Il travaglio inizia normalmente due settimane prima o dopo la data presunta del parto. Si compone di diverse fasi, che vanno dalla comparsa delle prime contrazioni fino alla dilatazione completa dell’utero, arrivando dunque all’espulsione del feto e infine a quella della placenta (secondamento).

Molte mamme vivono con comprensibile apprensione questo momento, hanno ovviamente molta paura del dolore che ne deriva, ma in realtà a causare dolore non sono le spinte del parto, che anzi, sono qualcosa di molto istintivo e viscerale.

Le spinte del parto: a cosa servono?

Le spinte del parto sono fondamentali nella fase finale del travaglio, perché sono quelle che dopo la dilatazione dell’utero permettono al bambino di fuoriuscire e venire al mondo. A volte le mamma hanno un’idea distorta del travaglio, come ci illustra l’ostetrica, la dottoressa Sara Menzione:

Le mamme tendono ad avere molta paura delle spinte del parto, perché pensano che il travaglio sia una continua spinta, ma non è così. Non passeranno tutto il travaglio a spingere! Si tratta solo della fase finale, detta appunto espulsiva. Una fase che, tra l’altro, è vissuta fisicamente proprio come un desiderio.

Quando spingere?

Come spiega l’ostetrica Menzione, il momento giusto per spingere

Si capisce da un segnale, molto forte, che percepisce la donna. Oltre alla dilatazione, le mamme esprimono un’esigenza che identificano a loro modo come l’esigenza di “andare in bagno”. Ed è quello il momento in cui il corpo annulla il dolore, perché emerge un bisogno molto più istintivo e viscerale: quello appunto di spingere. In quel momento c’è talmente tanta adrenalina nel corpo che quasi non si percepisce dolore, ma solo questo estremo bisogno.

È il corpo a parlare, dunque. Per questo, ricorda l’ostetrica, è molto importante partire da un concetto fondamentale: la consapevolezza. Spiega la dottoressa:

La consapevolezza è l’elemento chiave per partorire. Spesso le donne fanno l’errore di affidarsi a un altro: al ginecologo, all’ostetrica, agli operatori sanitari. Questo è giusto, ma devono ritrovare la fiducia in loro stesse, devono capire che il parto più che doloroso è potente. Loro sono le protagoniste di questo evento straordinario, devono fidarsi di loro stesso e del loro corpo. L’unica strada per arrivare alla consapevolezza è informarsi.

Come spingere durante il travaglio?

E proprio la consapevolezza di sé e del proprio corpo è fondamentale affinché si riesca ad affrontare nel migliore dei modi il travaglio e quindi a spingere correttamente. Spiega la dottoressa Menzione:

Sottolineo sempre che bisogna spingere in vagina, non in gola. Fare un corso pre-parto o una consulenza con un’ostetrica ha una grande importanza, io lo consiglio. Personalmente faccio fare proprio delle simulazioni di spinta, per prendere confidenza col proprio corpo, con le proprie percezioni. Nello specifico, per simulare la spinta io faccio percepire attraverso il respiro il perineo, una fascia muscolare che va dalla vagina all’ano, coinvolta nella fase della spinta. L’aria entra dalla bocca e esce dalla vagina, è un lasciare andare, è un percepire quei muscoli, che sono quelli coinvolti nelle spinte. Si inspira profondamente con la bocca e si espira immaginando che l’aria fuoriesca dalla vagina.

Spingere in modo scorretto può prolungare in modo eccessivo (e controproducente) la fase espulsiva, come illustra la dottoressa:

Se non spingi bene non aiuti il bambino a uscire. Una spinta fatta in gola è una spinta scorretta, che non serve a nulla, anzi prolunga inutilmente la fase espulsiva, che potrebbe invece durare pochissimo. Cinque spinte fatte bene possono bastare per far uscire il bambino, poi dipende anche da un altro fattore, che però dipende dalla struttura ospedaliera in cui ci si trova.

In Italia, infatti, continua l’ostetrica, le cliniche adottano adottano principalmente la posizione litotomica e poco le cosiddette posizioni libere. Di cosa si tratta? Ce lo spiega la dottoressa:

Le posizioni libere sono quelle diverse dalla posizione sul lettino: a carponi, in ginocchio, accovacciate, in piedi, poggiate a una sedia. La donna sceglie quella più consona a sé, perché in realtà non c’è una posizione ideale per partorire e spingere. Le donne sono tutte diverse, il loro corpo è diverso, per questo devono sperimentare, conoscersi, capire in quale posizione percepiscono meglio il loro perineo. La posizione in cui percepisco meglio il perineo sarà la mia posizione ideale del travaglio, soprattutto della fase della spinta.

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