Contrazioni, travaglio, parto: questi sono i momenti più difficili per le donne in gravidanza che, comprensibilmente, temono il dolore associato alla nascita del proprio bambino. Parliamo di una condizione naturale che, fino a qualche anno fa, era considerata inevitabile e che invece, grazie all’evoluzione medica, farmacologica e tecnica della partoanalgesia, può essere gestita in maniera decisamente più serena.

Quelli del parto sono tra i dolori più intensi che il corpo umano può percepire e, seppur legati a un evento meraviglioso, come quello della nascita di un figlio, possono generare paura e perplessità.

La medicina offre oggi diverse soluzioni per ridurre i dolori del parto e per conoscere più nel dettaglio questa disciplina abbiamo intervistato il Dottor Filippo Poncina, specializzato in anestesia e rianimazione. Con lui abbiamo avuto modo di approfondire il tema della partoanalgesia, ovvero della disciplina che si occupa propriamente dei metodi per ridurre i dolori del parto.

Partoanalgesia: cosa significa?

Dottor Poncina, cosa si intende con l’espressione partoanalgesia?

La partoanalgesia riguarda tutte quelle tecniche che vanno ad alleviare il dolore del travaglio. È una definizione onnicomprensiva che comprende sia le tecniche fisiche che quelle mediche e farmacologiche. Parliamo di tutte le armi che abbiamo per alleviare il dolore del travaglio che peraltro è un dolore fisiologico e ci sono donne che lo sopportano di più e altre che invece non riescono a sopportarlo e richiedono una di queste procedure.

Le tipologie e le tecniche di partoanalgesia

Quando si fa riferimento alla partoanalgesia vengono in mente sia i rimedi fisici, come le tecniche di respirazione, che quelle più propriamente farmacologiche come l’utilizzo del gas analgesico; è possibile classificare le diverse tipologie di pratiche per alleviare il dolore del parto?

Esattamente, ci sono quelle fisiche, che fanno capo più al personale ostetrico, le diverse posizioni da assumere durante il travaglio, la doccia calda, le tecniche di respirazione o il travaglio in acqua; poi ci sono quelle di competenza anestesiologica che vanno dall’analgesia locoregionale, che comprende il posizionamento del catetere epidurale, l’analgesia spinale, la tecnica combinata spinale-epidurale all’analgesia inalatoria con il protossido d’azoto sino all’analgesia endovenosa che si fa con delle pompe controllate dal paziente con dei farmaci oppiacei ed è una tecnica nuova ancora poco affidabile e in Italia ancora poco implementata anche per ragioni medico-legali.

C’è una diversa efficacia tra queste tecniche di partoanalgesia?

L’efficacia migliore è quella che si ottiene con la combinata spinale-epidurale, con la stessa puntura si inietta nel canale spinale un farmaco, poi si posiziona il cateterino successivamente durante il travaglio. Questa è la tecnica migliore per il controllo e in termini di soddisfazione delle partorienti.

A seguire c’è la tecnica solo epidurale, dove il controllo è ottimale ma l’effetto non è immediato in quanto bisogna aspettare che il farmaco faccia effetto. Altre tecniche, nell’ordine, sono l’endovenosa, l’analgesia inalatoria con il protossido d’azoto e a seguire tutte le altre tecniche fisiche.

I protocolli per la partoanalgesia

Come funziona l’accesso a queste tecniche? Come richiederle durante il parto?

L’accesso al percorso di partoanalgesia farmacologica dipende da protocolli diversi da ospedale a ospedale; ogni punto nascita ha il suo modo di operare, quindi è difficile dare una definizione univoca per tutti.

Essendo necessaria una corretta e profonda informazione alle future madri, il primo passo è solitamente una lezione frontale, che può essere affrontata al corso preparto, nella quale si illustrano alle partorienti tutte le tecniche possibili, si chiariscono eventuali dubbi e se la donna lo chiede a quel punto entra nel percorso dedicato.

Qualora la donna avesse piacere di entrare nel percorso di partoanalgesia farmacologica, dovrà sottoporsi a una serie di esami come se si trattasse di un’operazione, come le analisi del sangue, l’elettrocardiogramma e quindi affronterà il colloquio con l’anestesista: la si informa degli eventuali rischi, complicanze e controindicazioni. Si potranno richiedere ulteriori esami più approfonditi e, ottenuto il consenso informato, la donna è candidabile per la partoanalgesia.

Una volta effettuati gli esami di rito quando viene avviata la tecnica richiesta?

La partoriente potrebbe anche fare tutto il travaglio senza mai chiederla, ma nel momento in cui ha fatto tutto il percorso quando la richiede, se non ci sono controindicazioni ostetrico-ginecologiche, verrà iniziata nel minor tempo possibile.

C’è un momento preciso in cui può essere intrapresa la partoanalgesia?

Quando il travaglio è attivo, ma ognuno ha la sua definizione e dipende dai centri. In alcuni centri il parto è attivo quando le contrazioni sono regolari, mentre per la maggior parte dei centri è attivo quando c’è un dato obiettivo che è la dilatazione superiore ai quattro centimetri del collo dell’utero.

Controindicazioni alla partoanalgesia

Dottor Poncina, prima ha fatto riferimento alle controindicazioni delle tecniche di partoanalgesia di cui la donna deve essere informata prima di poterle richiedere; quali sono?

Le controindicazioni assolute sono le allergie ai farmaci utilizzati, soprattutto agli anestetici per le tecniche locoregionali. Altre controindicazioni riguardano i disturbi della coagulazione, piastrinopenia o malattie del sistema nervoso come la Sclerosi multipla.

Nel caso della terapia con anticoagulanti, in donne a rischio trombotico che in gravidanza sono in terapia con l’eparina a basso peso molecolare, c’è una controindicazione di tempo perché non può essere effettuata entro le dodici ore dall’ultima somministrazione.

Cosa fare in questi casi?

In questi casi si ovvia con le altre tecniche possibili.

Si tratta comunque di controindicazioni preventive, che impediscono che si verifichino dei problemi?

Sì, per quello è importante l’informazione e la visita anestesiologica preoperatoria.

È sempre possibile accedere a queste tecniche o dipende dal centro nel quale si decide di partorire?

Non sono tutte tecniche disponibili e dipende dai protocolli che hanno studiato i vari punti nascita. Ad esempio. la partoanalgesia con tecnica endovenosa non è sempre disponibile perché, utilizzando dei farmaci oppiacei, si può avere una depressione respiratoria e cardiaca del feto e per questo si rileva una tecnica sicura solamente nei grandi punti nascita dove c’è il neonatologo sempre disponibile e dove si può fare in sicurezza.

Per questo motivo, nei punti nascita di primo livello, si preferisce soprassedere evitando di andare a prendere dei rischi inutili sia per il feto che per la madre.

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