Con un’incidenza di circa un caso ogni 30000 mila nati (anche se si sospetta che la condizione sia sottostimata), la sindrome di Kabuki è una rara malattia congenita caratterizzata dalla contemporanea presenza di più segni che colpiscono diverse parti del corpo.

Cos’è la sindrome di Kabuki?

La sindrome di Kabuki è descritta, riprendendo quanto riportato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, come l’associazione di ritardo nello sviluppo intellettivo nel bambino, caratteristiche facciali tipiche, difficoltà nell’alimentazione (con relativa crescita ridotta) e malformazioni congenite.

Le cause della sindrome di Kabuki

La principale causa, come riferito dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) è da individuare nelle mutazioni del gene KMT2D. Si tratta di un gene che codifica una proteina coinvolta nella regolazione della cromatina (l’insieme di proteine e acidi nucleici che si trova all’interno delle cellule) ed è quindi responsabile del controllo delle attività di tutti quei coinvolti nello sviluppo dell’organismo.

Meno frequentemente (3-5% dei casi) le mutazioni sono a carico del gene KDM6A mentre ancor più raramente i geni interessati sono il RAP1A, il RAP1B e il gene HNRNPK. A seconda del gene coinvolto si ha una sindrome di Kabuki più o meno grave e con caratteristiche specifiche.

La malattia di Kabuki ha una modalità di trasmissione autosomica dominante, ovvero basta una singola mutazione in una delle due
copie del gene KMT2D per avere la malattia; in genere tale mutazione non è trasmessa da un genitore, ma piuttosto si crea imprevedibilmente durante la formazione dell’ovocita o dello spermatozoo o nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale.

Sintomi, conseguenze e diagnosi

Conseguenze-Sindrome-di-Kabuki
Fonte: iStock

Tra i principali segni che si manifestano per effetto della sindrome di Kabuki rientrano il ritardo nella crescita, i problemi di alimentazione e le facies caratteristiche. Come precisato dal Genetic and Rare Diseases Information Center, i sintomi possono iniziare a manifestarsi sia nel corso della gravidanza che alla nascita (entro le prime 4 settimane) o anche durante l’infanzia (entro i due anni).

Le facies caratteristiche includono rime palpebrali allungate, sopracciglia arcuate, eversione del terzo laterale della palpebra inferiore. Nel 50% dei casi si può avere l’epicanto (la plica cutanea che ricopre l’angolo interno dell’occhio), mentre in un terzo dei casi si assiste anche a strabismo e alle sclere degli occhi di colore blu. Inoltre il naso è piatto, i padiglioni auricolari sono ampi e inclinati in avanti e vi è l’eversione del labbro inferiore.

L’Associazione Italiana Sindrome Kabuki segnala anche la possibilità di anomalie e malformazioni a carico dei denti e del palato, specialmente labiopalatoschisi, malocclusione, arco dentale piccolo e denti di forma irregolare e molto distanziati tra loro. Alla nascita alcuni bambini possono presentare idrope fetale, iperbilirubinemia prolungata e ipotonia. Le caratteristiche facciali tendono a cambiare con il tempo e a diventare più riconoscibili tra i 3 e i 12 anni.

I problemi di alimentazione sono maggiori nei primi mesi di vita soprattutto a causa del reflusso gastroesofageo e dell’assenza della coordinazione tra la suzione e la deglutizione. La crescita staturo-ponderale è condizionata dal lento aumento di peso e un difetto nell’accrescimento che si verifica già nei primi 12 mesi per poi peggiorare con il passare del tempo. I problemi di alimentazione, il reflusso e il malassorbimento possono esasperare il ritardo nella crescita.

Oltre a tutto questo sono da registrare le malformazioni cardiache, genitali (più comuni nei maschi tra cui micropene, ipospadia e criptorchidismo), scheletriche, del sistema nervoso centrale e gastro-intestinali. Altri sintomi comuni sono la sordità, l’anomalia delle impronte digitali, anomalie delle vertebre, ipoplasia del dito mignolo, idrocefalia e anomalie della fisiologia del sistema immunitario.

Il ritardo psicomotorio, l’altro segno caratteristico della sindrome di Kabuki, tende a risultare più evidente con il passare degli anni. I neonati acquisiscono tardi lo stare seduti da soli (avviene intorno agli 11 mesi) e il camminare (intorno ai 2 anni). Un sintomo evidente e particolarmente grave è legato alla difficoltà nella fonazione e nell’articolazione delle parole che determina un ritardo nello sviluppo del linguaggio.

Tra gli aspetti che condizionano i primi anni di vita del bambino ci sono anche i comportamenti ripetitivi, la rigidità comportamentale, forme di aggressività e autolesionismo e una tendenza verso l’insonnia.

Il complesso di sintomi determina inevitabilmente anche una serie di gravi conseguenze. Oltre a quelle facilmente intuibili legate alla socializzazione sono da considerare diverse forme di scoliosi, epilessia, riduzione della capacità uditiva, maggior rischio di sviluppare infezioni e patologie autoimmuni, problemi oculistici e anomalie della dentizione e della cavità orale.

La diagnosi avviene tramite esame molecolare specifico per il sequenziamento dei geni responsabili della sindrome di Kabuki; è possibile ottenere il DNA del paziente  da una campione di sangue periferico o da un tampone buccale.

Le aspettative di vita

L’insieme dei segni e dei sintomi caratteristici, unitamente all’elevato numero di complicazioni anche gravi, rende la sindrome di Kabuki una condizione con elevati tassi di morbilità.

Nonostante questo, come segnalato dalla Fondazione Telethon, l’aspettativa di vita è generalmente abbastanza favorevole, ma molto dipende dalla gravità delle complicanze cardiache e di quelle immunologiche.

Esiste una cura per la sindrome di Kabuki?

La sindrome di Kabuki non ha una cura medico-chirurgica risolutiva e qualsiasi tipo di approccio e trattamento è esclusivamente sintomatico. Per le difficoltà nell’alimentazione si ricorre alle tecniche di nutrizione come l’utilizzo del sondino naso-gastrico, mentre per le malformazioni congenite spesso l’unica possibilità è legata alla correzione chirurgica.

Per il ritardo nello sviluppo del linguaggio si ricorre alla logopedia, mentre per quelle nelle acquisizioni motorie si procede con un trattamento di fisioterapia e psicomotricità.

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