L’aborto spontaneo (la perdita della gravidanza prima della ventesima settimana di gestazione) può essere di diverso tipo.

La classificazione riferita dal Manuale MSD distingue l’evento dell’aborto dal punto di vista cronologico in precoce o tardivo. Se il primo spesso può non essere rilevato, l’aborto tardivo è invece un evento che ha conseguenze non solo fisiche e psicologiche, ma anche potenzialmente legali. Ed è un argomento che merita un doveroso approfondimento.

Quando si parla di aborto spontaneo tardivo?

Nel documento informativo rivolto a chi va incontro a questa realtà, il Chesterfield Royal Hospital definisce l’aborto tardivo come la perdita della gravidanza che si verifica tra la quattordicesima e la ventiquattresima settimana di gestazione. È una possibilità che il portale Miscarriage Australia stima verificarsi nell’1-2% delle gravidanze.

Il Manuale MSD utilizza la ventesima settimana di gestazione come limite per distinguere l’aborto spontaneo tardivo dalla natimortalità e, quindi, da un aborto o da un parto pretermine.

Questa non è una semplice distinzione terminologica ma va a impattare direttamente con gli aspetti legali legati alla questione. La differenza, infatti, sta nella possibile capacità del feto di sopravvivere.

Per questo motivo, nell’approfondimento dedicato all’argomento da Il Sole 24 Ore ci si interroga su come vada gestito un aborto tardivo. Il ginecologo presente in sala parto deve assistere il bambino come uno nato da parto spontaneo? Deve applicare solamente delle cure palliative visto che generalmente, a seguito delle gravi malformazioni che lo caratterizzano, muore poco dopo la nascita? La questione è di natura bioetica e intercetta anche quanto disciplinato dalla Legge 194.

L‘articolo 7 della legge che regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), infatti, stabilisce che l’IVG può essere praticata dopo i 90 giorni solamente se vi è possibilità di vita autonoma del feto ma questa costituisce un pericolo grave per la vita della donna. In questi casi comunque vanno adottate tutte le misure idonee a salvaguardare la vita del feto.

Complici i miglioramenti delle competenze e delle tecnologie mediche questo è oggi possibile anche in epoche gestazionali precoci rispetto a quanto stabilito dalla legge. E in molti sollevano l’interrogativo se quanto previsto dalla legge non sia anacronistico e legato a una crudeltà e una forzatura, con conseguenze psicologiche, sulla volontà della donna.

Le cause dell’aborto spontaneo tardivo

L’aborto tardivo, quindi, è quello che si manifesta nel secondo trimestre. Concentriamo la nostra attenzione ora su quello spontaneo (e non indotto), un evento che può verificarsi per diverse condizioni, materne o fetali.

Il National Health Service (NHS) divide le cause dell’aborto spontaneo tardivo in quelle legate a condizioni materne croniche, infezioni, intossicazioni alimentari, assunzione di particolari farmaci, anomalie della struttura dell’utero, ma anche una precoce apertura del collo dell’utero o la presenza della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS).

Tra le condizioni croniche che possono aumentare il rischio di aborto tardivo rientrano il diabete (se non controllato), l’ipertensione arteriosa grave, il lupus, i disturbi alla tiroide (ipotiroidismo e ipertiroidismo) e la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS).

Tra le infezioni, invece, rientrano la rosolia, il citomegalovirus, l’HIV, la clamidia, la gonorrea, la sifilide e la malaria. Va posta attenzione all’alimentazione durante la gravidanza in quanto il consumo di cibo contaminato può avere esiti anche fatali. Mangiare carne infetta cruda o poco cotta (toxoplasmosi), uova crude o parzialmente cotte (salmonella) o latticini non pastorizzati (listeriosi) può portare anche un aborto tardivo.

Tra i farmaci a rischio ci sono quelli per le ulcere allo stomaco (misoprostolo), quelli per il trattamento dell’acne e dell’eczema (retinoidi), quelli per l’artrite reumatoide (metotrexato) e i FANS (come l’ibuprofene).

Come riconoscerlo? Segnali e sintomi

I segni e i sintomi tipici che possono far sospettare un aborto tardivo sono spotting, sanguinamento, crampi, forti contrazioni dell’addome e dolori alla schiena. In alcuni casi si può assistere anche a una rottura delle acque. A volte questi sintomi si verificano rapidamente e non vi è modo e tempo per porvi rimedio; questo si verifica anche quando la cervice è dilatata.

Appena si percepiscono sintomi e segnali di questo tipo, è fondamentale il ricorso d’urgenza a un pronto soccorso per valutare la situazione e intraprendere le terapie e gli interventi possibili.

Cosa fare dopo un aborto spontaneo tardivo

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Fonte: iStock

Dal punto di vista prettamente medico, il post aborto spontaneo tardivo è orientato a valutare l’eventuale permanenza di alcuni prodotti del concepimento all’interno dell’utero. Questi possono causare sanguinamenti uterini ma anche un’infezione o una sepsi (aborto settico), e vanno quindi gestiti in maniera adeguata.

Vi è anche una questione psicologica ed emotiva non indifferente da considerare. L’aborto tardivo si verifica a un punto della gravidanza quando già dopo diverse settimane si è iniziato a convivere, familiarizzare e confrontarsi con il bambino che cresce all’interno dell’utero. Un evento così drammatico, improvviso e non voluto può essere difficile da elaborare, accettare e superare. Non va quindi banalizzato o ignorato, richiedendo l’aiuto professionale adeguato nel caso in cui se ne sentisse il bisogno.

Infine va considerato se l’aborto spontaneo tardivo è un caso isolato o un evento ricorrente. In quest’ultimo caso si parla di poliabortività ed è fondamentale approfondire le cause per comprendere le possibilità di avere una successiva gravidanza.

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