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Come influisce la depressione materna sullo sviluppo del rapporto tra madre e figlio? Uno studio psicologico ha analizzato 131 donne in gravidanza ...
Una su cinque sperimenta ansia e depressione perinatali, mentre una su tre vive il parto in maniera traumatica. La psicologa Lauren Keegan suggerisce di arrivare preparate.
La gravidanza è un momento di cambiamento e incertezza. Si cerca di pianificare al meglio la nascita e l’arrivo del bebé, ma non si ha il controllo completo del risultato. Quello che è certo è che una donna su cinque sperimenta ansia e depressione perinatali, mentre una su tre vive il parto in maniera traumatica.
Come influisce la depressione materna sullo sviluppo del rapporto tra madre e figlio? Uno studio psicologico ha analizzato 131 donne in gravidanza ...
Il piano parto è sicuramente uno strumento che aiuta le donne a sentirsi meno ansiose e più in controllo della situazione. La psicologa Lauren Keegan, in un articolo del Guardian, suggerisce però di includere in esso, come parte integrante, anche la salute mentale postpartum:
Immagina questo: stai per avere un bambino e tutto ciò che resta da fare è spuntare l’elenco delle “cose da fare”. Borsa da ospedale? C’è. Approvazione del congedo di maternità ? C’è. Pasti cucinati in casa nel congelatore? Ci sono.Piano di supporto per la salute mentale? Aspetta, cosa?
Pensare in anticipo alla salute mentale perinatale è fondamentale. Le donne, infatti, sono più vulnerabili alle malattie mentali nel periodo che va dal concepimento a 12 mesi dopo il parto, che in qualsiasi altro momento della loro vita. Come sostiene Keegan, spesso si “incolpano gli ormoni“, ma la malattia mentale perinatale è molto più di un semplice “squilibrio ormonale“.
Un intervento precoce è quindi molto importante perché ansia e depressione prenatale, oltre a colpire le donne, possono influenzare lo sviluppo del feto, mentre quelle postnatali possono influire sulla relazione madre-figlio.
“Rendiamo la salute mentale una parte normale della conversazione quando pianifichiamo per un bambino“, conclude quindi la psicologa.