Erano poche, una due tre quattro cinque sei, a reggere gli striscioni con cui hanno accolto i potenti d’Europa nella sede del primo ministro maltese: “Benvenuti a Malta, dove donne e ragazze sono solo incubatrici”. Ma se qualcosa cambierà, sarà anche grazie a questa manciata di donne.

Perché il Paese in cui vivono, la piccola splendida isola del Mediterraneo, è l’ultima roccaforte europea a vietare l’aborto, in ogni sua forma e per qualsiasi motivo. Come spiega un articolo di Lucia Benavides sul The Atlantic

Malta è l’unico Paese europeo che vieta completamente l’aborto, anche in caso di stupro, incesto e, in alcuni casi, anche quando la salute della donna è in pericolo. Ha una delle leggi più restrittive al mondo sull’aborto: la donna che interrompe la gravidanza e il medico che ha eseguito l’intervento possono essere condannati fino a tre anni di carcere. Gli altri luoghi in Europa con leggi restrittive sui diritti riproduttivi, come l’Irlanda del Nord e la Polonia, consentono l’aborto in situazioni in cui la salute della donna è a rischio (in Polonia la legge consente l’aborto anche in caso di stupro e incesto).

Tra i principali problemi di Malta con l’aborto si trovano una cultura altamente conservatrice, la forte influenza cattolica e un’informazione carente: l’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, spiega Benavides, è a discrezione dal singolo insegnante, che spesso si esprime a sfavore dell’interruzione di gravidanza.

Nel frattempo, però, si stanno lentamente creando dei movimenti pro-aborto, spinti anche da quello che sta succedendo nei Paesi più conservatori d’Europa, Irlanda in testa, che di recente ha approvato la legalizzazione dell’aborto.

Uno di questi gruppi è Voice for choice: è il gruppo a cui appartengono le sei donne nei giorni scorsi hanno manifestato per sensibilizzare i leader europei (erano attesi il presidente francese Macron e lo spagnolo Sànchez) sulla situazione del Paese riguardo i diritti riproduttivi delle donne.

Nonostante nell’isola si stia diffondendo una maggiore informazione e sensibilizzazione sul tema, la strada è in salita: molti maltesi sono fermamente convinti che l’aborto sia un omicidio, e non lo ammettono nemmeno se la donna è in pericolo a causa della gravidanza, scrive Benavides.

Eppure, nonostante i divieti, le donne maltesi abortiscono lo stesso. È uno dei grandi paradossi dei Paesi in cui l’interruzione volontaria di gravidanza è vietata, e che comporta gravi rischi per la salute della donna.

Le donne che vogliono interrompere la gravidanza si rivolgo nei casi peggiori ad aborti clandestini, oppure a cliniche estere. Nel caso di Malta i viaggi per l’aborto (le stime parlando di 370 casi ogni anno) sono soprattutto in direzione della Gran Bretagna e dell’Italia: il problema in questi casi è che una donna, una volta tornata sull’isola, non ha accesso alle visite di controllo per verificare che non ci siano complicanze in seguito all’intervento.

Non solo: come denunciano gli attivisti, spiega Benavides, le donne acquistano le pillole abortive online, una pratica altamente rischiosa. Il gruppo di Voice for Choice si impegna per diffondere la consapevolezza di cosa significa davvero interrompere una gravidanza, e per sensibilizzare sulla libertà di scelta della donna. A Voice for choice si è aggiunto di recente anche un gruppo di medici, Doctors for choice, a favore della libertà di scelta.

Un altro gruppo di attivisti per la libertà di scelta è Break the Taboo Malta, che raccoglie le testimonianze di donne che hanno avuto un aborto:

A 30 anni ho scoperto di essere incinta di 11 settimane, avevo già due figli e un marito che diceva che avrebbe preferito una cucina nuova anziché un altro figlio. All’ecografia mi hanno scoperto un grosso fibroma canceroso. Mentre cresceva il bambino, cresceva anche il cancro. Ho letto di donne che avrebbero preferito morire piuttosto che abortire. I miei pensieri erano per i miei due figli anziché per il feto. […] Secondo i pro-vita avrei dovuto sacrificare la mia vita per quella del feto, e lasciare i miei figli orfani.

E per un Paese che arranca verso la libertà di scelta, ce ne sono altri in cui, al contrario, diritti acquisiti vengono rimessi in discussione: è il caso della Louisiana, che è arrivata a vietare l’aborto anche in caso di stupro o incesto, ma leggi restrittive sono state approvate anche in Georgia, Missouri, Kentucky e Ohio.

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