Può una gravidanza essere considerata un aborto spontaneo? In teoria no, essendo l’una (quasi) l’opposto dell’altro, ma la responsabilità di questa apparente contraddizione è da individuare nel perfezionamento degli attuali test di gravidanza che permettono di individuare una gestazione anche se questa, poi, non evolverà come dovrebbe. È il caso della cosiddetta gravidanza biochimica.

Cerchiamo di fare chiarezza.

Cos’è la gravidanza biochimica?

La gravidanza è quel fenomeno fisiologico che inizia con il concepimento, ovvero con l’unione tra il gamete maschile e quello femminile che dà origine allo zigote che, dopo diversi passaggi e trasformazioni, si impianta nell’utero. In condizioni normali dopo l’impianto l’embrione inizia un processo che lo porterà, di settimana in settimana, a svilupparsi. Può capitare, ed è il caso della gravidanza biochimica, che lo zigote o l’embrione cessino di svilupparsi determinando di fatto un aborto spontaneo. Un aborto spontaneo di per sé molto precoce che, solo per “merito” della sempre più affidabilità dei test di gravidanza, può essere riscontrato.

Fondamentalmente il test di gravidanza dà esito positivo per effetto dell’aumento dell’hCG, ma nella gravidanza biochimica l’embrione cessa precocemente di svilupparsi e non produce più la gonadotropina corionica umana (hCG). Quella che era una gravidanza non si conferma tale determinando un aborto spontaneo.

La gravidanza biochimica, quindi, è un concepimento avvenuto che non si è sviluppato a tal punto da progredire in una gravidanza clinica, ovvero quella gestazione che è chiaramente visibile dall’ecografia. Una gravidanza dimostrata solamente dai livelli dell’ormone hCG, invece, è detta biochimica.

Come riportato in questo studio, una gravidanza biochimica può essere definita come la combinazione di un basso picco di beta-hCG (< 100 mIU/mL), di un rapido calo della concentrazione urinaria o sierica di β-hCG e dalla mancanza di ritardo sostanziale all’inizio del successivo periodo mestruale. In queste condizioni anormali, di fatto, la gravidanza può essere diagnosticata solamente dai livelli biochimici (da qui il nome) e non da un’evidenza ecografica (come la presenza del sacco della gravidanza).

Le cause della gravidanza biochimica

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Fonte: iStock

Per quanto possa essere molto difficile da accettare (specialmente in chi ha faticato nel cercare la gravidanza), la gravidanza biochimica è una possibilità normale, anzi, più comune di quanto si possa pensare. A questo proposito il Cleveland Clinic stima come un quarto di tutte le gravidanze termini prima delle 20 settimane e circa l’80% in maniera molto precoce, dando origine al fenomeno della gravidanza biochimica.

Tutto dipende dai meccanismi che determinano le prime fasi dello sviluppo embrionale. Non è automatico, infatti, che un embrione che si è formato poi prosegua il suo sviluppo in maniera lineare. Non conosciamo perché certi mutamenti avvengano; sappiamo che si verificano, ma le cause dirette spesso non sono chiare. Anzi, paradossalmente è più improbabile che un embrione formato si sviluppi e si impianti correttamente che il contrario. Perché la vita abbia inizio, infatti, è necessario che una miriade di condizioni (embrionali, materne, ambientali, eccetera) si verifichino. Basta che anche solo una di queste non sia come dovrebbe che si ha un precoce aborto spontaneo, ovvero una gravidanza che è iniziata e che poi non è proseguita.

A conferma di una non totale prevedibilità che un embrione formato sia poi in grado di svilupparsi completamente vi è l’evidenza (sebbene di tassi ridotti) che si può avere una gravidanza biochimica anche a seguito di tecniche di procreazione medicalmente assistita. Qui gli embrioni vengono monitorati costantemente selezionando per il trasferimento solo quelli con le caratteristiche migliori (che possano garantire l’ottenimento della gravidanza).

Se nei concepimenti per vie naturali la causa di una gravidanza biochimica può dipendere alle anomalie cromosomiche dell’embrione (aneuploidie), in quelle a seguito di una fecondazione in vitro le cause si possono ricercare nelle condizioni del rivestimento uterino che, per fattori anatomici, immunologici o di altro tipo non è sufficientemente ricettivo per permettere l’impianto di embrioni sani. Lo spessore dell’endometrio, infatti, è uno dei principali fattori che può incidere sull’inizio di una gravidanza.

Oltre ai fattori materni come l’età, le malformazioni dell’utero, i disturbi ormonali e altre patologie e condizioni che possono influenzare negativamente una gravidanza (infezioni a trasmissione sessuale, diabete, sindrome dell’ovaio policistico, eccetera), lo stress (che determina, tra gli altri, una maggiore vulnerabilità cardiovascolare) e lo stile di vita non adeguato (fumo, alcool, eccetera), sono da considerare le anomalie degli spermatozoi che, seppur in grado di fecondare, possono portare alla formazione di un embrione incapace di svilupparsi.

I sintomi e come riconoscerla

Il riconoscimento di una gravidanza biochimica, come abbiamo visto, passa essenzialmente dall’esecuzione precoce (nelle prime cinque settimane dopo il probabile concepimento) del test di gravidanza. In presenza di un test positivo a cui ne segue uno (effettuato per conferma) negativo o un test positivo che non si accompagna con i tradizionali primi sintomi della gravidanza può far sospettare un aborto, ovvero una gravidanza biochimica. Anche un test di gravidanza positivo al quale seguono le mestruazioni può essere un chiaro segnale di gravidanza biochimica. In questi casi il flusso mestruale potrebbe essere più pesante e associati a crampi più dolorosi.

Proprio per questi motivi il più delle volte la gravidanza biochimica è asintomatica, in quanto non vi è il tempo per cui, al di là delle variazioni dell’hCG, l’organismo abbia cambiamenti percepibili.

Cosa fare dopo una gravidanza biochimica

Il più delle volte, come anticipato, chi è alla ricerca di una gravidanza per vie naturali non si accorge di un’eventuale gravidanza biochimica. Questa può verificarsi e apparire come un rapporto non protetto che non ha portato al concepimento. In chi si sottopone a una tecnica di PMA, invece, è più facile ottenere una diagnosi di gravidanza biochimica e in questi casi le conseguenze psicologiche possono essere anche significative, considerando il desiderio e l’impegno (emotivo ed economico) messo in atto.

In chi cerca una gravidanza per vie naturali non si deve fare nulla e riprovare; laddove non si riuscisse a ottenere il concepimento o si avesse il sospetto di ripetuti casi di gravidanza biochimica è necessario sottoporsi a visite specialistiche per indagare le cause di infertilità (sia maschile e femminile) e valutare il ricorso alla fecondazione assistita. Chi, invece, sta seguendo tecniche di PMA dovrà approfondire la diagnosi per individuare, laddove possibile, le cause del fallimento del tentativo.

A seguito di una gravidanza biochimica non è necessario alcun tipo di trattamento ed è necessario, soprattutto nei casi di PMA, ridurre al minimo la morbilità psicologica legata all’entusiasmo di un iniziale successo che poi non si concretizza e rassicurare le persone coinvolte che non vi è alcun impatto negativo su eventuali gravidanze future e le possibilità per la futura fertilità restano buone.

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