Mothercore: quando la maternità diventa una dichiarazione di stile e potere

L'estetica Mothercore ha rappresentato una vera e propria rivoluzione non solo nel modo di vestire, ma anche nel modo di pensare la maternità e la femminilità. Ecco come e com'è cambiata nel corso del tempo.

Quando si parla della gravidanza si concentra l’attenzione quasi esclusivamente sulla sua dimensione clinica e fisica, raramente (e con difficoltà) su quella psicoemotiva e ancora meno frequentemente su quella sociale. Da questo punto di vista c’è una vera e propria discrepanza tra la rappresentazione e la narrazione idealistiche della gravidanza, della maternità e della femminilità durante una gestazione e la realtà vissuta dalle donne. Una percezione che da tempo sta cambiando sulla scia del fenomeno dell’estetica Mothercore.

Cos’è l’estetica Mothercore e da dove arriva

Come spiega l’Huffington Post, l’estetica Mothercore trova le sue origini nel film del 2004 “Mean Girls”, in modo particolare nel personaggio interpretato da Amy Poehler, la cosiddetta “cool mom”. La rappresentazione cinematografica – basata su una scelta stilistica non casuale ma con una precisa critica sociale – mostrava la protagonista con una predilezione per il velluto rosa e i diamanti.

Il personaggio di Poehler incarnava una forma di maternità alternativa che rifiutava i tradizionali stereotipi della “mamma sacrificata”, proponendo invece un modello di donna che manteneva la propria identità estetica nonostante il ruolo genitoriale. L’idea attuale espressa dall’estetica Mothercore è che essere una mamma non implichi dover rinunciare al proprio stile, ma significa abbracciare entrambe le identità, quella di madre e quella individuale. Questa prospettiva trae forza anche dalla crescente rivendicazione della libertà di scelta delle donne di essere madri e non come una conseguenza inevitabile della crescita, uno step “delle cose da fare”, solamente perché dotate di un utero funzionante.

Nella tesi di laurea della dottoressa Maria Masina intitolata Nuove riflessioni sulla maternità: uno studio qualitativo per indagarne i suoi aspetti più complessi, si pone l’attenzione su come molte donne hanno subito la percezione dominante del ruolo di madre (in totale subordinazione al figlio) tanto da condizionare anche le loro necessità. Questo si è riflesso anche nel modo di pensarsi e vestirsi, esprimendo così il proprio stile.

Moda pre e post parto: funzionale, sì. Ma anche fashion

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Fonte: iStock

La moda non è, banalmente, una tendenza diffusa, ma un fenomeno sociale e culturale articolato legato all’affermazione (in un determinato momento storico e in una specifica area geografica) di modelli estetici e comportamentali che vengono adottati da un gruppo di persone. Tra questi modelli rientrano anche (e soprattutto) l’abbigliamento, ma anche l’utilizzo di accessori, le acconciature, il trucco e altri elementi di stile.

Nella cosiddetta estetica Mothercore la moda legata alla maternità (il cosiddetto abbigliamento premaman) e al periodo del puerperio ha come obiettivo quello di bilanciare la funzionalità con l’estetica. Le esigenze fisiche (non solo l’aumento di peso, ma anche la necessità di avere una maggiore libertà di movimento e le indicazioni mediche sull’evitare capi troppo stretti e i tacchi) non impediscono di voler indossare capi che riflettono meglio la propria personalità. Essere in gravidanza, sostanzialmente, non significa vestire sciatto e trasandato, non doversi truccare o pettinare e indossare sempre e comunque tute o capi larghi e solamente comodi.

Dalle celebrities a TikTok: chi sta ridefinendo lo stile materno

Abbiamo visto che il fenomeno dell’estetica Mothercore per come lo conosciamo oggi ha una storia tutto sommato recente (di circa vent’anni), che recentemente ha tratto grande notorietà e attenzione dalle piattaforme pubbliche e dalle attività di figure che hanno conquistato un certo successo (influencer).

Sono diversi i nomi delle figure che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’estetica Mothercore. Se negli anni 2000 l’incarnazione dello stile delle donne in gravidanza e delle neomamme era quello di figure come Tina Fey e Julia Louis-Dreyfus, che rappresentavano una maternità caratterizzata dal “lasciarsi andare” (con jeans e cardigan), oggi assistiamo a un cambiamento diverso.

