Nel Documento di integrazione e indirizzo relativo alla raccomandazione per la prevenzione della morte materna correlata al travaglio e/o parto, redatto dal Ministero della Salute nel 2007, si fa menzione anche dell’ipertensione in gravidanza.

L’ipertensione infatti è una delle cinque cause più frequenti (ma anche di quelle che si possono prevenire) di morte materna nei Paesi occidentali, insieme alla malattia tromboembolica, all’emorragia post partum, alla sepsi e alla morte causata dall’anestesia.

Esistono tre tipi di ipertensione in gravidanza: quella cronica, quella indotta dalla gravidanza (o gestazionale) e la preeclampsia.

La prima è preesistente e già prima della gravidanza la donna segue una terapia farmacologica per tenere i valori nei limiti. Si tratta per lo più di farmaci il cui uso può essere continuato anche durante la gestazione, salvo alcuni che potrebbero essere dannosi per il feto e che vanno sostituiti sotto consiglio medico. Non scompare dopo il parto.

La seconda, cioè la cosiddetta ipertensione gestazionale, fa la sua comparsa dopo la 20^ settimana e scompare dopo il parto.

La preeclampsia, invece, è una complicazione dell’ipertensione cronica o una forma di ipertensione gestazionale associata a più condizioni di rischio (per la mamma e per il feto) e caratterizzata da insorgenza ex novo di proteinuria. Quest’ultima è data dalla quantità di proteine urinarie.

Nel 35% dei casi, l’ipertensione gestazionale che insorge prima della 34^ settimana degenera in preeclampsia, secondo il dossier sui disordini ipertensivi in gravidanza del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità.

Ipertensione in gravidanza: cause

L’ipertensione è una condizione di restringimento del calibro delle arterie provocato dall’aumento della pressione arteriosa: cuore e organi vengono irrorati da una quantità non sufficiente di sangue. Durante la gravidanza ovviamente viene coinvolta anche la placenta, che è essenziale per fornire il nutrimento e l’ossigeno al feto.

Uno scarso apporto di sangue rallenta la crescita fetale e può causare anche un distacco della placenta, che si manifesta con un’emorragia molto pericolosa per la vita del nascituro.

Le cause dell’ipertensione cronica sono riconducibili alla dieta: sovrappeso, obesità, elevato consumo di sale, alimentazione carica di grassi e povera di fibre aumentano il rischio di sviluppare ipertensione. Anche l’arteriosclerosi è un fattore di rischio, e a sua volta peggiora l’arteriosclerosi.

Per quanto riguarda l’ipertensione gestazionale e la preeclampsia possono essere fattori scatenanti o aggravanti:

  • età: inferiore a 17 o superiore a 35;
  • parto plurimo;
  • prima gravidanza;
  • obesità o diabete;
  • ipertensione cronica o disturbi vascolari;
  • preeclampsia in una precedente gravidanza o casi in famiglia.

Ipertensione in gravidanza: sintomi

Può avere diversi gradi di gravità e l’unico modo per accorgersi della sua presenza è sottoporsi a regolari misurazioni della pressione, eventualmente anche a casa e possibilmente alla stessa ora, qualora il medico lo ritenesse opportuno.

A volte la preeclampsia è asintomatica, altre si manifesta con accumulo di liquidi (edema) nelle mani, nel viso, intorno agli occhi e nei piedi. Possono comparire sulla pelle dei puntini rossi (petecchie) che indicano sanguinamento cutaneo. Un campanello d’allarme è la quantità di proteine nelle urine. Da tenere sotto controllo anche l’aumento di peso corporeo.

Ipertensione in gravidanza: valori

gestosi in gravidanza

La misurazione della pressione arteriosa viene effettuata con apparecchi ambulatoriali o domiciliari, qualora in donne a rischio preeclampsia fosse necessario un monitoraggio più costante.

Si considera normale una pressione < 140/90 mmHg. La diagnosi di ipertensione in gravidanza viene posta dunque in caso di pressione arteriosa sistolica ≥140 mmHg e/o diastolica ≥90 mmHg, rilevata con due o più misurazioni allo stesso braccio a distanza di almeno un quarto d’ora l’una dall’altra. La conferma avviene attraverso un’ulteriore misurazione dopo quattro/sei ore.

Il metodo migliore è comunque una sequenza di tre rilevazioni a tre minuti di distanza: il primo valore si scarta e si fa una media tra il valore della seconda e terza rilevazione.

Ipertensione in gravidanza: rischi

L’ipertensione cronica può risultare pericolosa per la vita del feto, ma senza incidere notevolmente sulle condizioni di salute della madre. Viceversa, quella gestazionale mette in pericolo anche la salute materna. Può infatti:

  • causare un edema polmonare;
  • danneggiare vari organi (reni, fegato, cervello, occhi);
  • indebolire il cuore;
  • degenerare nella sindrome HELLP (acronimo di Hemolysis, Elevated levels of Liver enzymes, Low Platelet count, che indicano rottura dei globuli rossi, livelli elevati di enzimi epatici, bassa conta piastrinica);
  • portare gravi emorragie durante il parto.

La complicazione più grave della preeclampsia è l’eclampsia, potenzialmente letale.

Ipertensione in gravidanza: terapia

Nel trattamento farmacologico per ipertensione in gravidanza si tiene conto della gravità dell’ipertensione e anche della dannosità di alcuni farmaci. Per esempio gli ACE inibitori e i sartani vanno sospesi perché potrebbero causare malformazioni cardiovascolari e del sistema nervoso centrale.

Oltre ad agire con farmaci per normalizzare i valori, si agisce anche con una dieta specifica a contenuto ridotto di sale e, qualora il medico lo ritenesse opportuno, con periodi prolungati di riposo (la posizione più adatta è stesa sul fianco sinistro). Molto importanti sono controlli periodici, tracciati cardiotocografici ed ecografie, per controllare la crescita del feto e i movimenti fetali.

In caso di preeclampsia, soprattutto grave, l’unica terapia efficace è l’espletamento immediato del parto dopo la stabilizzazione delle condizioni materne, a prescindere dall’età gestazionale. Si cerca se possibile di arrivare a un’età gestazionale che garantisca la sopravvivenza del neonato, attraverso ospedalizzazione, esami frequenti, terapie per la pressione e per prevenire gli attacchi epilettici.

Il parto deve essere effettuato prima che la situazione diventi pericolosa per la madre e per il bambino; può essere necessario, il più delle volte, un taglio cesareo.

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