Parlare oggi di gestazione per altri significa inimicarsi qualcuno: un motivo in più per affrontare l’argomento con attenzione, rispetto e completezza d’informazione. La materia è da diverso tempo oggetto di ossessione mediatica e strumentalizzazione politica tanto che è diventato difficile, se non impossibile, comprendere cos’è realmente il cosiddetto utero in affitto, quali sono gli elementi su cui si discute (e non quelli sui quali ci si azzuffa) e come funziona realmente questa pratica.

Un argomento complesso che coinvolge aspetti emotivi e personali, ma anche e soprattutto legali. Per questo è importante approfondirlo mostrando cos’è la gestazione per altri, come vi si accede e su quali elementi si fonda il dibattito, specialmente nel nostro Paese dove, va anticipato, oggi la gestazione per altri è vietata.

Gestazione per altri: cosa significa?

Una dovuta premessa è di ordine terminologico, essendo le parole molto più importanti di quanto si possa pensare. Quando si parla di gestazione per altri (GPA), infatti, si fa riferimento alla stessa pratica che viene anche chiamata utero in affitto, maternità surrogata, gravidanza solidale e, questa è l’espressione utilizzata dal legislatore italiano, surrogazione di maternità.

Con questi termini si intende una particolare forma di procreazione assistita nella quale, molto semplicemente, a “portare avanti la gravidanza” è una donna diversa da quella che sarà considerata la madre. È importante approcciarsi con attenzione alla materia della gestazione per altri sin dall’utilizzo delle parole perché queste indicano la concezione che si ha di questa pratica.

Quando si utilizza l’espressione “utero in affitto”, per esempio, si concentra l’attenzione sul pagamento da parte di terzi dell’impegno di una donna a portare avanti la gravidanza. L’espressione “gravidanza solidale”, invece, è più orientata a valorizzare l’aspetto di solidarietà che una procreazione assistita di questo tipo permetterebbe (consentendo a chi non può avere figli di soddisfare questo desiderio).

L’attenzione per le parole, a costo di risultare pedanti, è fondamentale anche per la questione della maternità. Fino a oggi comunemente si è considerati genitori coloro che lo sono anche biologicamente, ma come dimostra anche l’affidamento, non necessariamente bisogna condividere i cromosomi per essere padre e madre di un bambino o di una bambina. Per questo nel contesto della gestazione per altri, per definire gli attori coinvolti nella pratica, si distingue tra madre biologica e madre surrogata. La differenza non è così marcata come potrebbe sembrare, in quanto esistono diverse tipologie di gestazione per altri.

Le diverse tipologie di gestazione per altri

Trattandosi di una particolare procreazione assistita, la gestazione per altri può avvenire in diversi modi. O tramite l’utilizzo degli spermatozoi maschili o della cellula uovo femminile della coppia richiedente o utilizzando uno o entrambi i gameti di donatori esterni.

In base alle varie possibilità che si possono venire a creare si considera, anche alla luce delle legislazioni vigenti, la distinzione tra genitore biologico e genitore surrogato. Un aspetto importante da sottolineare è che, stando alle ricerche condotte sull’argomento, a richiedere la gestazione per altri sono prevalentemente le coppie eterosessuali (il 70% dei richiedenti, seguiti poi da coppie omosessuali, ma anche single).

Dove è possibile la gestazione per altri?

A differenza dell’Italia dove è vietata, la GPA è possibile in diversi Paesi. La liceità varia da Paese a Paese che ne stabiliscono limiti, requisiti per accedervi e condizioni di svolgimento. Alcuni degli esempi più noti sono quelli della Russia, dell’India, della Grecia e del Regno Unito.

In Russia la legge che consente la gestazione per altri prevede anche la versione “commerciale”. Sulla carta è consentita esclusivamente alle coppie che hanno una relazione eterosessuale, ma tramite un’apposita risoluzione giuridica anche le coppie omosessuali possono ottenere il riconoscimento dei figli nati da GPA.

Anche in India è lecita anche la versione “commerciale”, ma in tutti i casi non è accessibile alle coppie omosessuali, ai single non residenti in India e a tutti coloro che provengono da Paesi in cui la GPA non è legale.

In Grecia la gestazione per altri è possibile solo a chi non può avere figli autonomamente e tale impossibilità deve essere dimostrata tramite evidenze mediche. Inoltre è stabilito che entrambe le donne siano residenti in Grecia.

Nel Regno Unito, invece, è lecita solamente la versione altruistica e tra le condizioni poste per potervi accedere vi sono quelle per cui uno dei due genitori sia domiciliato nel Regno Unito e che vi sia una parziale connessione genetica con il bambino.

Quali sono i requisiti?

La gestazione per altri avviene tramite la sottoscrizione di un accordo (contratto) tra le parti: i soggetti (o il soggetto) richiedente e la madre surrogata. Nel contratto vengono definiti, alla luce delle norme dello Stato nel quale viene svolta questa pratica, tutti gli aspetti relativi al percorso della gravidanza, al parto e alla successiva rinuncia di tutti i diritti che la madre surrogata potrebbe successivamente vantare sul bambino di cui ha permesso la nascita attraverso il suo corpo.

Inevitabilmente in un contratto di questo tipo si affrontano anche gli aspetti economici, decidendo qual è il contributo dei richiedenti e come andrà condotta la gravidanza.

