Il minore ha diritto di essere educato nell’ambito della propria famiglia” con queste parole comincia (Articolo 1) la Legge 184 del 4 maggio 1983Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” che regolamenta l’adozione dei figli, sia minorenni che maggiorenni. Quello dell’adozione è un istituto giuridico molto particolare che mira, come si legge dalle prime parole della legge italiana che lo disciplina, a tutelare gli interessi del minore in una condizione nella quale i genitori biologici non hanno le capacità e i requisiti per prendersene cura in maniera considerata corretta.

Da qui nasce la cosiddetta adozione mite, una formula che potremmo definire ibrida e che permette al minore adottato di mantenere i rapporti con la famiglia biologica di origine, pur diventando parte della nuova famiglia affidataria.

Adozione mite: cos’è e cosa significa?

Per capire meglio l’adozione mite è necessario definire (sebbene a grandi linee) l’istituto giuridico dell’adozione, che ha una storia millenaria e che ha conosciuto nel corso dei secoli diverse formulazioni e cambiamenti.

La legge di riferimento dello Stato Italiano, come detto, è la 184 del 1983 ma già prevedeva casi particolari (Articolo 44 “adozione in casi speciali”) per cui i minori possono essere adottati “anche quando non ricorrono le condizioni” previste. Su questa particolarità si fondano le ragioni della cosiddetta adozione mite.

L’adozione, in estrema sintesi, è quella realtà per cui un bambino gode dei diritti propri dei genitori diversi da quelli biologici dai quali è nato. Si crea quindi un rapporto di filiazione non associato al legame di sangue. Con l’adozione, quindi, un bambino viene accolto da una famiglia di genitori adottivi dai quali otterrà i diritti propri di un figlio (mantenimento, educazione, cura, assistenza, eccetera).

L’adozione, sia essa nazionale o internazionale, si configura quando si creano le condizioni per cui i genitori biologici non sono in grado di assicurare i diritti fondamentali del bambino e questi vengono assunti dai genitori adottivi che hanno, invece, i requisiti richiesti. Tramite sentenza del competente tribunale per i minorenni, quindi, la responsabilità genitoriale propria dei genitori biologici viene trasferita a quelli adottivi che, per la legge, diventano i genitori a tutti gli effetti dei bambini adottati, avendo nei loro confronti i medesimi doveri e diritti dei figli biologici.

In questo quadro la legge di riferimento richiede, ovviamente, precisi requisiti per coloro che desiderano adottare un bambino e, come anticipato, sono previste delle “eccezioni” che rientrano tra le adozioni in casi speciali. Tra queste vi è anche l’adozione mite.

L’adozione in casi particolari è quella che “tutela il rapporto che si crea nel momento in cui il minore viene inserito in un nucleo familiare con cui in precedenza ha già sviluppato legami affettivi, o i minori che si trovino in particolari situazioni di disagio”. Sostanzialmente l’adozione miti è quella nella quale il bambino non perde i legami con i genitori biologici perseguendo in questo modo, laddove riconosciuto, l’interesse del bambino.

Quando è possibile l’adozione mite?

Di norma l’adozione è possibile quando i minori (e in alcuni casi anche i maggiorenni) si trovano in stato di abbandono permanente, altrimenti si procederebbe con l’affidamento, un istituto giuridico differente. L’adozione mite, invece, è quella per cui il giudice riconosce che i genitori nutrono comunque affetto nei confronti del proprio figlio biologico ma non sono (per ragioni economiche, materiali o di altra natura) in grado di garantirgli una crescita sana come dovrebbero.

L’adozione mite, quindi, dovrebbe essere la norma e l’adozione “vera e propria” solamente l’extrema ratio alla quale ricorrere nei casi in cui i genitori non sono espressamente in grado di assistere il figlio biologico e non manifestano l’interesse di farlo.

La distinzione può apparire sottile, in realtà contempla tutti i diritti e i doveri propri dei genitori, anche quelli di natura patrimoniale. I figli adottati, per esempio, acquisiscono il cognome dei genitori adottivi, mentre nei casi di adozione mite il cognome dei “nuovi” genitori si aggiunge, salvo diversa disposizione del giudice, a quello biologico che il bambino, quindi, mantiene a tutti gli effetti.

L’adozione mite è di fatto un’interpretazione estensiva dell’articolo 44 e una realtà nata dalla prassi giurisprudenziale che si è configurata per risolvere tutti i casi di incertezza nei quali la famiglia d’origine è presente ma incapace o impossibilitata a esercitare il proprio dovere genitoriale e, per l’interesse del bambino, si persegue una strada di aiuto e sostegno.

Adozione mite: leggi e regole

Una delle leggi cardine che configurano l’esistenza dell’adozione mite è la sentenza della Corte di Cassazione 1476/2021 del 25 gennaio 2021 che invita i giudici che devono pronunciarsi sulla dichiarazione di adottabilità dei minori ad “accertare l’interesse del medesimo a conservare il legame con i suoi genitori biologici, pur se deficitari nelle loro capacità genitoriali”.

L’adozione mite è spesso lo step successivo dell’affidamento dopo il quale, trascorsi i due anni previsti (più eventuali proroghe), il rientro in famiglia non è stato possibile e si procede con la sentenza di adozione pur mantenendo i legami con la famiglia biologica. In questi casi i genitori adottivi possono presentare apposita domanda al Tribunale per i Minori che valuterà la pratica ed emetterà la relativa sentenza stabilendo le condizioni dell’adozione.

Trattandosi di materia nuova e con un pronunciamento recente della Cassazione è una materia ancora non propriamente codificata per la quale si fa riferimento ai casi di eccezione della legge ordinaria.

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