Rispondendo al Question Time di mercoledì scorso alla Camera dei Deputati sul fenomeno degli aborti clandestini e sul suo possibile collegamento con l’obiezione di coscienza, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha snocciolato i dati sul fenomeno: da 12 ai 15 mila casi di donne italiane, a cui vanno aggiunti i 3/5 mila casi di donne straniere (dati 2012 dell’ISS).

Proprio negli stessi giorni la Relazione sulla legge 194 del ministro della Giustizia, in riferimento ai procedimenti in corso contro chi è sospettato di aver procurato aborti clandestini, parla di “un fenomeno di ridotte proporzioni“.

Secondo i parlamentari, poi, le stime sarebbero addirittura più alte (tra i 40 e 50 mila casi) e la colpa sarebbe dell’obiezione di coscienza.

Ma come stanno realmente le cose? Spiega Elsa Viora, presidente dell’ Associazione Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI):

Quando si parla di aborti clandestini, i numeri sono intrinsecamente aleatori, proprio perché queste interruzioni di gravidanza vengono praticate in modo illegale e occulto. Non spetta a noi ginecologi entrare nel merito delle conclusioni che si possono trarre dalla presunta sproporzione fra aborti clandestini praticati e procedure penali a carico di chi è sospettato di aver indotto questi aborti. È invece responsabilità precipua dei ginecologi italiani ricordare a tutti che il vero terreno sul quale gli aborti clandestini possono essere contrastati e ridotti è quello della prevenzione: in particolare attraverso il counselling a favore delle donne che abbiano già fatto ricorso all’interruzione di gravidanza, e poi attraverso politiche di promozione di una contraccezione informata e responsabile, che non può passare, come purtroppo avviene oggi in Italia, per l’acquisto dei contraccettivi a totale carico dei cittadini.

L’AOGOI ricorda altresì che la percentuale di donne che ripete l’intervento di IVG nei centri pubblici è del 26,6%, per un costo complessivo delle IVG ripetute di circa 29,9 milioni di euro l’anno.

È quindi evidente l’importanza che in tutti i centri che praticano le IVG venga proposto, immediatamente dopo l’interruzione di gravidanza, un programma contraccettivo basato sulle specifiche esigenze della donna, e che qualunque sia il metodo contraccettivo scelto venga fornito subito dopo l’intervento. Questo per evitare la ripetizione degli aborti in genere, ma anche il rischio che, successivamente, alcune delle donne intercettate dai servizi pubblici possano scegliere di ricorrere all’aborto clandestino.

Proprio con questi obiettivi la AOGOI ha effettuato uno studio multicentrico e promosso un progetto di formazione e sensibilizzazione indirizzato agli operatori dei centri italiani che praticano le interruzioni di gravidanza.

Dal punto di vista strettamente clinico, infine, può dirsi che un’efficace azione di prevenzione degli aborti potrebbe fondarsi su una maggior diffusione dei contraccettivi a lunga durata, sottocutanei o impiantati in utero, che garantiscono un’efficacia prolungata dai 3 ai 5 anni. Conclude Viora:

Chi richiede l’interruzione della gravidanza è reduce dal fallimento di un metodo contraccettivo: proprio in questi casi può essere più efficace consigliare i sistemi contraccettivi a lunga durata e reversibili (Larc), che i dati dell’Oms indicano come i sistemi contraccettivi più sicuri e che garantiscono la percentuale più alta di adesione. In un’ottica di prevenzione questi metodi possono essere utilizzati nell’immediatezza dell’IVG, senza arrecare alcun disagio alla donna.

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