Forse non ci rendiamo conto di cosa abbia significato, per tanto tempo, partorire. E il cosiddetto punto del marito (o punto del papà) ne è una delle tante dimostrazioni.

Cos’è il punto del marito (o husband stitch)?

Le lacerazioni perineali sono un’esperienza comune durante il parto, tanto che questo studio stima che circa il 53-89% delle donne ne subirà una. La maggior parte di queste lacerazioni perineali sono di primo o secondo grado, e circa il 70% di esse richiederà il ricorso all’applicazione di punti di sutura.

Il punto del marito (husband stitch) è l’applicazione di un punto di sutura in più a seguito di una lacerazione vaginale o di un’episiotomia per, spiega il MedicalNewsToday, restringere l’ingresso della vagina.

Punto del marito: mito o realtà?

MedicineNet riferisce come questa procedura sia praticata a partire dalla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso. In realtà è molto più antica e una testimonianza ufficiale, anche se rara, è possibile individuarla in un Manuale di medicina dell’Associazione medica di Austin (Texas) del 1885. Qui si legge come un medico al quale è stato chiesto di spiegare cosa fosse il punto del marito ha risposto che, mentre stava suturando il perineo di una donna sposata, il marito gli ha chiesto di aggiungere un altro punto mentre osservava con preoccupazione quanto stava avvenendo.

Trattandosi di una pratica fuori da ogni indicazione e ragione medica, è difficile stimare quanto sia diffusa, ma numerose testimonianze, anche recenti, riferiscono di come diversi ginecologi l’abbiano eseguita su alcune donne.

Non ci sono statistiche o dati ufficiali, ma è presumibile che la pratica del punto del marito sia stata maggiore nei decenni passati quando era più alta l’incidenza del ricorso alle episiotomie.

Oggi, complice la riduzione del ricorso all’incisione del perineo, probabilmente il numero dei punti del marito è diminuito, ma non è escluso che alcuni continuino a praticarlo.

Le ragioni culturali

Perché si ricorre al punto del marito? Il motivo è legato alla volontà di aumentare la tenuta della vagina stringendone l’apertura in modo da garantire il piacere sessuale del partner maschile.

Non ci sono ragioni mediche o di salute e la sessualità viene vista esclusivamente in una prospettiva maschilista (neanche maschile), per cui la donna è solamente un corpo dal quale trarre piacere e, quindi, una “cosa” della quale disporre liberamente.

La sutura post parto

Il ricorso alle suture post parto è i trattamento previsto per la gestione delle lacerazioni di secondo, terzo e quarto grado. Questi punti di sutura tendono a dissolversi spontaneamente nel giro di qualche settimana.

Nel caso del cosiddetto punto del marito si tratta, più che di una procedura medica, di una vera e propria mutilazione genitale femminile. Questa espressione, infatti, comprende sia la rimozione (parziale o totale) dei genitali esterni femminili che le lesioni praticate su di essi per motivi non medici. E il punto del marito rientra perfettamente in questa definizione.

Il ricorso a questo “punto extra” non è, inoltre, privo di conseguenze. Tra gli effetti avversi più comuni del punto del marito (oltre alla violazione del corpo e della libertà della donna, che non viene informata di quanto verrà praticato) ci sono l’incapacità di camminare per un periodo di tempo dopo il parto, dolore, difficoltà a stare in piedi, gonfiore vaginale, infezioni, incontinenza, perdita di sensibilità nell’area e significative conseguenze emotive, psicologiche e sociali.

Esperienze e testimonianze

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Fonte: iStock

La consapevolezza sulla diffusione del punto del marito è nata prevalentemente dalle testimonianze che le donne riferiscono sui forum online o sui vari gruppi e profili social.

Una prima testimonianza, riportata da Healthline, è quella di Angela Sanford. Cinque anni dopo il parto (avvenuto nel 2008) durante i quali ha sperimentato dolori lancinanti durante i rapporti sessuali, ha scoperto grazie a un’ostetrica che l’ha visitata di essere stata oggetto del punto del marito.

Diversi forum, come il nostro di GravidanzaOnLine, raccolgono le testimonianze di donne vittime di queste orribili e tremende esperienze. Lory, per esempio, racconta:

Ieri visita dal ginecologo ed una serie di brutte notizie… oltre ad avermi prescritto accertamenti la dottoressa ha notato (dietro mia segnalazione di dolore al rapporto) che la sutura dell’episiotomia è stata… un po’ esagerata. Mi ha prescritto dei prodotti “lubrificanti”, ma ha anche aggiunto che si potrebbe fare una piccola incisione e “riaprire” un po’ l’ingresso vaginale

Un aspetto particolarmente grave è legato a come i partner delle donne oggetto del punto del marito sembrino gradire la situazione. L’utente Jadore, infatti, racconta:

Anch’io ho avuto la certezza di essere stata ricucita troppo stretta (al “socio” non dispiaceva) invece secondo la ginecologa andava tutto bene anche se mi sono sempre chiesta come si faceva a ricordare com’era…

Così come Perlina78 che riferisce:

Ho partorito ormai 4 mesi fa ma i rapporti sono tutt’ora molto dolorosi (pur usando un lubrificante) Ho la sensazione che fino a un certo punto si riesca a “passare” e poi c’è una strozzatura e lì fa male! È strettissimo! Mio marito ovviamente non è dispiaciuto, anzi…

Tutti i casi sono accomunati da alcuni aspetti. Innanzitutto l’assenza del consenso della donna. Quindi l’idea di eseguire una pratica senza alcuna giustificazione medica. E, ancora, la volontà di disporre del corpo della donna a beneficio della sessualità del partner maschile.

Questa, poi, in realtà non è neanche sempre così assicurata. Il punto di sutura in più, infatti, potrebbe rendere dolorosa la penetrazione anche per il partner maschile, rivelando controproducente il punto del marito anche da questo punto di vista. Ma, ovviamente, non è questo l’aspetto più importante sul quale insistere, quanto l’odioso atteggiamento di chi considera le donne solo per la loro vagina e per la capacità di permettere a un uomo di raggiungere un orgasmo.

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