
Quali sono i valori di riferimento e qual è la funzione dell'ormone prodotto dal corpo della donna una volta avvenuto il concepimento, le Beta hCG.
L'ipotiroidismo è un'anomala produzione di ormoni da parte della tiroide che in gravidanza può creare conseguenze sullo sviluppo del feto e sulla salute della donna. Una condizione non rara che merita di essere gestita correttamente.
Il 10% delle donne nella propria vita sviluppa un disturbo della tiroide e parliamo di un fenomeno che interessa il 5% della popolazione italiana (sia maschile che femminile) e il 7% delle donne nel primo anno dopo il parto determinando una realtà sulla quale è importante porre l’attenzione. È importante occuparsi dell’ipotiroidismo in gravidanza in quanto questo è un periodo nel quale i cambiamenti ormonali e fisici sono continui e fondamentali, non solo per lo sviluppo del feto.
Per comprendere cos’è l’ipotiroidismo è utile conoscere la tiroide, ovvero la ghiandola che si occupa della produzione degli ormoni tiroidei, i quali svolgono diverse funzionali vitali (tra cui quelle legate allo sviluppo, al metabolismo, alla sessualità e alla crescita) e controllano che vi sia un equilibrio tra le funzioni di organi e tessuti.
Possono verificarsi delle anomalie nel funzionamento della tiroide, con una minore (ipotiroidismo) o maggiore (ipertiroidismo) produzione degli ormoni con conseguente acceleramento o rallentamento delle funzioni del corpo.
Di per sé, quindi, l’ipotiroidismo è una condizione morbosa che, come viene definita dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) determina un “rallentamento generale delle funzioni metaboliche per insufficiente azione degli ormoni tiroidei sui tessuti”.
In gravidanza è fisiologico che la funzionalità della tiroide cambi. Questo avviene principalmente per l’azione degli estrogeni e della gonadotropina corionica umana (hCG).
Quali sono i valori di riferimento e qual è la funzione dell'ormone prodotto dal corpo della donna una volta avvenuto il concepimento, le Beta hCG.
Possono verificarsi, sebbene è una realtà diffusa prevalentemente nelle zone del mondo nelle quali vi è una carenza di iodio, che la tiroide vada incontro a un aumento delle proprie dimensioni. In gravidanza si ha una condizione di ipotiroidismo quando i valori del TSH sono alti in presenza degli anticorpi anti tiroidei. Per questo motivo durante la gravidanza, a fronte di una diagnosi di ipotiroidismo, alla donna sono prescritti regolari test della funzionalità tiroidea per monitorarne l’evoluzione.
Sono generalmente tre le cause di ipotiroidismo in gravidanza: ipotiroidismo primitivo acquisito, l’ipotiroidismo secondario (ipofisario o ipotalamico) e la resistenza agli ormoni tiroidei.
La forma più comunque è quella di ipotiroidismo primario acquisito (le altre due sono molto rare), causata generalmente da una malattia autoimmune, come nel caso della tiroidite di Hashimoto per la quale il sistema immunitario materno produce anticorpi che colpiscono la tiroide determinando infiammazioni e danni tali da ridurne le funzionalità.
In gravidanza l’ipotiroidismo si può sviluppare anche come conseguenza di un errato trattamento di un disturbo della tiroide preesistente l’inizio della gestazione.
La sintomatologia dell’ipotiroidismo in gravidanza può essere molto lieve e in alcuni casi impercettibile. I principali sintomi sono:
Considerando come spesso i sintomi possano essere comuni anche a condizioni normali in gravidanza e che anche per questo la diagnosi clinica può risultare difficile, è da sospettare l’ipotiroidismo in presenza di familiarità a malattie della tiroide, diabete mellito tipo I, presenza di patologie autoimmuni e assunzione di farmaci con azione antitiroidea.
Come funzionano gli ormoni tiroidei, come si modificano in gravidanza e quali sono i valori da tenere sotto controllo per evitare complicazioni.
Va innanzitutto precisato che, sia in caso di ipotiroidismo pregresso che laddove esso venga riscontrato in gravidanza, se la diagnosi è tempestiva e si segue il relativo trattamento, questa è una condizione compatibile con lo svolgimento di una gravidanza. La preoccupazione deve essere maggiore in presenza dei sintomi sopra descritti o nelle donne consapevoli di avere malattie tiroidee, essere state sottoposte prima della gravidanza a interventi chirurgici a livello della tiroide o avere una storia familiare di malattie di questo tipo.
La diagnosi di ipotiroidismo avviene tramite prelievo di sangue con il dosaggio degli ormoni FT3, FT4, TSH, ioduria, anticorpi anti-Tg, anticorpi anti-TPO, anticorpi anti recettore del TSH (TRAb). Solo in alcuni casi è suggerito il ricorso all’ecografia della tiroide.
Per la conferma della diagnosi è necessario che vi sia un aumento della concentrazione di TSH nel sangue e una parallela diminuzioni di FT4 con entrambi i valori fuori dagli intervalli di normalità previsti. Solo in casi rari tali anomalie ormonali possono essere causate da tumori dell’ipofisi. Secondo le linee guida, in assenza di indicazioni sui valori normali specifici, la conferma di ipotiroidismo in gravidanza si ha quando il valore di TSH è superiore a 4.0 mU/L.
Sono diverse (in alcuni casi anche gravi e letali) i rischi associati all’ipotiroidismo in gravidanza, sia per la donna che per il feto. Per le donne il rischio è legato all’ipertensione gravidica, preeclampsia, distacco della placenta, anemia, anomalie della placenta, emorragia post partum e, più raramente, insufficienza cardiaca congestizia.
Per il feto, invece, si può andare incontro a deficit dello sviluppo intellettivo, aborto spontaneo, malformazioni congenite, basso peso alla nascita, cretinismo endemico (condizione irreversibile in caso di ipotiroidismo combinato materno e fetale) e natimortalità.
A determinare i problemi sullo sviluppo cerebrale del feto è il passaggio transplacentare della tiroxina. La ridotta quantità di tiroxina, infatti, può danneggiare il sistema nervoso del feto, specialmente nelle prime settimane di gestazione quando il passaggio transplacentare dalla madre al feto è ridotto e quando la tiroide del feto non si è ancora sviluppata.
La cura per l’ipotiroidismo è a base di preparati ormonali (estratti e polvere di tiroide e L-tiroxina) che deve continuare per tutta la gravidanza e anche durante l’allattamento. Durante la gravidanza le donne con ipotiroidismo possono continuare il trattamento della T4, l’ormone tiroideo sintetico, ma la dose da assumere può cambiare con il passare delle settimane. Nelle prime 4-8 settimane dose quotidiana di ormone tiroideo viene aumentata di circa il 30-50%.
Proprio perché i livelli di ormoni cambiano continuamente durante la gravidanza l’indicazione è quella di sottoporsi al controllo della funzionalità ormonale ogni 4 settimane (o con la frequenza indicata dal medico) in modo da correggere il dosaggio del farmaco.
Nelle donne che diagnosticano l’ipotiroidismo durante la gravidanza il trattamento deve essere tempestivo con l’assunzione di L-tiroxina a dose piena. Prima di cercare una gravidanza, invece, la terapia è finalizzata a ripristinare i livelli normali dei valori ormonali.
Articolo originale pubblicato il 16 febbraio 2022
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