Tra le condizioni diffuse in età pediatrica rientra anche quella della presenza di masse nel collo facilmente visibili e palpabili. Sebbene il più delle volte si tratta di fenomeni asintomatici e non problematici, la presenza di linfonodi ingrossati nel bambino rappresenta un motivo di preoccupazione per i genitori.

Questo perché, sebbene più raramente, possono essere il sintomo anche di problemi molto più seri.

A cosa servono i linfonodi?

Le ghiandole linfatiche (i linfonodi) sono degli organi di piccole dimensioni posti lungo le vie linfatiche, ovvero quella parte del sistema immunitario che si occupano di produrre globuli bianchi con l’obiettivo di combattere i germi e le infezioni. Similmente al sistema venoso quello linfatico si dirama per tutto il corpo e, a differenza del sangue, trasporta la linfa, il liquido attraverso il quale si muovono i globuli bianchi.

Mediamente ogni essere umano ha circa 600 linfonodi posti in diverse parti del corpo, tra cui il collo, le ascelle, l’addome e l’inguine. La zona della testa, e specialmente quella cervicale sotto la mandibola, è quella nella quale vi è una più alta concentrazione di linfonodi. Il linfonodo può essere immaginato come un piccolo filtro all’interno del quale entra la linfa che arriva dai vari tessuti del corpo e dal quale esce purificata da tutte le sostanze estranee e dalle cellule danneggiate. Questo lavoro di “purificazione” avviene tramite l’azione dei linfociti.

Linfonodi ingrossati nel bambino: le cause

Sono diverse le cause che possono provocare il rigonfiamento dei linfonodi. La più comune in età pediatrica è la linfadenite (o linfoadenopatia), ovvero l’infiammazione e l’ingrossamento dei linfonodi a causa di un’infezione batterica. L’infezione che provoca i linfonodi ingrossati nel bambino può dipendere anche dall’azione di virus, funghi o protozoi che possono colpire qualunque parte del corpo per poi propagarsi ai linfonodi più vicini.

La linfadenite è propriamente l’alterazione del numero, delle dimensioni e della consistenza dei linfonodi che nei bambini tende a risolversi spontaneamente nel giro di 4-6 settimane. Nelle forme generalizzate, quelle dove l’infezione si diffonde in tutto il corpo, comuni nelle infezioni da citomegalovirus, in quelle da HIV o da tubercolosi e durante la mononucleosi, se non adeguatamente trattata, la linfadenite può degenerare e provocare ascessi, fistole, cellulite o sepsi.

Il rigonfiamento dei linfonodi è comune in età pediatrica a seguito di faringiti, tonsilliti, ascessi dentali, ferite, infezioni cutanee come l’impetigine, infezioni alle orecchie, morbillo, mal di gola e tutti i fenomeni infettivi che interessano le vie respiratorie superiori.

Meno comunemente la causa è da rintracciare nelle infezioni sessualmente trasmissibili, nella toxoplasmosi o nella cosiddetta febbre da graffio di gatto, ovvero l’infezione batterica provocata dal morso o dal graffio di un gatto.

Come si manifesta l’ingrossamento dei linfonodi nel bambino?

Le linfoadeniti si classificano in base alla diffusione: possono essere localizzate o generalizzate. Nel primo caso si manifestano in un una singola stazione linfonodale o in quelle contigue e nel caso comune del collo possono verificarsi su un lato o su entrambi. Nelle forme generalizzate, invece, il rigonfiamento interessa due o più stazioni non contigue.

Inoltre le manifestazioni dell’ingrossamenti dei linfonodi nel bambino si distinguono in base alla comparsa dei sintomi. Si parla di forme acute quando i sintomi sono comparsi da meno di 2 settimane, subacute da 2 a 6 settimane o croniche se persistono per più di 6 settimane.

Nella forma acuta il principale sintomo dell’ingrossamento è la presenza di una tumefazione nella zona colpita dall’infiammazione ed è accompagnata da arrossamento e, se palpata, dolore. In base alla zona del corpo coinvolto si possono avere anche mal di gola, febbre, raffreddore e sudorazione notturne.

Cosa fare con un bambino coi linfonodi ingrossati?

Nella maggior parte dei casi il rigonfiamento dei linfonodi è una condizione normale e transitoria che non richiede alcun tipo di trattamento per la sua risoluzione. È comunque doveroso monitorare la condizione per evitare che degeneri e individuare l’elemento scatenante per risolvere il problema ed evitare complicazioni o di ignorare una causa più seria.

La valutazione pediatrica è il primo step cui sottoporsi e generalmente se il rigonfiamento avviene come conseguenza di un’infezione delle vie aeree superiori non vi è motivo di preoccuparsi. Il pediatra può prescrivere l’assunzione di antibiotici per risolvere l’infezione ed è importante completare il trattamento e non sospenderlo quando il bambino dà i primi segnali di miglioramento.

L’applicazione di impacchi caldi può aiutare a ridurre il dolore e accelerare il processo di guarigione ed è importante che il bambino resti sempre idratato. L’assunzione di antidolorifici va sempre sottoposta alla valutazione medica.  In presenza di ascessi può essere necessario il ricorso all’intervento chirurgico. In tutti i casi l’ingrossamento non va spremuto, bucato e drenato in quanto oltre a essere inutile è un’operazione che può provocare emorragie gravi.

Linfonodi ingrossati nel bambino: quando preoccuparsi

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Foto iStock

Nonostante si tratti di casi più rari, la presenza di linfonodi ingrossati nel bambino può essere il segnale di problemi molto più gravi. L’ingrossamento dei linfonodi, infatti, anche se raramente, può essere il primo segno di malattie come il lupus (malattia infiammatoria cronica che interessa la pelle, le articolazioni, i reni, il cuore e i polmoni), l’artrite reumatoide, il cancro nel sistema linfatico come il Linfoma di Hodgkin e la leucemia.

Più che la presenza dei linfonodi ingrossati nel bambino in sé (che nei due terzi dei casi è una condizione benigna) è importante rivolgersi al medico nel caso in cui i linfonodi abbiano un diametro superiore ai 2,5 centimetri, provochino secrezioni purulente, alla palpazione risulta duro o persiste per più settimane senza risolversi spontaneamente.

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  • Bambino (1-6 anni)