrivere sperimenteranno la gioia dell’apprendimento e dell’acquisizione di nuove competenze, vivendo in maniera migliore le successive fasi della scuola. Tutto questo si riflette in una maggiore fiducia in sé stessi e un contributo importante allo sviluppo della personalità dei bambini.

Prescolarizzazione; gli effetti negativi

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Fonte: iStock

Quanto sostenuto dai fautori della prescolarizzazione viene invece criticato da coloro che ne denunciano le criticità e i pericoli.

Le perplessità sulla prescolarizzazione dei bambini nascono innanzitutto dalla consapevolezza che questi inizino a leggere in prima elementare. Dai 4 ai 5 anni, infatti, i bambini imparano a pronunciare parole semplici e solo negli anni successivi (dai 6 ai 10) riescono propriamente a leggere. È poi a metà della prima elementare che, indicativamente, i bambini associano le lettere al relativo suono e in questo periodo hanno un vocabolario di circa 100 parole comuni.

Dalla seconda elementare riconoscono la differenza tra lettere maiuscole e minuscole e dalla terza elementare riescono a leggere in modo indipendente e scorrevole.

Discorso ancora più articolato e complesso per quel che riguarda la scrittura. Scrivere significa innanzitutto saper impugnare la penna o la matita e, quindi, avere una capacità organizzativa tale da comprendere che le lettere costituiscono le parole e che queste indicano un oggetto o un’idea.

È nell’arco di tempo che va dai 6 ai 10 anni che i bambini imparano a scrivere e solo negli anni successivi acquisiscono nozioni e competenze di grammatica, punteggiatura e ortografia. Anticipare il confronto con questo tipo di apprendimento, quindi, sarebbe una forzatura che non aiuterebbe i bambini a imparare davvero a leggere e a scrivere; quanto riuscirebbero a fare sarebbe effimero, in quanto slegato dalle loro capacità e, quindi, per loro incomprensibile, inutile e potenzialmente dannoso.

Esporre i bambini al confronto con parametri scolastici di apprendimento è uno stress per i genitori che possono allarmarsi laddove il proprio figlio non rispettasse determinati step. Allo stesso tempo questa pressione rappresenterebbe un motivo di ansia per i bambini che maturerebbero scarsa autostima, senso di inadeguatezza, depressione, ansia, riduzione della creatività e scarso senso di comunità.

L’approccio educativo è quello di favorire il gioco e l’apprendimento libero, in quanto sarebbero più efficaci e coerenti con gli interessi di ogni bambino. Gli studi sulla prescolarizzazione danno risultati contrastanti in quanto è una materia complessa da esaminare e che richiede ulteriori approfondimenti. I risultati sulle capacità di apprendimento premature dei bambini, infatti, dipendono da molti fattori: dalle caratteristiche delle famiglie a quelle degli insegnanti e delle scuole nelle quali i bambini crescono.

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  • Bambino (1-6 anni)