Il rischio di un aborto spontaneo, specialmente nelle prime settimane di gravidanza (precisamente entro la ventesima), è sempre un’eventualità, al netto di maggiori o minori fattori di rischio, di cui tenere conto. In questo senso si parla di minaccia d’aborto quando si creano le condizioni per un esito avverso della gravidanza.

È importante capire cosa si intende per minaccia di aborto, specialmente considerando che è una realtà che interessa il 25% delle gravidanze e di queste circa la metà evolve in un aborto vero e proprio.

Anche alla luce di questi numeri è comprensibile come qualsiasi novità registrata nelle prime settimane possa aumentare l’ansia e la preoccupazione per la sopravvivenza dell’embrione e del feto. È quindi utile fare chiarezza su cos’è la minaccia d’aborto, quali sono i sintomi per riconoscerla e, alla luce di questi, capire cosa fare per vivere serenamente la propria gravidanza e, anche per questo, assicurarle un felice esito.

Minaccia d’aborto: cosa significa?

Partiamo dalla definizione condivisa anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di cosa si intende per minaccia d’aborto. Questa è definita come un sanguinamento vaginale senza dilatazione cervicale avvenuto nelle prime venti settimane di gravidanza. Dopo questa data, infatti, si parla di parto prematuro. Nel caso in cui, invece, il collo dell’utero risultasse dilatato è più corretto parlare di altre tipologie di aborto.

La minaccia di aborto è una condizione che, come detto, può riguardare tutte le gravidanze. Sebbene le cause non siano del tutto note, parliamo di una realtà che si verifica maggiormente nelle donne che hanno già avuto episodi di aborti spontanei e può dipendere da anomalie genetiche, patologie materne, età materna e paterna avanzata, traumi addominali, infezioni (batteriche o virali), esposizione a farmaci teratogeni, fumo, abuso di alcol, assunzione di droghe, ma anche l’obesità, il diabete gestazionale e le malattie della tiroide non controllate e fattori di stress particolarmente significativi.

Sintomi e segnali di una minaccia d’aborto

La minaccia d’aborto è caratterizzata, come detto, dalla fuoriuscita di sangue dalla vagina, un sanguinamento che può essere di entità lieve o moderata.

Altri sintomi, che possono presentarsi singolarmente o simultaneamente, sono:

  • crampi addominali;
  • dolore sovrapubico o nella zona lombare;
  • pressione pelvica;
  • fitte, simili a quelle dei crampi.

Riconoscere una minaccia d’aborto, sanguinamento a parte, può essere difficile in quanto alcuni piccoli dolori e fastidi al basso ventre sono fisiologici con la gravidanza, a causa dei mutamenti ormonali e delle modifiche che l’organismo femminile inizia a subire per permettere lo sviluppo e la crescita dell’embrione e del feto.

Il sanguinamento vaginale è e resta il segnale principale per sospettare una minaccia d’aborto, anche perché l’entità della perdita è direttamente proporzionale con il rischio di esito avverso della gravidanza.

Un’abbondante fuoriuscita di sangue, sia di colore chiaro che scuro, infatti, può rappresentare il segnale che il distacco dell’embrione è già avvenuto ed è in corso la sua espulsione.

Minacce d’aborto e gravidanza a rischio

La minaccia d’aborto, laddove confermata dal ginecologo, può essere l’elemento per richiedere e ottenere le agevolazioni previste per la gravidanza a rischio. Questa, infatti, è una tutela che l’INPS mette a disposizione delle donne che hanno serie condizioni che mettono a rischio il proseguimento della gravidanza e che quindi possono ottenere un’astensione anticipata dal lavoro (specialmente per le donne che svolgono attività le cui mansioni risultano incompatibili con la corretta gestione della gravidanza) e l’esenzione da tutte le prestazioni.

Il medico deve produrre e inviare il certificato di gravidanza mentre la donna deve recarsi presso l’ente territoriale preposto al rilascio dell’interdizione dal lavoro che ha effetto immediato e le consente fin da subito di sospendere le proprie attività lavorative.

A questo proposito risulta decisiva e fondamentale la diagnosi della minaccia d’aborto. Questa avviene valutando precisi criteri clinici (mancato sviluppo dell’utero, assenza dell’attività cardiaca fetale e misurazione quantitativa della beta hCG sierica) con lo scopo di individuare la vitalità dell’embrione e se eventuali prodotti del concepimento siano ancora presenti nell’utero o meno.

Minaccia d’aborto: cosa fare?

Come viene sempre raccomandato, durante la gravidanza in caso di qualsiasi tipo di segnale sospetto è fondamentale consultare il proprio ginecologo o, in presenza di forti dolori e sanguinamenti, rivolgersi tempestivamente al pronto soccorso.

La tempestività è fondamentale per riconoscere una minaccia d’aborto e valutare la terapia da seguire. Il trattamento riguarda principalmente l’attenta osservazione e la ricerca delle cause.

A differenza di quanto spesso si raccomanda non c’è alcune evidenzia scientifica che dimostri che il riposo a letto assicuri una diminuzione del rischio di un aborto completo. Anzi, è stato dimostrato come una restrizione dalle normali attività sia associata a un maggiore rischio di embolia polmonare e trombosi venosa profonda.

La terapia, che può prevedere la somministrazione di farmaci, come quelli a base di progesterone, per ridurre le contrazioni uterine e fornire sollievo dal disagio causato dai crampi. dipende dalla causa che ha fatto insorgere la minaccia d’aborto.

Non tutte le cause, anche a fronte di diagnosi tempestiva, assicurano il successo del trattamento ed è quindi fondamentale un approccio che fornisca alla donna (e al proprio partner) tutto il supporto del caso. La conferma di una minaccia d’aborto, infatti, può causare ansia e depressione che, oltre a essere condizioni gravi a prescindere, possono incidere negativamente sull’esito della gravidanza.

Inoltre la perdita della gravidanza (con un aborto inevitabile, completo, incompleto o mancato) non è l’unico rischio legato alla minaccia d’aborto. Questa, infatti, può provocare anche complicanze come endometrite, abbondanti sanguinamenti e il rischio che prodotti del concepimento rimangano all’interno dell’utero, con conseguente rischio di infezione.

Tra gli interventi che si possono rendere necessari, anche per prevenire il rischio di una minaccia d’aborto, c’è il cerchiaggio dell’utero, utile per evitare la dilatazione prematura del collo dell’utero e salvare la gravidanza.

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