Nello stato della Louisiana è stata approvata una legge che rende illegale l’aborto oltre la sesta settimana di gravidanza.

Il processo di restrizione delle leggi che riguardano l’interruzione volontaria di gravidanza è iniziato da tempo: negli ultimi anni le cliniche in cui si può richiedere e praticare l’ivg sono diminuite da 17 a sole 3. In Louisiana infatti le posizioni di democratici e repubblicani sul tema dell’aborto sono allineate, e da tempo sono entrate in vigore leggi volte a limitarlo fortemente.

Il Senato della Louisiana con 79 voti a favore e soli 23 voti contrari è arrivato così a dichiarare illegale, di fatto, l’aborto – molto spesso una gravidanza viene scoperta proprio a ridosso della sesta settimana, se non più tardi. Ed è solo l’ultimo di una serie di stati che hanno avviato una “revisione” delle leggi che regolano l’interruzione di gravidanza.

L’Alabama ha addirittura approvato una legge che impedisce l’aborto anche in caso di stupro o incesto, la Georgia vieta l’aborto da quando si sente il “battito cardiaco fetale”, quindi dopo le sei settimane. Stessa cosa avevano fatto, prima della Georgia, anche il Missouri, il Kentucky e l’Ohio.

Dopo il voto del Senato l’emendamento passerà per un referendum: nel frattempo sono già stati annunciati ricorsi contro la legge, ma l’obiettivo dei promotori del divieto all’aborto è di arrivare davanti alla Corte Suprema, dove sperano di poter rovesciare la sentenza Roe vs Wade che ha legalizzato l’aborto negli Stati Uniti, nel 1973.

anti aborto louisiana
Emily Kask@Getty Images

Misure che, denunciano le associazioni che si battono per i diritti delle donne, porteranno ad un aumento della pratica dell’aborto illegale, con seri pericoli per la salute delle donne che vi ricorreranno. Molte anche le proteste: in piazza le manifestanti sfilano vestite come le protagoniste di The Handsmaid’s Tale, emblema della privazione dei diritti delle donne.

Nel frattempo anche alcuni colossi mondiali hanno preso posizione contro le leggi anti abortiste degli Usa: è il caso di Netflix – che nel catalogo italiano ospita un interessante documentario sul presente e sul futuro dell’aborto negli Stati Uniti, “Reversing Roe” – che ha annunciato che con le nuove leggi approvate in Georgia “sarà difficile girare film lì”, manifestando il proprio dissenso e l’intenzione di spostare altrove i propri (miliardari) investimenti.

Anche la casa di moda Gucci si è schierata contro l’ondata antiabortista d’oltreoceano: ai Musei Capitolini di Roma in passerella è sfilato un abito con un utero ricamato, come simbolo della libertà di scelta che va garantita a ogni donna in termini di salute riproduttiva.

L’iniziativa di Gucci è parte del progetto “Chime for change”, una campagna dedicata alla sensibilizzazione in tema di parità di genere.

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