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L'ostruzione del duodeno si può individuare durante la gravidanza, ma trattare solo dopo la nascita. Ecco cosa comporta e come si risolve.
In caso di mancata diagnosi prenatale questa condizione può essere sospettata durante le prime 24-38 ore di vita del bambino quando, a seguito della prima alimentazione orale, potrebbe vomitare quanto ingerito.
Durante le settimane di gravidanza avviene lo sviluppo di tutti gli organi del bambino, tra cui anche quelli dell’apparato gastrointestinale. Il duodeno è uno dei tratti che costituisce l’intestino tenue e durante lo sviluppo fetale questa parte rimane libera in modo da consentire al contenuto dello stomaco di scorrere liberamente tramite l’apparato digestivo del bambino.
L’atresia duodenale è un’ostruzione provocata dal mancato sviluppo di una parte del duodeno. Questa ostruzione blocca il passaggio del liquido amniotico che il bambino ha precedentemente deglutito.
Non ci sono certezze sulle cause e i fattori che provocano il mancato sviluppo di una parte del duodeno, ma si tratta di un difetto congenito, anche se non ereditario. L’atresia duodenale può essere isolata, quindi non associata ad altre patologie e risolvibile con un intervento chirurgico alla nascita, ma in altri casi può essere accompagnata ad altre malformazioni.
Nel 20-30% dei casi l’atresia duodenale è associata alla sindrome di Down, mentre altri fenomeni meno comuni sono: anomalie vertebrali, malformazioni cardiache, atresia anale, anomalie renali e altre malformazioni di questo tipo.
Questa condizione può essere diagnosticata già entro il primo trimestre di gravidanza, ma generalmente non con la normale ecografia di routine che viene eseguita in questo periodo.
Sono fondamentalmente due le possibilità in cui ci si può trovare per sospettare e diagnosticare questa condizione:
Un’attenta ecografia può indicare la probabile presenza dell’atresia del duodeno quando si individua la cosiddetta “doppia bolla”. La prima “bolla” è lo stomaco, mentre la seconda è, appunto, il duodeno pieno del liquido amniotico.
Una volta confermata l’atresia duodenale la gravidanza prosegue normalmente, salvo eseguire con maggiore frequenza i controlli per escludere l’insorgenza di complicazioni e lo svolgimento di tutti gli esami del caso per individuare l’eventuale presenza delle altre anomalie che solitamente la accompagnano.
Per il bambino, fino a che è nel grembo materno, questa condizione non è pericolosa, essendo l’organismo materno ad assicurargli, tramite la placenta, il regolare nutrimento.
La nascita di un bambino con atresia duodenale avviene comunque per via vaginale. L’aumento del liquido amniotico può in alcuni casi determinare un parto pretermine, ma salvo specifiche necessità, si tenterà il più possibile di far nascere il bambino a ridosso del termine della gravidanza.
Dopo la nascita, generalmente entro due-tre giorni dal parto, il bambino sarà sottoposto a duodenoduodenostomia, l’intervento chirurgico correttivo dell’ostruzione del duodeno. Questo intervento può avvenire anche in laparoscopia. L’intervento può avere delle complicanze, tra cui la motilità ridotta del duodeno o il reflusso gastroesofageo e quelle legate alle infezioni che possono colpire l’intestino del neonato.
Prima dell’intervento il bambino sarà dotato di sondino naso-gastrico (per evitare che vomiti) e nutrito per via endovenosa perché non sarà ancora in grado di attaccarsi al seno o a un biberon. Dalla fine dell’intervento bisognerà attendere qualche giorno prima che possa essere allattato e in questi casi la nutrizione avviene in maniera graduale.
Un’atresia duodenale diagnosticata per tempo ha una prognosi estremamente positiva e risolutiva del problema, senza che il bambino abbia conseguenze invalidanti. Il decorso post-operatorio vero e proprio può essere lungo e richiedere del tempo.
La presenza di questa ostruzione non modifica le normali procedure post-parto, in quanto, dopo i controlli di routine, si invitano comunque i genitori a tenere in braccio il neonato e le donne a stimolare la produzione del latte, in attesa di poterlo finalmente dare al proprio bambino.
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