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In Francia si parla sempre più spesso di réarmement démographique, ma cosa si intende per "riarmo demografico"? È una misura efficace? Scopriamo il dibattito in corso.
Si parla spesso del fenomeno della denatalità, una realtà che non interessa solamente l’Italia e l’Europa. In uno studio pubblicato su The Lancet si evidenzia come i tassi di fertilità siano diminuiti drasticamente in tutto il mondo dal 1950 a oggi. Un trend che è destinato a proseguire in quasi tutti i Paesi fino al 2100. Analizzando lo studio di The Lancet l’Agenzia Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS) riferisce che alla fine del secolo solamente sei Paesi avranno un tasso di fecondità di 2,1 figli a donna, ovvero quello stimato necessario per permettere il mantenimento del numero di abitanti. Questi Paesi sono situati in Oceania (2), in Africa subsahariana (3) e in Asia centrale (1). L’Europa è destinato a rimanere il Vecchio continente nel vero senso della parola.
Eppure guardando con attenzione all’Europa ci sono differenze profonde tra i vari Paesi. Così come riportano i dati dell’INPS, se l’Italia è tra i Paesi meno fecondi (meno di 1,3 figli per donna) al vertice opposto di questa particolare classifica si trova la Francia. Qui, infatti, il tasso di fecondità è di 1,8 figli per donna, rappresentando il Paese europeo che fa più figli. Sebbene sia ancora al di sotto della soglia necessaria è ben al di sopra della media europea. Tra gli aspetti interessanti di questi dati c’è anche che l’Italia è tra i Paesi in cui l’età media in cui si ha il primo figlio è tra le più elevate d’Europa (32,4), mentre in Francia l’età media si attesta a 31 anni.
Il confronto con la Francia è quindi interessante e doveroso, anche tenendo conto delle politiche messe in atto in quel Paese che si sta orientando verso il cosiddetto réarmement démographique.
un grand plan de lutte contre ce fléau sera engagé pour permettre justement ce réarmement démographique
Queste le parole – riportate da TF1 Info – pronunciate il 16 gennaio 2024 da Emmanuel Macron, Presidente della Repubblica francese, per presentare le politiche volte a contrastare il calo delle nascite e rilanciare la natalità. Possiamo tradurre quel passaggio del discorso del Presidente Macron dicendo che, di fronte alla crescente denatalità, “verrà avviato un grande piano per combattere questo flagello per consentire proprio questo riarmo demografico”.
Nonostante il confronto con l’Italia e con l’Europa sia per la Francia positivo dal punto di vista dei tassi di natalità, il Paese transalpino sta registrano il numero di nascite più basso degli ultimi ottant’anni. L’espressione “riarmo” – che non è stata risparmiata dalle critiche di diversi intellettuali francesi – riprende il linguaggio militare suggerendo una serie di azioni finalizzate ad “armare” la società incentivando le famiglie a fare più figli. Come? Affrontando, spiega il think tank Telos, le cause strutturali della denatalità.
Le misure annunciate dal governo francese per il riarmo demografico prevedono una riforma del congedo parentale (che verrà trasformato in un congedo di nascita di sei mesi) e l’avvio di un piano di contrasto all’infertilità, sia femminile che maschile.
Ma cosa cambia rispetto al passato?
In Francia, così come in altri Paesi, il problema della denatalità è spesso al centro del dibattito pubblico e politico. Diversi esponenti politici nel corso degli ultimi decenni, da Valéry Giscard d’Estaing a François Mitterrand passando per Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy e François Hollande, hanno sollevato la questione.
Il réarmement démographique di Emmanuel Macron si contraddistingue innanzitutto per l’utilizzo di un linguaggio chiaramente militare e per una forte enfasi sull’urgenza. Nel corso del tempo la Francia ha seguito diverse politiche familiare non legate strettamente alla situazione economica del soggetto e con una spesa sociale tendenzialmente maggiore rispetto alla media europea. Le politiche francesi si concentrano sulla possibilità di conciliare dimensione personale e dimensione professionale, sui servizi per l’infanzia e sul sostegno finanziario.
