ClamoRoby e la sindrome dell'ovaio policistico: "Perché parlarne è fondamentale"

Da anni, su YouTube e suoi suoi canali social, Roberta fa la divulgatrice su un argomento molto importante, ovvero limiti e tormenti della sindrome dell'ovaio policistico. Ecco cosa ci ha raccontato della sua esperienza prima e dopo le sue gravidanze.

Roberta – aka ClamoRoby – ha un nickname molto conosciuto in rete e in particolare su YouTube, dove da anni fa informazione su fertilità e gravidanza, con un grande focus sulla sindrome dell’ovaio policistico, di cui lei stessa soffre e che l’ha fatta patire molto nella fase di ricerca dei suoi tre bimbi. Esperta di diritto e infaticabile curiosa delle cose del mondo, Roberta ha concentrato in questo progetto web, che va avanti da diversi anni, due grandi obiettivi: sostenere le donne che come lei soffrono di problemi di fertilità legati alla PCOS e sensibilizzare sull’argomento.

Oggi che è mamma felice di Noah, Zoey e Seth, Roberta continua con spirito ironico ma senza mai banalizzare il tema a raccontare alle donne che la seguono sui social tra video e reel, e-book (Impara a monitorare i tuoi cicli e conosci la tua fertilità costa 9,90 euro) e post come leggere le variazioni del ciclo mestruale senza averne paura o peggio, sottovalutare alcuni segnali che implicano limiti alla fertilità.

Abbiamo raggiunto Roberta per un’intervista che parla di PCOS, infertilità e soprattutto consapevolezza. Se è vero che da anni ClamoRoby racconta su YouTube e i social con grande onestà e lucidità la sua storia di donna e mamma, è anche vero che il suo approccio al ciclo – quello analitico che cerca di carpirne anomalie e fisiologia –  dovrebbe essere quello di tutte. E non soltanto delle donne che ricercano una gravidanza. Nel suo caso, da adolescente, ha vinto la curiosità di capire come funzionasse il corpo umano.

Il funzionamento del corpo umano ha iniziato ad affascinarmi fin da quando ero piccola. Forse già da quando guardavo il cartone animato Siamo fatti così. La passione è cresciuta negli anni, quando ho pensato di voler assumere la pillola anticoncezionale. All’epoca (giovanissima, avevo 16 anni) volevo proteggermi da gravidanze indesiderate, così sono andata in un consultorio della mia città e ho avuto un colloquio e visita con una ginecologa. Mi sembrava magia che esistesse un farmaco che poteva proteggermi e mi permetteva di decidere se far venire le mestruazioni oppure no. Tornata a casa col mio bel pacchettino di pillole, ho iniziato (di nascosto dai miei genitori) a leggere il foglietto illustrativo con molto interesse. Da lì la passione per il mio corpo è cresciuta. Durante gli anni dell’università guardavo con interesse documentari sul corpo umano e sulla riproduzione nello specifico. Quando ho deciso che era giunto il momento di avere un bambino volevo ripristinare l’equilibrio che avevo prima di iniziare ad assumere la pillola anticoncezionale. Non ci sono riuscita e le mestruazioni sono scomparse completamente per un anno intero.

In questa fase Roberta comincia farsi delle domande sul ciclo, fino alla diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico di cui, ai tempi, si parlava pochissimo.

Con la diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico mi è crollato il mondo addosso. Non sapevo che pesci pigliare. Volevo un figlio ma il mio corpo non “funzionava” e io non sapevo cosa farci. Ho iniziato così a studiare in maniera più approfondita questa sindrome. In italiano si trovava poco, ma io sono bilingue e non mi risultava complicato leggere articoli in inglese. Da lì ho aperto la pagina Facebook PCOSNonSeiSola, dove pubblicavo i messaggi che tantissime ragazze mi mandavano per trovare risposte alle loro domande. La mia mission era di non far sentire nessuna sola come mi ero sentita io quando ho ricevuto la mia diagnosi. Tantissime ragazze hanno iniziato a rivolgersi a me per cercare consigli o informazioni. Mi scrivevano anche tantissime mamme per le loro figlie. Io più che altro davo qualche spunto e indirizzavo verso ginecologi o endocrinologi a seconda del problema che mi esponevano. Ho col tempo scoperto che questo problema fisico era più comune di quel che si credeva, solo che se ne parlava poco.

Quando ha ricevuto la diagnosi di sindrome da ovaio policistico Roberta non aveva idea di cosa stesse parlando la sua ginecologa. Proprio a causa di quel cortocircuito che silenzia certi temi, ClamoRoby non sapeva  cosa fosse la PCOS. Così, quando è scattata in lei la voglia di avere un figlio, ha cominciato a farsi domande molto precise sulle sue possibilità di concepimento.

