Con l’avvicinarsi del termine delle 40 settimane di gestazione le future mamme si interrogano sul momento del parto: come sarà il parto naturale? Come si annuncia la prossimità di una nascita? Cosa succede durante il travaglio?

Vediamo insieme le risposte.

Come si annuncia il parto naturale: i sintomi

Nel corso della gravidanza il collo dell’utero è chiuso ermeticamente per custodire il bambino e proteggerne lo sviluppo. A partire dalla trentottesima settimana di gravidanza il collo inizia ad accorciarsi per effetto delle contrazioni preparatorie. La data presunta del parto è soltanto indicativa, e il parto può iniziare giorni o anche settimane prima, oppure dopo.

Una gravidanza viene considerata a termine quando il parto si verifica tra le 38 e le 41 settimane; è pretermine se si verifica prima della 38esima settimana, protratta se supera le 41 settimane.

In prossimità della data presunta del parto la donna può iniziare a riscontrare lievi dolori localizzati sul basso ventre: tali sintomi possono iniziare ben prima dell’arrivo del momento di partorire, possono essere frequenti oppure distanziati nel tempo e durano in genere pochi secondi. Più avanti nel tempo le contrazioni dell’utero aumentano e si fanno più forti, il ventre diventa più duro e si prova dolore, anche se per pochi istanti.

Questo lasso di tempo è il cosiddetto periodo prodromico, durante il quale il feto incunea la testa nel canale uterino e può verificarsi la perdita del tappo mucoso.

Nei 15 giorni che precedono il parto la donna avverte altri sintomi nuovi: l’utero si abbassa e il respiro è più libero, la digestione è meno difficoltosa e il peso è spostato verso il basso (aumenta anche il bisogno di urinare). Non è ancora arrivato il momento di partire alla volta dell’ospedale: in questa fase è bene rimanere tranquille e aspettare il momento giusto con la maggiore serenità possibile.

Le fasi del parto naturale: dal travaglio alla nascita del bambino

L’inizio del travaglio del parto naturale si annuncia con alcuni segnali precisi: la donna può osservare delle perdite vaginali muco-gelatinose quando si stacca il tappo mucoso; aumenta poi la frequenza delle contrazioni all’utero, che diventano più ritmiche e a intervalli più ravvicinati e si accompagnano a dolori nel basso ventre e alla schiena. Con la comparsa di questi sintomi è bene recarsi in ospedale per farsi assistere da un’ostetrica.

Una donna al primo figlio potrà avere un travaglio che va da 6 a 12 ore, solitamente più lungo di quello di una donna che ha già partorito in precedenza, il quale non supera in genere le 6 ore grazie ad una minore rigidità del canale del parto.

Per convenzione durante il travaglio si distinguono tre stadi:

  1. dall’inizio del travaglio alla dilatazione completa della cervice si definisce fase dilatante;
  2. dalla dilatazione completa al parto naturale fase espulsiva;
  3. da qui all’espulsione della placenta secondamento.

Durante il primo stadio si distinguono inoltre una cosiddetta fase latente, che va dall’inizio di contrazioni regolari fino ai 3-4 centimetri di dilatazione, e una fase attiva del parto naturale, dai 3-4 centimetri di dilatazione alla dilatazione completa, 10 centimetri circa.

Prima di precipitarsi all’ospedale, soprattutto se è vicino, è utile capire a che punto sono le contrazioni: si possono misurare tenendo il conto del tempo che intercorre tra una contrazione e la successiva. Nelle prime fasi l’intervallo è tra i 30 e i 15 minuti e la contrazione dura dai 15 ai 20 secondi. I medici consigliano, in assenza di altri sintomi come la presenza di sangue, la rottura delle acque o di forti dolori, di recarsi in ospedale quando le contrazioni si succedono a una distanza di 5-10 minuti e durano 40-50 secondi circa.

Durante la prima fase del travaglio, di solito, si rompono le acque in modo spontaneo. Se le membrane restano invece integre e il collo dell’utero si è aperto di 4-5 cm, deve essere eseguita l’amnioressi, cioè la rottura manuale delle membrane. Osservare l’aspetto del liquido amniotico in questa fase diventa importante per conoscere le condizioni del feto durante il travaglio.

Una fase preparatoria del parto naturale è quella latente: secondo alcuni il travaglio inizia già con la fase latente, altri invece tengono conto della fase dilatante.

1) La fase dilatante

Se dopo tre ore dall’amnioressi la dilatazione non procede di almeno 1 cm all’ora, il travaglio può essere accelerato dalla somministrazione di ossitocina. L’uso dell’ossitocina è controindicato quando il nascituro si presenta di fronte o in posizione podalica.

A metà del periodo dilatante, vale a dire quando il collo dell’utero si è aperto di 3-4 cm si può eseguire l’anestesia epidurale, che comporta l’introduzione di un anestetico locale nello spazio compreso tra le vertebre lombari.

