Family influencer: come tutelare minori esposti sui social network

Sempre più genitori coinvolgono i propri figli nelle loro attività commerciali online. Ed è un problema da affrontare.

Da tempo capita scorrendo il feed dei vari social network, capita di vedere contenuti che coinvolgono bambini di tutte le età. In modo particolare è oggetto di attenzione il fenomeno del family influencer, che rientra nel più ampio ambito dello sharenting (la pratica di condividere immagini, video e info dei propri figli sui social network). Un fenomeno crescente e che merita attenzione soprattutto per i rischi non solo dell’esposizione mediatica dei minori, ma anche il loro coinvolgimento per fini commerciali.

Cosa sono i family influencer

Con l’espressione family influencer si fa riferimento a quei genitori che coinvolgono i propri figli minorenni nelle attività sui social media. In modo particolare quelle attività che hanno un fine pubblicitario e commerciale. Questa caratteristica, come sottolineato dalla Rivista Italiana di Informatica e Diritto, rischia di trasformare il figlio in parte di un’attività commerciale.

I contenuti pubblicati dai family influencer spesso coinvolgono minori di 14 anni che non hanno l’età minima di 14 anni per iscriversi alle piattaforme social. Questi minori prendono il nome di baby influencer che diventano protagonisti di gag, promozioni e recensioni di giocattoli o prodotti di vario tipo. Proprio perché protagonisti di attività promozionali e commerciali sono coinvolti in contratti di sponsorizzazione che definiscono gli ambiti delle loro attività.

I rischi dell’esposizione dei minori

La questione, lontano (anche se ne va tenuto conto) di giudizi o derive moralistiche, è legata i rischi dell’esposizione dei minori all’ambiente digitale. Rischi che sono sia di natura psicofisica che per la privacy e la loro sicurezza.

L’esposizione precoce rischia di contribuire a creare un’identità digitale e una reputazione del minore sulla quale quest’ultimo non ha un effettivo consenso informato anche in virtù di una non piena maturità. Anche perché, come riportato dal portale CattolicaNews, la maggior parte dei bambini esposti (circa l’80%) sono quelli tra 0 e 5 anni, un’età in cui non solo non si è in grado di esprimere il proprio consenso, ma anche di comprendere l’uso che viene fatto della propria immagine.

Inoltre i contenuti diffusi sui social network, in modo particolare quelli ironici o quelli a scopi commerciali, rischiano di minare la dignità del minore e la sua capacità di costruirla nella fase dello sviluppo. Da questo punto di vista il Garante per la Privacy pone l’attenzione anche sul fatto che la condivisione di contenuti dei minori “incide fortemente sull’identità personale oltre a creare, potenzialmente, tensioni significative nel rapporto con i genitori (e persino tra loro stessi), ogniqualvolta la scelta di diffondere le immagini non sia condivisa con i figli.

Inoltre, la messa in scena di momenti intimi del minore (compresi quelli di rabbia o tristezza) rischia di minare il senso di protezione del bambino e la sua capacità di distinguere la finzione dalla realtà. Senza ignorare le ripercussioni sul rapporto tra genitori e figli con il primo che non è più solo la figura di riferimento affettiva ed educativa, ma a tutti gli effetti anche il datore di lavoro. Una caratteristica che se risulta innocua (o quasi) in età adulta, può condizionare negativamente la relazione di fiducia e sicurezza che si sviluppa e consolida nei primi anni di vita.

In un rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) viene anche evidenziato come l’utilizzo diffuso dei media digitali sia collegato all’aumento dei tassi di ansia e depressione tra gli adolescenti. Un fenomeno che favorisce il costante confronto sociale con la tendenza a ricercare approvazione dal contesto sociale con importanti conseguenze sullo sviluppo psichico del minore.

Oltre a tutti questi rischi sullo sviluppo psicologico, emotivo, relazionale e sociale dei minori, c’è anche tutto il discorso legato alla sicurezza e alla privacy. La presenza dei minori online, li espone a diversi rischi, non ultimi quelli legati all’adescamento e alla pedopornografia. I video, anche quelli più innocenti, possono essere presi e utilizzati per creare contenuti di diverso tipo, compresi quelli pedopornografici. L’evoluzione delle potenzialità degli strumenti di intelligenza artificiale aumenta notevolmente questo rischio e la facilità con cui realizzare materiale di questo tipo.

Il family influencer, come fenomeno parte dello sharenting, espone i minori a un rischio maggiore di furto d’identità. Inoltre i bambini sono facilmente riconoscibili e identificabili, con tutto quello che questo può significare per la loro incolumità e sicurezza.

Come proteggere i più piccoli

La diffusione e la complessità del fenomeno dei family influencer e dei baby influencer richiedono un approccio multidisciplinare che non può limitarsi a semplici raccomandazioni rivolte ai genitori. Diventa indispensabile il coinvolgimento delle istituzioni, delle scuole e anche dei fornitori di servizi digitali. La tutela passa anche attraverso misure legislative chiare che equiparano il coinvolgimento dei minori nei contenuti commerciali alle altre forme di lavoro minorile già regolate dalla legge italiana.

Tra le ipotesi normative discusse negli ultimi anni rientra anche l’obbligo di destinare i compensi a conti correnti intestati ai minori, così da garantire una gestione trasparente e protetta fino al raggiungimento della maggiore età.

La tutela non riguarda solo la dimensione economica ma anche quella legata alla protezione dei dati personali. Cresce l’attenzione verso il diritto del minore a chiedere la rimozione delle immagini e dei contenuti che lo riguardano una volta raggiunta un’età adeguata, un principio che in Paesi come la Francia è già stato codificato. A ciò si aggiunge la necessità di un consenso condiviso tra i genitori per la diffusione dell’immagine del figlio, con la possibilità di rivolgersi al giudice in caso di disaccordo.

La responsabilità e l’impegno dei genitori va di pari passo con quello istituzionale e normativo. La guida quotidiana dei genitori ha un peso decisivo nell’accompagnare i figli verso un uso consapevole del digitale. Una supervisione rigida risulta indispensabile quando i bambini sono più piccoli, mentre con l’avvicinarsi dell’adolescenza diventa utile una mediazione che incoraggi il confronto e favorisca lo sviluppo dell’autonomia.

Un ruolo importante deve essere svolto poi dalle piattaforme digitali. Queste possono contribuire adottando soluzioni progettate fin dall’inizio con criteri di sicurezza, integrando impostazioni di privacy più rigorose, filtri efficaci e strumenti di segnalazione accessibili ai più giovani. Le scuole, invece, devono sostenere la crescita delle competenze digitali, mentre insegnanti e professionisti dell’educazione e della salute possono collaborare per individuare tempestivamente eventuali effetti negativi dell’esposizione mediatica sui bambini più vulnerabili.

L’obiettivo complessivo è creare un ambiente online capace di offrire opportunità senza ignorare i rischi. La protezione non è quella che priva il minore di una dimensione che, con la crescita, diventerà sempre più inevitabile, ma che sappia utilizzare la tecnologia con attenzione senza sacrificare il benessere dei più piccoli in nome di altri interessi.

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  • Bambino (1-6 anni)