Posizione litotomica: è davvero la migliore per partorire?

La posizione litotomica è una tra le posizioni più comuni, ma meno naturali, in cui la donna affronta il travaglio e il parto. Ma è davvero la migliore per partorire? Quali sono i rischi per la salute della donna e del bambino?

La maggior parte delle donne che sono alla prima gravidanza si aspettano di partorire nella posizione che vedete nella foto. La posizione litotomica è infatti uno dei modi più comuni di partorire. Ma è davvero la posizione più raccomandabile ed efficace nell’agevolare la nascita?

In realtà, la posizione ancora oggi maggiormente diffusa è del tutto innaturale, perché fa nascere il bambino verso l’alto, sfidando letteralmente la forza di gravità. Ma vediamo meglio in cosa consiste e quando si usa.

Posizione litotomica: cos’è e quando si usa

Il nome della posizione deriva da “litotomia”, una procedura volta a rimuovere i calcoli vescicali. È una posizione in cui ci si sdraia supini e con le gambe piegate a 90° rispetto ai fianchi. Le ginocchia si curvano a 70 o 90 gradi, e i piedi sono posizionati in due staffe, sopra il livello dei fianchi.

La posizione litotomica è comunemente usata nel parto e in interventi chirurgici che riguardano la zona pelvica. Per quanto riguarda il parto, si tratta della posizione che più di tutte risulta comoda per l’esecuzione di interventi ostetrici, come il monitoraggio del battito del cuore del feto o la somministrazione di anestetici.

Tuttavia, recenti studi hanno messo in luce che questa posizione aumenta la probabilità o il rischio di alcune, e anche serie, complicazioni:

  • dover ricorrere a un’episiotomia, che implica il taglio del perineo (il tessuto di carne tra la vagina e l’ano);
  • procurarsi tagli e lesioni al perineo rispetto alla posizione accovacciata sul fianco;
  • dover ricorrere a un’incisione o aver bisogno del forcipe per estrarre il bambino;
  • contrarre lesioni allo sfintere, che possono avere effetti persistenti come incontinenza, dolore prolungato e disfunzioni sessuali.

La posizione più usata nel parto ma anche la più innaturale

La posizione litotomica è ancora oggi la posizione standard per partorire in molti ospedali. Viene spesso usata durante la seconda fase del travaglio, quando la donna inizia a spingere (fase espulsiva).

Alcuni dottori la preferiscono perché permette di operare più agevolmente sulla mamma e il neonato. Tuttavia, le più recenti ricerche in questo ambito supportano una presa di distanza dalla posizione litotomica, una posizione che  andare incontro alle necessità mediche finisce per trascurare quelle della partoriente.

E molti ospedali si stanno piano piano allontanando dal suo utilizzo indiscriminato in favore di un uso più diffuso di lettini, sedie da parto e della cosiddetta “posizione accovacciata”.

Tra le diverse criticità che comporta, la posizione litotomica fa abbassare la pressione del sangue, e questo può rendere le contrazioni più dolorose e prolungare il travaglio. Dover spingere il bambino verso l’alto è infatti contro la gravità.

La posizione accovacciata risulta invece meno dolorosa e più efficiente in questa fase, perché la gravità e il peso del bambino aiutano ad aprire la cervice e facilitano il parto.

Problemi della posizione litotomica

L’ex presidente della Federazione Internazionale degli Ostetrici e Ginecologi Roberto Caldeyro-Barcia ha riferito inequivocabilmente che la posizione supina (con la pancia verso l’alto) è la peggior posizione che sia possibile immaginare per il travaglio e il parto. La posizione litotomica solleva infatti una serie di problemi:

  • Fa scaricare la gran parte del peso del corpo della donna sul coccige. Questo aumenta la lunghezza del travaglio e lo rende più difficile.
  • Comprime maggiormente i vasi sanguigni, interferendo con la circolazione perché abbassa la pressione del sangue, che a sua volta diminuisce le scorte di ossigeno per il feto.
  • Le contrazioni tendono a essere più deboli, meno frequenti e più irregolari. Spingere è più difficile perché serve maggiore forza per contrastare la gravità. Questo rende più probabile la possibilità di un parto distocico, aumentando anche il rischio di ferite al neonato.
  • Avere le gambe nelle staffe, allargate e divaricate per lungo tempo, può provocare una trombosi venosa o una compressione nervosa. Aumentano poi sia la probabilità di dover di ricorrere a episiotomia, sia di procurarsi dei tagli (per l’eccessivo allungamento del tessuto perineale).

Non bisogna dimenticare che il parto è un processo complesso con una serie di potenziali complicazioni, indipendentemente dalla posizione utilizzata. Per questo è importante parlare col proprio medico sulle possibili complicazioni della nascita.

È innegabile però che, oltre a rendere più difficoltosa la spinta durante il travaglio, la posizione litotomica è associata a seri problemi per la salute della donna e del bambino.

La posizione litotomica durante le operazioni chirurgiche

La posizione litotomica è utilizzata anche per diverse operazioni urologiche e ginecologiche, come quelle riguardanti l’uretra, il colon, la rimozione di calcoli o di tumori al retto e alla prostata.

Come per il parto, sottoporsi a un intervento chirurgico in questa posizione può provocare serie complicazioni. Quelle principali consistono in lesioni nervose e nella sindrome compartimentale.

Le lesioni nervose si verificano generalmente quando i nervi risultano allungati a causa di un posizionamento sbagliato. I più comuni nervi “a rischio” sono il femorale nella coscia, il nervo sciatico nella parte bassa della schiena, e il nervo peroneo comune, nella parte bassa della gamba.

La sindrome compartimentale, invece, è causata da un aumento di pressione entro una specifica area del corpo. Questo arresta il flusso del sangue, con la possibilità di danneggiare la funzione dei tessuti circostanti. La posizione litotomica aumenta il rischio di incorrere nella sindrome compartimentale perché le gambe rimangono sollevate (sopra l’altezza del cuore) per un lungo lasso di tempo.

Come per il parto, ogni tipo di intervento comporta un certo rischio di complicazioni. Poiché in alcuni casi i benefici di questa posizione possono superare i rischi, è sempre opportuno informarsi e parlare col proprio medico.

Cosa ne pensano le donne e cosa è più indicato per il bambino

Molteplici studi hanno confrontato le preferenze delle donne sulla posizione del parto. Le risposte più positive vengono da quelle che hanno partorito in piedi.

In questi casi è stata riscontrata più facilità e minore dolore nella spinta, meno dolori alla schiena, con fasi del travaglio più brevi, meno parti distocici, meno ferite perineali.

Un altro studio ha fornito uno speciale cuscino per il parto, che permette di scaricare gran parte del peso sulle cosce invece che sui piedi. Le donne coinvolte, che hanno partorito accovacciate e col supporto del cuscino, hanno apprezzato molto questa posizione e nel 95% dei casi l’hanno voluta riutilizzare per i parti successivi.

I vantaggi per il bambino delle posizioni accovacciata e in piedi includono un più alto livello di ossigeno nel cordone ombelicale e un più alto indice di Apgar rispetto a quelli nati da un parto in posizione litotomica.

Seguici anche su Google News!
Ti è stato utile?
Rating: 5.0/5. Su un totale di 5 voti.
Attendere prego...

Categorie

  • Parto