La fase finale del travaglio dura in genere da 30 minuti a due ore ed è la più difficile, poiché tra una contrazione e l’altra non si fa in tempo a riposare. Quando il collo dell’utero è dilatato al punto da combaciare con la circonferenza della testa del bambino, inizia la fase espulsiva, cioè quella delle spinte. Il periodo dilatante ha una durata variabile da 2 a 8-10 ore.

2) La fase espulsiva

In media la fase espulsiva dura da 30 minuti a una o due ore. Questo stadio inizia quando ormai il collo dell’utero si è dilatato completamente e il bambino può attraversare il canale del parto. Durante il parto naturale la donna viene invitata a spingere dall’ostetrica o dal ginecologo durante la contrazione per assecondare i movimenti del bambino e il lavoro dell’utero.

Le spinte, affinché siano efficaci, devono essere il più possibile lunghe e continue, ed effettuate di pancia. Il bambino di solito nasce con tre o cinque spinte ben assestate ma possono volercene di più. Un istante prima dell’uscita del bambino il medico potrebbe eseguire un’episiotomia, un’incisione con una speciale forbice che serve a facilitare la fuoriuscita del piccolo ed evitare lacerazioni del perineo.

Il bambino a questo punto continua a scendere, la testa ruota internamente, per poi estendersi e comparire a livello vulvare. Una volta uscita la testa tende a ruotare esternamente e a ciò segue una rotazione opposta del tronco. In questo modo, lentamente, compariranno le spalle, uscite le quali il corpo del bambino viene facilmente espulso all’esterno.

Dopo che il neonato è uscito, le contrazioni uterine si interrompono per circa un quarto d’ora, per poi riprendere per circa mezz’ora allo scopo di espellere la placenta (periodo del secondamento). In condizioni di normalità, dopo circa 1 minuto dalla nascita, si reciderà il funicolo ombelicale. Si completerà quindi l’aspirazione del muco che fuoriesce dal naso del neonato, che viene coperto e posato in grembo alla madre. Il bambino viene quindi pesato e misurato secondo l’indice di Apgar per valutarne la salute generale.

3) La fase del secondamento e la conclusione del parto naturale

La fase del secondamento dura da 5 minuti a mezz’ora circa: dopo l’espulsione del feto il volume uterino si riduce notevolmente e compaiono vigorose contrazioni che portano all’espulsione della placenta (o secondamento). A questo punto l’ostetrica o il ginecologo esamineranno la placenta con cura per assicurarsi che sia intera. In caso contrario esploreranno l’utero per vedere che non siano rimasti frammenti che potrebbero portare a eventuali emorragie.

L’utero in questa fase rimane contratto in modo da evitare eccessive perdite di sangue. Per favorire la sua contrazione spesso il medico pratica un’iniezione di ossitocina, l’ormone responsabile delle contrazioni uterine. Questo periodo dura circa due ore, durante le quali la mamma viene tenuta sotto osservazione per intervenire in caso di eventuali complicazioni. Trascorse le due ore il parto naturale può considerarsi concluso.

La preparazione al parto naturale

Per quel che riguarda la preparazione è fondamentale rassicurare le partorienti perché il parto naturale non richiede particolari cose da fare. La prima preparazione è quella che passa dall’effettuare un buon corso preparto durante il quale viene spiegato tutto quello che succede dal momento di inizio del travaglio (e come riconoscerne i segnali) ai primi dolori e cosa fare in caso di rottura delle acque. Durante il corso preparto viene anche raccomandato di mantenere la calma prima di recarsi presso la struttura dove si è scelto di partorire.

Nella preparazione rientra anche l’organizzazione della valigia per l’ospedale che deve contenere la vestaglia, degli assorbenti post-parto per contenere le perdite, la biancheria intima e qualche completino e pannolino per il bambino. Oltre alla valigia è bene presentarsi con abiti comodi per quel che riguarda la degenza (vestaglia, camicia da notte, pigiama, eccetera) preferendo due paia ciascuno per averne sempre uno pulito in caso di necessità.

Dall’inizio del travaglio fino a tutto il parto è consigliato mantenere sempre la calma e vivere serenamente tutti i momenti, anche quelli più intensi, che porteranno alla nascita del bambino. La tranquillità, infatti, è un buon alleato per un parto sereno.

Parto naturale: il dolore e come alleviarlo

Quando parliamo del dolore del parto è bene sin da subito ricordare che si tratta di un dolore fisiologico, quindi di qualcosa che l’organismo è predisposto a sopportare. Oggi esistono diversi metodi per non provare dolore e il più diffuso e utilizzato è sicuramente quello della partoanalgesia.