In questo senso rientrano i requisiti previsti per accedere alla gestazione per altri, sia come soggetti richiedenti che come gestanti. Anche in questo caso la normativa è molto variabile e dipende da Paese a Paese. Tra le proposte di legge per legalizzare e regolamentare la gestazione per altri in Italia, per esempio, si richiede che la gestante sia maggiorenne, economicamente indipendente e obbligata a sottoporsi a tutti gli esami di routine richiesti per portare positivamente a termine una gravidanza.

Tra i costi da sostenere per portare avanti una gravidanza surrogata, oltre alle tasse applicate dall’agenzia che se ne occupa, bisogna considerare quelli degli esami di screening, le visite mediche (anche post parto nel caso in cui il nascituro avesse bisogno di assistenza), la consulenza psicologica e le eventuali spese aggiuntive nel caso in cui si necessitasse di gameti da donatori esterni.

Bisogna poi considerare i costi relativi alle spese legali, all’assicurazione medica, ai viaggi che i soggetti richiedenti devono svolgere e a tutte le opzioni che compongono il contratto. Mediamente, quindi, una gestazione per altri ha un costo non inferiore ai 70000€ a salire, con una grande variabilità di prezzi perché bisogna considerare sempre le differenze dei sistemi sanitari nazionali del Paese al quale ci si rivolge.

Il dibattito sulla gestazione per altri

Il riconoscimento dei figli nati dalla gestazione per altri

Una situazione che si va sempre più delineando è quello di soggetti che ricorrono all’estero alla gestazione per altri e poi ne richiedono il riconoscimento quando tornano in Italia. La normativa vigente è ancora poco definita in materia soprattutto considerando come l’ordinamento giuridico italiano ha tra i suoi fondamenti quello di tutelare l’interesse dei minori. L’aspetto legale è molto controverso e, l’orientamento verso l’una o l’altra posizione crea, inevitabilmente, delle conseguenze difficili da gestire. Oggi la legge italiana prevede che i figli nati all’estero da una madre surrogata non possono essere trascritti nei registri anagrafici nazionali.

Cosa dice (oggi) la legge italiana

Lo stato attuale della situazione per l’Italia è quello di un divieto assoluto della gestazione per altri, pratica considerata come reato. L’articolo 12 della Legge 40 del 19 febbraio 2004 sulle Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, stabilisce infatti che “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.

Il parere dei giuristi: le ragioni del dibattito

Come già emerso affrontando diffusamente questo argomento, la materia non è semplice. Non lo è innanzitutto dal punto di vista giuridico, considerando anche che ci sono pareri e posizioni di eminenti giuristi che ne criticano o ne approvano la liceità. Attualmente la giurisprudenza italiana è negativa sulla gestazione per altri in quanto, testualmente, “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane” (Sentenza 272 del 2017).

Ci sono quindi due grandi questioni: una relativa alla pratica in sé che viola, stando alle parole della Corte Costituzionale, la dignità della donna e va contro le relazioni umane, e l’altra che fa riferimento agli interessi dei minori nati da una madre surrogata in un Paese estero.

Nel primo caso la questione, sintetizzando ampiamente le enormi implicazioni legali (ma anche morali che la legge tutela) la questione ruota innanzitutto intorno al ruolo della dignità della donna. I giuristi che si oppongono alla liceità della gestazione per altri lo fanno in quanto considerano questa pratica come lesiva del valore delle persone, specialmente quelle più vulnerabili, in quanto la GPA realizza un desiderio di altri e non quello della gestante coinvolta e questo priva la maternità del suo senso profondo. Inoltre vi è la considerazione che il bambino verrebbe considerato in questo caso come un oggetto di scambio e tale condizione è intollerabile per l’ordinamento italiano.

Di contro c’è la constatazione di una pratica ormai ampiamente diffusa e che come sarebbe più dignitoso tutelare la donna e il bambino invece che ignorarne, quasi, l’esistenza. Questo aspetto si lega profondamente alla seconda grande questione, ovvero quella del riconoscimento dei figli nati da GPA all’estero.

A oggi, sulla base della decisione (Sentenza 12193) delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, è che i bambini nati da GPA all’estero non sono riconosciuti come figli dei soggetti richiedenti. La decisione della Cassazione, come si legge dal comunicato stampa di presentazione, riferisce: “Non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un Giudice straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed un soggetto che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico (c.d. genitore d’intenzione)”. In questi casi l’indicazione è quella di fare “ricorso ad altri strumenti giuridici” come può essere la richiesta di adozione.

Tale decisione, così come riferiscono i giuristi che hanno un giudizio positivo sulla GPA, rischia di produrre una discriminazione verso questi bambini che non hanno colpa di essere nati da una pratica considerata illegale in Italia. Per questo motivo l’auspicio di questi giuristi è quello di avere un approccio orientato verso la tutela degli interessi dei bambini, che è un valore riconosciuto e definito da molteplici accordi e convenzioni internazionali.

Questo lungo excursus, per quanto certamente non esaustivo, permette di comprendere come la materia sia estremamente complessa e delicata e che come tale va affrontata, liberandola da interessi ideologici di qualsiasi natura. Interessi che spesso portano l’argomento a diventare argomento di “discussione da bar” semplificandolo in maniera tale da privarlo degli elementi in gioco e non consentendo di prendere consapevolezza di ciò che la gestazione per altri significa.

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