
Farmaci in gravidanza: quali sono i rischi e come comportarsi
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Tachicardia fetale, emorragia prenatale, polidramnios (sovrapproduzione di liquido amniotico) e riduzione dei movimenti del bambino. Questi sono alcuni dei campanelli di allarme inerenti l'idrope fetale, rischiosa per il feto e la futura mamma. Quest'ultima può riscontrare la "sindrome specchio”, con ipertensione, anasarca e proteinuria.
Idrope fetale, ne avete mai sentito parlare? L’argomento è tutt’altro che semplice, ma con qualche informazione è possibile capirne di più, concentrandosi soprattutto su quelli che sono i fattori ‘scatenanti’, nonché i sintomi e le possibili conseguenze di tale anomalia.
L’idrope fetale è una grave condizione che può generarsi durante la gravidanza e consiste nell’accumulo eccessivo di liquidi nei tessuti sottocutanei oppure nelle cavità sierose del feto. Nei casi in cui si verifica ciò, e quando almeno due aree dell’organismo del piccolo presentano un’eccessiva presenza di liquidi, si parla per l’appunto di idrope fetale.
Quali sono le cause di tale anomalia? L’idrope fetale può avere una natura di tipo malformativo o infettivo oppure immunologico. Tuttavia, si riscontrano anche delle forme di natura idiopatica.
La prima grande distinzione che è possibile realizzare si concentra sul carattere immune o non immune della condizione in esame:
Cosa può determinare l’ostruzione? Senza dubbio problemi cardiovascolari, patologie ematologiche ed anomalie cromosomiche (tra queste la trisomia 21). L’idrope non immune può essere scatenata anche da ipoplasia polmonare, nonché da malformazioni delle vie urinarie, displasia linfatica ed ernia diaframmatica.
Più di rado, l’idrope non immune si riscontra in seguito a infezioni, tra le quali rosolia, varicella, toxoplasmosi, sifilide, malattia di Lyme e AIDS. Altri fattori scatenanti sono da ritrovare in ulteriori infezioni, come citomegalovirus, herpes simplex virus, parvovirus ed enterovirus. Ponendo l’attenzione sull’infezione da parvovirus è possibile affermare che, in alcune donne in gravidanza, può portare a problemi molto seri per il feto.
Tra le cause dell’idrope fetale non immune è da includere anche l’anemia sideropenica: si tratta di un’anemia determinata da una carenza di ferro nell’organismo. Il ferro costituisce un elemento indispensabile, in virtù del suo essere un costituente essenziale di molecole quali la mioglobina, presente nel muscolo striato, l’emoglobina, presente nei globuli rossi, e i citocromi, contenuti principalmente all’interno delle cellule epatiche. In funzione di tutto ciò, è normale che un deficit di ferro nell’organismo possa causare l’insorgere di svariate conseguenze patologiche. Tuttavia, anche un eccesso di ferro (in particolare se presente nella forma di radicali liberi) può implicare patologie assai pericolose. Quindi, il livello di ferro dovrebbe essere né basso, né alto.
L’idrope, il più delle volte, è associabile ai seguenti sintomi: tachicardia fetale, emorragia prenatale, polidramnios (sovrapproduzione di liquido amniotico) e riduzione dei movimenti del bambino. Mentre le future mamme possono incappare nella “sindrome specchio”, che comporta ipertensione, anasarca (edema massivo, sottocutaneo) e proteinuria (presenza di proteine nell’urina).
Abbiamo affermato che l’idrope fetale comporta, in primis, un aumento dei liquidi nei tessuti sottocutanei oppure nelle cavità sierose del feto. I liquidi in esame possono infiltrarsi anche negli annessi fetali, come la placenta, determinando la iperplacentosi. L’idrope fetale, molto spesso, porta a un aborto spontaneo e, non dovesse accadere questo, nei casi in cui la gestazione va avanti, è necessario procedere con l’aborto terapeutico in quanto la sopravvivenza del bambino dopo la nascita avrebbe bassissime probabilità di riuscita. Tuttavia, se l’anomalia viene riscontrata per tempo, presso centri altamente specializzati, è possibile risolvere il problema direttamente in utero, mediante degli appositi interventi di drenaggio fetale, ovviamente realizzati in maniera delicata.
L’idrope fetale non può interessare soltanto la prima gravidanza, bensì può presentarsi anche nelle gravidanze successive; ne scaturisce l’assoluta necessità di monitorare e tenere sotto controllo la gestazione, operando attraverso una diagnosi genetica con test ed esami ad hoc, in particolare nei casi di soggetti con anticorpi ko o poco ‘reattivi’.
Articolo originale pubblicato il 23 agosto 2018
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