Quando la ginecologa mi ha dato la diagnosi mi ha spaventata molto. Ha detto che per me sarebbe stato molto difficile riuscire a concepire: è stata una mazzata. Fino a quel momento non ero interessata ad avere bambini, però da quel momento non riuscivo a pensare ad altro. Volevo un bambino. Ho così “obbligato” il mio allora fidanzato a considerare il matrimonio, temevo che se non ci fossimo sposati non avremmo potuto accedere alla possibilità di fare fecondazione in un ospedale italiano.

Sui suoi canali Roberta punta a una divulgazione leggera e divertente, spesso esasperando alcuni temi legati alla ricerca di un figlio per strappare una risata. Lo fa però con un obiettivo: parlarne, parlarne a più non posso, per rompere certi tabù legati alla fertilità, sia maschile che femminile.

La divulgazione è tutto, e questo per un semplice motivo: la conoscenza è potere. Se hai le informazioni giuste cosa fare e come farlo. Imparare a monitorare i propri cicli è importante se si vuole ottimizzare le tempistiche di ricerca di gravidanza, naturalmente in assenza di patologie. Per quanto riguarda il modo in cui lo faccio, beh, non saprei farlo diversamente. Cerco di semplificare i concetti e renderli fruibili da tutti. Non è facile capire certi meccanismi, ma una volta che li si comprende, ci si innamora del proprio corpo e dei suoi complessi meccanismi.

Sindrome dell’ovaio policistico e gravidanza sono due termini che, messi insieme, fanno molta paura a chi sogna di diventare una mamma o un papà. Roberta, col suo lavoro quotidiano in cui parla anche di procreazione medicalmente assistita e possibilità per chi cerca un figlio e fatica nell’averlo, ci ha raccontato che da sempre si batte per cambiare il glossario della genitorialità, per dargli una connotazione più positiva e inclusiva.

Per me è stato difficile affrontare la mia infertilità, anche se non ho mai amato chiamarla così. Ho sempre optato per “problemi di fertilità”. Infertilità dà una connotazione negativa che non volevo associare a me stessa. Ho sofferto molto, e come reazione a questo, ho fatto soffrire mio marito. L’ho allontanato il più possibile da me. Lui è nato per fare il papà, non volevo negargli questa cosa. Avere la PCOS e cercare una gravidanza, anche naturalmente, è fattibilissimo. Bisogna solo trovare un buon ginecologo che ci prenda in cura e che si prenda cura del nostro corpo, sia a livello di medicine, che con gli integratori. E imparare a capire i propri pattern di fertilità: se e quando si ovula. E se non si ovula bisogna capire qual è il motivo per il quale non si riesce a ovulare. Da lì in poi la strada è in discesa. Ricordiamoci poi che se non ce la si fa naturalmente, c’è sempre la possibilità di accedere alla procreazione medicalmente assistita.

C’è un grande tabù che spesso avvolge chi cerca una gravidanza e inizia una quotidiana lotta per vedere finalmente le due lineette sul test di gravidanza: quello dell’infertilità maschile. Anche in questo caso ClamoRoby punta a divulgare il concetto che non si tratta di una caccia al colpevole nella coppia. E spesso non parlare apertamente di infertilità porta a minimizzare i problemi (vari ed eventuali) legati alla ricerca di un figlio.

Io parlo indistintamente di fertilità maschile e femminile. È vero che l’infertilità è della coppia, ma la radice può essere sia femminile che maschile. Quando ho iniziato a parlare di spermatozoi, pensavo che i miei video sarebbero caduti in sordina o che sarebbero passati inosservati, invece molti uomini li hanno guardati e hanno iniziato a farsi delle domande. A differenza delle donne, gli uomini sono più chiusi: fanno fatica a parlare di fertilità anche perché spesso confondono la qualità spermatica con la loro virilità, due cose che in verità sono molto distanti. Allora piuttosto che farmi domande sotto ai video, mi contattano in privato su Instagram. E quando si aprono e si mostrano vulnerabili lo fanno sempre con una dignità enorme e con delicatezza. Certo, ci sono le eccezioni e a volte trovo dei commenti sotto ai miei video davvero divertenti, ma con un umorismo da osteria. Ci sta anche questo, su Instagram ridiamo molto di questi commenti. Però sono contenta che anche gli uomini abbiano iniziato a scrivermi. Voglio che tutti quanti siano sensibilizzati.

Perché se c’è una cosa che Roberta AKA ClamoRoby, mamma di tre, laureata in giurisprudenza ed economia e grande appassionata dei segreti del corpo umano ha capito in questi anni in cui si è interessata al tema, è che solo parlarne ad alta voce può davvero fare la differenza. E aiutare quelle donne che soffrono di sindrome dell’ovaio policistico o hanno problemi di infertilità a farsi le domande giuste. Per lei questo questo obiettivo si raggiunge in un modo solo:

Parlarne. Perché bisogna abbattere il tabù e poter discutere di fertilità senza imbarazzo o timore.

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