Questa consiste in una puntura lombare, una epidurale, che viene eseguita dall’anestesista durante il travaglio. Ciclicamente viene iniettato un po’ di anestetico in modo da non privare la paziente né della mobilità degli arti inferiori né della sensazione della contrazione e quindi del premito per aiutare l’espulsione del bambino. Allo stesso l’anestetico diminuisce sensibilmente la componente dolorosa delle contrazioni.

Ci sono anche delle tecniche naturali che contribuiscono ad alleviare e gestire il dolore del parto. Tra queste troviamo innanzitutto l’esecuzione di un buon massaggio perineale in preparazione al parto. Anche questo viene spiegato durante il corso preparto così come le varie tecniche di respirazione e di training autogeno (un misto di meditazione e respirazione) che aiutano ad affrontare serenamente le contrazioni.

I tipi di parto e le principali differenze

Esistono diversi tipi di parto, ma sono tutti riconducibili a due tipologie: il parto naturale e il parto cesareo. Scopriamo quali sono le principali differenze.

Il parto naturale e il parto cesareo

Nel parto naturale tutto viene gestito dalla donna che viene assistita dal medico e dall’ostetrica, mentre nel parto cesareo abbiamo un intervento chirurgico nel quale si occupa di tutto l’equipe medica composta solitamente da due operatori (due ginecologi) e un ferrista (che può essere anche l’ostetrica).

Il parto indotto

Il parto indotto, invece, è quello per cui si utilizzano dei farmaci per far iniziare le contrazioni, ma una volta che queste sono iniziate il parto indotto si configura come un parto spontaneo senza alcun tipo di differenza.

Il parto in acqua

Anche il parto in acqua è sempre un parto spontaneo che viene svolto prevalentemente nella fase del travaglio. Per questo è più corretto parlare di travaglio in acqua, anche se, sebbene più raramente, è possibile eseguire anche la fase finale, quella espulsiva, in acqua. Questo tipo di parto si svolge sempre in ambiente ospedaliero nel quale c’è una vasca predisposta e il personale che assiste che è formato adeguatamente per questo tipo di procedura.

La vasca è una piccola piscina dotata anche di una maniglia di sgancio rapido che in caso di emergenza la svuota completamente in pochissimi secondi in modo da poter intervenire in maniera tempestiva (come disimpegnare la testa del bambino, risolvere un giro di cordone ombelicale, eccetera).

Il parto in casa

Discorso molto diverso per quel che riguarda il parto in casa. È una modalità che si sta diffondendo per la quale c’è un’ostetrica che si reca presso il domicilio della donna per farla travagliare e partorire. Questa è una pratica che i ginecologi sconsigliano nella maniera più assoluta perché se il parto rispetta la fisiologia non ci sono problemi, ma nel caso di una complicanza, anche la più piccola, in ospedale c’è la possibilità di risolverla, salvando la vita al bambino, mentre il tempo necessario per trasportare la donna che non ha ancora terminato di partorire nell’ospedale più vicino potrebbe risultare decisivo per la sopravvivenza sia del bambino, sia della madre.

I casi purtroppo ci sono stati e si è anche configurato il reato di omicidio colposo a carico sia dell’ostetrica che della madre. Per questo il parto in casa è sconsigliato perché non aggiunge nulla alla serenità che può essere data in sala parto da un’equipe preparata e attenta a quelle che sono le esigenze della donna (metterla a suo agio, presenza del parto, eccetera) rispetto a quanto avviene in un ambiente non protetto com’è quello domestico nel quale non può essere applicato alcun protocollo di emergenza.

Parto naturale, i falsi miti da sfatare

Intorno al parto naturale ci sono diversi miti, frutto anche di credenze popolari e convinzioni ormai superate dalle scoperte scientifiche, che nonostante l’informazione svolta fanno fatica a essere abbandonate del tutto.

Una delle più diffuse è quella che considera la rottura delle acque come il segnale di inizio del travaglio. In realtà non è sempre così e il travaglio può essere accompagnato da altri sintomi e la rottura delle acque verificarsi a travaglio già inoltrato.

Molto spesso si tende poi a far passare il messaggio che le contrazioni del parto sono simili ai crampi che si provano durante il ciclo mestruale. In realtà le contrazioni sono costituite da forti dolori nella parte bassa dell’addome e che si associano anche a dolori molto forti alla colonna vertebrale e alla zona dei reni. Una realtà molto diversa dai dolori tipici del ciclo mestruale.

Tra le leggende popolari più diffuse c’è quella che considera la luna piena come un alleato per un parto più facile. Non c’è nessuna evidenzia scientifica in merito così come l’attendibilità di alcuni alimenti come rimedi naturali per stimolare l’inizio delle contrazioni.

C’è addirittura chi continua a sostenere che la stimolazione dei capezzoli contribuisca a produrre l’ossitocina o che camminare velocizzi il parto; l’unica cosa vera è che è meglio seguire le indicazioni del proprio ginecologo ignorando qualsiasi altro tipo di suggerimento.

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