L'estate dolceamara di una mamma che lavora

L'estate, per le mamme che lavorano, trascorre all'insegna di pensieri contrastanti ed emozioni contraddittorie, tra la speranza, a volte vana, di passare più tempo coi figli e la difficoltà di gestirli quando la scuola è chiusa.

Le mamme che lavorano, in estate, gioiscono per la possibilità teorica di tirare il fiato. Niente più, almeno per qualche mese, maratone per arrivare in orario ai cancelli della scuola, niente più pomeriggi in agonia su libri e quaderni, niente più corse rocambolesche da una parte all’altra della città per arrivare in tempo al corso di nuoto, di danza, di inglese, di circo o di cucina giapponese.

Le mamme, in estate, si dicono che finalmente potranno tirare il fiato, o che perlomeno potranno farlo i loro figli, ma subito dopo pensano a quanto sarà complicato – e in qualche caso costoso – arrivare a conclusione delle 13 interminabili settimane di chiusura delle scuole, se le ferie a disposizione ne coprono a malapena un paio.

Le mamme che lavorano, in estate, pensano che i figli avrebbero davvero bisogno di riposare, di ricaricarsi, di annoiarsi. Di ciondolare per casa senza un programma preciso e di industriarsi per trovare modi sempre nuovi per ammazzare il tempo.

Eppure sanno, loro malgrado, che li dovranno riempire di attività anche durante i mesi estivi, tra campi scuola, colonie, oratorio e soggiorni più o meno prolungati dai eventuali nonni, zii e parenti vari.

Le mamme che lavorano, in estate, pensano che in un certo senso vanno a lavorare per riuscire a pagarle, queste attività estive. Che sono salvifiche e flessibili ma molto costose, anche se in pochi riescono a farne a meno.

Le mamme che lavorano, in estate, si dicono che sarebbe bello poter passare due o tre mesi insieme ai propri figli, senza impegni, senza orari, senza stress. Ma si rendono anche conto che sarebbe in ogni caso un impegno indicibile e una grande fatica. Perché che si lavori fuori casa o meno, crescere dei figli è un’impresa impegnativa, in estate come in inverno.

In estate, le mamme che lavorano – esattamente come quelle che non lo fanno – ricordano le lunghe e calde estati del loro passato. Ripensano a quando il tempo era denso come miele dorato e sembrava non scorrere mai. Ripensano a quando l’estate non era tanto una stagione, quanto una condizione speciale dello spirito, un impasto sudato di libertà e di noia, una parentesi in cui tutto, all’improvviso, sembrava possibile.

Ripensano al passato e si dicono che ora, invece, il tempo le insegue senza riposo, anche sotto il sole di luglio e di agosto (soprattutto sotto il sole di luglio e di agosto, si potrebbe anzi dire). Le mamme che lavorano, in estate, si ripromettono di riuscire comunque a rallentare, e a godersi un po’ di più la compagnia dei loro figli. A volte ci riescono, almeno in parte, altre volte non possono che arrendersi ai ritmi frenetici cui devono sottostare. Anche in estate, sempre e comunque.

Le mamme che lavorano, in estate, si ritrovano a volte a separarsi dai propri figli, per lasciare loro la possibilità di una vacanza extra mentre i genitori continuano a lavorare.

E allora l’estate diventa un impasto strano di nostalgia e di libertà, di leggerezza e di vuoto. Un ritorno temporaneo alla vita “di prima”, alla vita che scorreva quando i figli non c’erano, ed era per certi versi più lieve. Una piccola parentesi in cui prendersi cura di se stesse e della coppia di cui si fa parte, con la mente sempre tesa ai bimbi lontani, con l’orgoglio di vederli crescere autonomi e la vertigine di saperli altrove, affidati a mani impeccabili ma comunque “altre”.

L’estate, allora, diventa una stagione da pendolari vissuta tra la città e le spiagge, o i monti, a colmare una distanza che è solo momentanea e soprattutto virtuale. Una distanza che, in fondo, non esiste davvero.

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