A confermare questo quadro sono le parole di Olivier Thévenon del Centro per il benessere, l’inclusione, la sostenibilità e le pari opportunità dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) riportate dal portale SecondoWelfare.it. Il funzionario dell’OCSE, infatti, racconta come negli ultimi anni in Francia circa il 60% dei bambini con meno di tre anni ha potuto beneficiare di un servizio di assistenza. Tanto per rendere l’idea è utile ricordare che in Europa la media è del 36% e in Italia del 28%.
Il dibattito pubblico in Francia sul réarmement démographique ha visto i critici denunciare l’utilizzo di una retorica marziale con il timore che questo linguaggio possa nascondere un ritorno a vecchie prospettive nataliste con la genitorialità (e in modo particolare il corpo della donna) vengano visti come un dovere nazionale.
Da questo punto di vista una delle maggiori preoccupazioni, come riporta la Confédération Générale du Travail (CGT), è quella che possa portare a (ri)considerare il corpo della donna solamente in una prospettiva natalista, riducendo la libertà e la dignità delle donne in età fertile esclusivamente alla capacità di avere o non avere figli.
Altri osservatori hanno sottolineato come la strategia presentata dal Presidente Macron si concentri prevalentemente sui cittadini francesi escludendo e trascurando il contributo che può arrivare dagli immigrati. Per questo c’è chi propone di concentrare le discussioni sulla denatalità e sul contrasto al calo demografico affrontando il “costo della maternità”. Questo linguaggio metterebbe più in primo piano il ruolo delle donne nella società e di come il calo cui si è assistito negli ultimi decenni sia ascrivibile anche all’impossibilità di conciliare la dimensione privata (ed eventualmente quindi anche genitoriale) con quella professionale.
Se negli ultimi ottant’anni si fanno meno figli non è perché le donne si sono emancipate (come una cultura patriarcale continua a sostenere) ma perché socialmente, culturalmente ed economicamente non si è favorita una conciliazione tra vita individuale e lavoro. Basti ricordare, rimanendo alla Francia, che l’estensione del suffragio alle donne è avvenuto solamente nel 1944. Solo da quel momento le donne hanno potuto iniziare a pensare (e poi praticare) di poter svolgere un ruolo attivo nella vita politica nazionale.
Se si ha interesse che si torni a fare figli bisogna rendere questa scelta non un sacrificio insostenibile per le donne. Non si può pensare di chiedere loro di rinunciare a quanto hanno faticosamente conquistato (e neanche completamente) in nome di dare più cittadini alla propria nazione. Se fare figli è un interesse anche dello Stato è necessario che questi metta le donne e le coppie nella possibilità di poter scegliere. Con una scelta che sia davvero libera e paritaria, quindi con le donne che vogliono diventare madri che non debbano subire conseguenze negative rispetto alle donne che non vogliono avere figli. E viceversa.
All’opposto c’è chi invece sostiene che l’utilizzo dell’espressione “riarmo demografico” non sia da leggere necessariamente in una prospettiva di ritorno a pensieri e politiche tossiche.
Al momento non è possibile comprendere se le politiche di réarmement démographique del Presidente Macron siano davvero efficaci. Questo sia perché determinati fenomeni richiedono archi temporali più ampi per poter essere analizzati in profondità, sia perché sono tanti i fattori che incidono sulla scelta delle donne e degli uomini di diventare genitori.
Di certo c’è la politica non basta. Può e deve fare molto, ma diventare genitori non è (e non deve essere) solamente una valutazione meramente economica. Certo, avere condizioni sostenibili per decidere di pianificare una gravidanza è auspicabile, ma anche questa prospettiva rischia di svilire la genitorialità rendendola un contributo allo Stato e alla nazione. È necessario prevedere cambiamenti culturali e sociali che superino gli ancora attuali (e numerosi) stigmi sulla maternità e la genitorialità, rendendo il diventare madri e padri una scelta al pari di non diventarlo, senza pressioni o condizionamenti di alcun tipo.
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