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Una delle leucodistrofie, ovvero una grave malattia neurodegenerativa che interessa il sistema nervoso centrale e periferico e che, nella forma infantile, ha una prognosi negativa.
La malattia di Krabbe causa deficit intellettivo, sordità, cecità, paralisi e il decesso del bambino entro i primi due anni.
Attualmente non esistono cure per questa condizione e le strade percorribili sono quelle di terapie di supporto, come il trapianto di cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale o il trapianto del midollo spinale che può rallentare o arrestare, se si interviene tempestivamente, il decorso della malattia.
Propriamente la malattia di Krabbe rientra nelle cosiddette leucodistrofie, ovvero malattie ereditarie che colpiscono il sistema nervoso e che sono caratterizzate dall’accumulo di sostanze che non vengono correttamente smaltite e che provocano la distruzione del rivestimento delle cellule nervose.
Per questo motivo la malattia di Krabbe è nota anche come leucodistrofia a cellule globoidi, in quanto tra le caratteristiche di questa condizione vi è la presenza di cellule globoidi nel cervello, ovvero di cellule grandi e che solitamente hanno più di un nucleo.
La caratteristica principale della malattia di Krabbe è la demielinizzazione del rivestimento protettivo (la mielina) delle cellule nervose presenti nel cervello e nel sistema nervoso.
Esistono diverse forme di malattia di Krabbe: quella infantile precoce (che si manifesta da 0 a 13 mesi), quella tardo infantile (dai 13 ai 36 mesi), quella giovanile (dai 3 ai 16 anni) e quella adulta (oltre i 16 anni).
Più in generale la malattia si classifica in forma infantile e a esordio tardivo. La forma infantile, la più comune, solitamente inizia entro il primo anno di vita e a causa della gravità della condizione raramente i bambini sopravvivono oltre i due anni. Nella forma a esordio tardivo, invece, la prognosi e il tasso di sopravvivenza è notevolmente maggiore, nonostante vi sia una grande variabilità nella gravità dei sintomi.
Perché la malattia di Krabbe si manifesti sono necessarie due copie del gene anomalo; per questo motivo solitamente nessuno dei due genitori è affetto dal disturbo. La trasmissione è quindi autosomica recessiva in quanto per contrarre la malattia il soggetto eredita una copia alterata del gene da entrambi i genitori.
Il gene in questione è il GALC, un enzima chiamato galattosilceramidasi che ha il compito di scomporre alcuni grassi che rappresentano un componente importante della mielina. Le mutazioni del gene GALC con il deficit dell’enzima galattosilceramidasi riducono questa capacità di smaltimento di sostanze che, se non correttamente eliminate, si accumulano e diventano nocive per le cellule.
Per riconoscere i sintomi comuni nella malattia di Krabbe è utile distinguere tra quelli che compaiono nei neonati all’inizio del decorso e con il progredire della malattia e quelli che interessano le forme a esordio tardivo. I primi segnali sono quelli legati a un pianto inspiegabile, un’estrema irritabilità e difficoltà di alimentazione. A questi si aggiungono la febbre (non associata a un’infezione), il vomito frequente, gli spasmi muscolari, i ritardi nelle fasi di sviluppo e il mancato controllo nei movimenti della testa.
Con il progredire della malattia i sintomi si aggravano e possono comprendere anche le convulsioni, l’irrigidimento e le contrazioni dei muscoli, la perdita della vista e dell’udito e quella della capacità di respirare e deglutire.
Nelle forme a esordio tardivo, invece, i principali sintomi sono quelli legati all’atassia (difficoltà a camminare), alla perdita della vista, alla diminuzione delle abilità manuali, una debolezza muscolare e deficit cognitivi. In generale più la malattia si manifesta precocemente più i sintomi saranno gravi e con una maggiore progressione.
La diagnosi della malattia di Krabbe può avvenire sia prima della nascita (screening prenatale) che dopo (screening neonatale). Tra gli screening prenatali utili per l’individuazione di questa malattia neurodegenerativa c’è l’amniocentesi e il prelievo dei villi coriali. Il ricorso a questi test per la diagnosi della malattia di Krabbe va valutato quando uno o entrambi i genitori sono portatori di una mutazione del gene GALC se vi è una familiarità con questa malattia.
Per la diagnosi dopo la nascita e in età adulta, invece, si eseguono indagini strumentali quali la risonanza magnetica cerebrale e i test enzimatici che rivelano i deficit di GALC.
Come anticipato, non esistono cure per la malattia di Krabbe e, generalmente, nelle forme infantili i bambini vanno incontro a morte prematura prima dei 2-3 anni. Nelle forme tardo infantile e giovanile, invece, il decesso sopraggiunge entro i 2-7 anni dalla comparsa dei sintomi, mentre negli adulti il tasso di sopravvivenza è maggiore.
Una prognosi negativa di questo tipo è legata sia alla gravità dei sintomi che alle complicazioni che possono sopraggiungere durante il decorso della malattia. I bambini, infatti, possono andare incontro a infezioni e difficoltà respiratorie che causano una sempre più grave inabilità che porta i bambini a essere allettati e ad arrivare a uno stato vegetativo. Nelle forme infantili il decesso sopraggiunge prima dei due anni a causa dell’insufficienza respiratoria e delle complicazioni legate all’immobilità a alla riduzione del tono muscolare.
Sono in corso numerose ricerche per trovare delle cure efficaci ma attualmente le uniche terapie percorribili, se praticate in tempo, sono quelle legate al trapianto delle cellule staminali dal cordone ombelicale o il trapianto di midollo osseo che hanno lo scopo di frenare il decorso della malattia.
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