Il nuovo paradigma, infatti, ha introdotto l’idea che le madri potessero e dovessero mantenere la propria identità estetica, ma ha anche creato nuove forme di pressione sociale. Da questo punto di vista gli esempi della TikToker nota come Tinx e di altre influencer come Chriselle Lim, Christina Najjar, Larissa Mills e Arielle Charnas spiega in parte il cambiamento che sta portando a una ridefinizione dello stile materno.

Molte di queste influencer hanno creato dei veri e propri brand e siglando partnership con marchi di lusso sfruttando l’estetica Mothercore tanto che, anche probabilmente contro le loro stesse intenzioni, oggi questa espressione e cultura estetica si riferisce più all’apparire e all’ostentare una certa ricchezza e identità fashion (oltre che a un prodotto da vendere), che una rappresentazione autentica della maternità.

Body positivity, visibilità e pancioni in passerella

Parallelamente c’è da porre attenzione anche sul cosiddetto body positivity, quello che l’Enciclopedia Treccani definisce come “l’atteggiamento di accettazione e apprezzamento del proprio corpo, a prescindere dai canoni estetici vigenti e in contrasto con le discriminazioni fondate sull’assoggettamento irriflesso a tali canoni”.

Se l’estetica Mothercore valorizza la maternità e la femminilità in tutte le sue fasi, il body positiviy promuove l’accettazione di ogni tipo di corpo, inclusi quelli in gravidanza, sfidando così i tradizionali canoni di bellezza, incoraggiando l’inclusività (e l’autostima). In questo senso il body positivity nell’estetica Mothercore vuole rendere la moda più accessibile con capi d’abbigliamento per tutte le taglie, forme, abilità ed etnie.

Il cambiamento espresso dalla Mothercore è stato reso possibile non solo dalle piattaforme social (che probabilmente sono state più una cassa di risonanza importante che una causa vera e propria) ma soprattutto dalle celebrità che hanno sfidato i canoni, i pregiudizi, gli stigmi e le pressioni e hanno mostrato il loro corpo in contesti solitamente tabù. Uno dei casi più emblematici è stato quello della modella e attrice brasiliana Adriana Lima che non solo ha sfilato per Alexander Wang quando era alla settima settimana di gravidanza, ma ha continuato a calcare le passerelle anche a distanza di due mesi dal parto. Una scelta che ha avuto un enorme impatto culturale normalizzando la gravidanza come normalità e non come parentesi di cui vergognarsi o da vivere nel nascondimento.

Mothercore è il nuovo normcore? Il potere di mostrare il corpo che cambia

Se fino a vent’anni fa era impensabile (o giudicato inadeguato) mostrare la propria femminilità durante la gravidanza, oggi anche grazie alla cultura Mothercore molte cose sono cambiate. Ma, anche tenendo conto dell’evoluzione di questo fenomeno sociale e culturale, è possibile considerare la Mothercore il nuovo normcore (la tendenza che valorizza l’anonimato e la semplicità scegliendo abiti comuni senza volersi distinguere dagli altri)?

Apparentemente no.

Se la Mothercore celebra la visibilità del corpo che cambia, la maternità nella sua dimensione reale e complessa, il normcore sceglie invece la neutralità, l’anonimato e il desiderio di non distinguersi. Nella Mothercore la moda diventa espressione di forza e appartenenza fatta di pancioni (baby bump), cicatrici, seni gonfi e abiti che esaltano — non coprono — la trasformazione. Il normcore, al contrario, si rifugia nell’uniformità ricorrendo a t-shirt bianche, jeans dritti e sneakers comuni.

In realtà se questa normalizzazione dell’estetica della maternità non è considerata normale non è per la Mothercore in sé, quanto per l’ostinazione culturale e sociale a considerare la gravidanza come qualcosa di speciale sulla quale avere un’attenzione quasi morbosa. Anche tenendo conto di quanto ricordato da Vogue che il termine normcore nasce come desiderio non essere in nessun modo speciali, il lavoro di accettazione della libertà delle donne in gravidanza di vestire da donne (e come vogliono) e non da incubatrici è ancora lungo da fare, ma la strada è stata segnata.

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