“Le famiglie adottive sono un esempio di accoglienza e amore, ma il loro è un percorso a ostacoli. Sono lasciati soli dalle istituzioni”. E adesso, come se non bastasse, ci si mette anche la politica.

Che arriva, per bocca di Matteo Salvini, a parlare di “bambini già confezionati” che approdano in Italia “belli e pronti”, e di “sostituzione di popoli”. Parole che hanno innescato reazioni immediate, comprese quelle dei genitori adottivi.

Tanto che l’UFAI, Unione famiglie adottive italiane, ha inviato una lettera-appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui chiede di intervenire per ridimensionare i toni di quella che da campagna elettorale si sta trasformando (lo ha già fatto) in una campagna d’odio che prende di mira spesso e volentieri gli stranieri, bambini compresi.

Le parole di odio fanno male ai bambini

Anche perché non sono solo parole. Gli effetti dei proclami lanciati dai palchi elettorali non mancano di arrivare nella vita quotidiana: secondo un’indagine di Ufai su 1.500 bambini attraverso lo sportello Sos scuola l’84% ha ricevuto insulti o minacce, nel 40% dei casi a sfondo razzista. Sottolinea Elena Cianflone, presidente di Ufai:

Il battage mediatico arriva anche ai più piccoli. Ricevono insulti per il colore della loro pelle o per il fatto di non essere nati qui o di non avere la cittadinanza italiana. Gli episodi si stanno moltiplicando. Bisogna invece conoscere la realtà dell’adozione e soprattutto rispettare i bambini, di qualsiasi colore e provenienza.

Continua Elena Cianflone:

Alcuni descrivono l’adozione come una seconda nascita, perché cambia la vita del bambino ma anche la nostra: si parla spesso delle problematiche legate all’ingresso in famiglia di un bambino che arriva da un altro Paese ma c’è molto più di questo. I bambini sono maestri di gioia, hanno occhi a cui non siamo più abituati. Ricorderò per sempre lo stupore di mia figlia, che è arrivata dalla Siberia, quando ha visto per la prima volta il mare: aveva 8 anni. O quando mio figlio, che è di origine asiatica, ha sentito suonare un violino per la prima volta. Sono emozioni fortissime, che noi a volte diamo per scontate, ma che loro, cresciuti fino a quel momento senza nulla, ci aiutano a riscoprire. È vero, magari sono indietro a scuola finché non imparano la lingua e hanno difficoltà di attenzione, perché nessuno prima di quel momento li ha ascoltati. Ma hanno grandi potenzialità.

La strumentalizzazione dei bambini a fini politici, continua Cianflone, semplicemente non si può accettare, perché non è solo una questione tra adulti. In questo senso l’appello a Mattarella

È un grido di dolore: i nostri bambini sono famiglia e noi stiamo cercando di renderli dei buoni cittadini. Abbiamo scritto al Presidente della Repubblica perché è il garante della Costituzione: lì c’è scritto a chiare lettere che i bambini hanno dignità e diritti, punto. Non può un ministro dell’Interno, un rappresentante delle istituzioni, parlare di bambini già confezionati, non può.

Quello che bisognerebbe fare, al contrario, spiega la presidente di Ufai, è “intervenire per migliorare la legge sulle adozioni, che ad oggi è inadeguata, e fornire alla scuola gli strumenti adeguati per l’inserimento di bambini nati in altri Paesi. Perché le linee guida ci sono, ma manca un piano attuativo. Le parole che abbiamo sentito sono il pretesto per parlare seriamente di diritti”.

Una figlia biologica e due figli adottati tramite adozione internazionale, Elena Cianflone racconta: “La mia prima gravidanza è durata 5 mesi, la seconda è durata 5 anni: due ‘parti’ molto diversi ma ugualmente intensi”.

“Per diventare genitore adottivo troppi ostacoli”

bambino adottato

Questo perché i parti adottivi, continua Elena Cianflone, sono estremamente lunghi:

Serve una forte determinazione, anche a livello psicologico. Una volta concluso il percorso di adozione continua quello di costruzione del rapporto con il bambino: da una parte c’è il desiderio di avere un figlio, dall’altra il desiderio di un bambino di avere una famiglia. E a quelli che dicono “non puoi capire, perché non è figlio tuo” rispondiamo che un figlio è un figlio, che sia dopo 9 mesi di gravidanza o dopo anni di attesa in cui lo conosci attraverso una minuscola fotografia. Per me che ho vissuto entrambe le esperienze il momento dell’incontro ha avuto pari intensità. La differenza tra essere mamma biologica o adottiva è che quando adotti un bambino diventi mamma quando lui ti vede come tale.

Ogni famiglia adottiva ha una storia da raccontare, quella di Elena racchiude la complessità dell’iter delle adozioni: “Tra la prima adozione e la seconda c’è stata una novità fondamentale: la diffusione della rete, il web. La possibilità di recuperare informazioni e soprattutto di confrontarsi con altre persone che avevano vissuto un percorso simile o ci stavano passando”.

Sul web i genitori di tutta Italia hanno iniziato a confrontarsi sugli intoppi burocratici e a scambiarsi consigli:

Abbiamo deciso che se fossimo riusciti a concludere il percorso e a portare a casa i bambini ci saremmo impegnati per dare vita a un’associazione vera e propria, e così è stato. Abbiamo creato una sorta di ‘banca del tempo’: i genitori mettono a disposizione le proprie esperienze e le proprie competenze: abbiamo medici, psicologi, avvocati e traduttori, per aiutare gratuitamente chi sta affrontando il percorso e viene, di fatto, lasciato solo.

L’obiettivo di Ufai è oggi di cambiare la legge 184 sulle adozioni “per chiedere un maggiore controllo sugli enti che fanno da tramite per le adozioni internazionali e per istituire una banca dati nazionale”. E, nel frattempo, assicurare ai bambini (a tutti i bambini) dignità e diritti.

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